Negli ultimi mesi, il Governo australiano ha avviato una serie di interventi volti a modernizzare il sistema fiscale e a introdurre nuove regole in materia di rendicontazione ESG (Environmental, Social and Governance). Le modifiche riguardano in particolare la tassazione delle multinazionali e l’obbligo di trasparenza sui rischi climatici, con effetti diretti per le aziende estere, incluse le imprese italiane con filiali, accordi di distribuzione o investimenti in Australia.
L’adozione del cosiddetto “Pillar Two”, promosso dall’OCSE, rappresenta uno dei cambiamenti più significativi. A partire dal 2025, le multinazionali con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro saranno soggette a un’imposta minima effettiva del 15%, indipendentemente dal Paese in cui generano profitti. L’obiettivo è contrastare la concorrenza fiscale dannosa e garantire che i grandi gruppi versino una quota equa di imposte anche in Australia. Le imprese italiane attive localmente, o che operano tramite strutture societarie complesse, dovranno rivedere strategie di allocazione dei profitti e struttura fiscale per conformarsi alle nuove regole.
Parallelamente, il governo australiano ha aperto il dibattito su un possibile taglio dell’imposta societaria per le imprese medio-grandi, ipotizzando una riduzione dal 25% al 20%. Si discute anche l’introduzione di una “cash flow tax” per incentivare gli investimenti, ma al momento non sono ancora state adottate misure definitive. Tuttavia, l’eventuale riforma rappresenterebbe un’importante leva competitiva, soprattutto per le PMI straniere che cercano di rafforzare la propria presenza nel mercato australiano.
Sul fronte della sostenibilità, dal 1° gennaio 2025 entreranno in vigore nuove regole obbligatorie di rendicontazione ESG per le aziende di grandi dimensioni, in linea con gli standard dell’International Sustainability Standards Board (ISSB). Le imprese saranno tenute a pubblicare dati dettagliati sui rischi climatici, emissioni di gas serra e strategie di mitigazione, secondo i criteri definiti dall’Australian Accounting Standards Board (AASB). La normativa sarà introdotta in tre fasi, coinvolgendo progressivamente aziende in base a fatturato, numero di dipendenti e attivi. Le realtà italiane che operano in Australia tramite sussidiarie o partnership dovranno verificare se ricadono nei criteri di obbligatorietà e, in caso positivo, dotarsi di strumenti adeguati per la raccolta, l’elaborazione e la comunicazione dei dati ESG.
L’adozione di queste riforme, sia fiscali che regolatorie, conferma l’intento dell’Australia di posizionarsi come mercato trasparente, sostenibile e attrattivo per gli investitori internazionali. Allo stesso tempo, richiede alle imprese estere un’attenta pianificazione strategica. Per le aziende italiane, in particolare, diventa fondamentale affidarsi a consulenti fiscali esperti locali, monitorare l’evoluzione normativa e adottare un approccio proattivo nella gestione della compliance, soprattutto in un contesto di crescente attenzione alla responsabilità ambientale e alla governance aziendale.
In definitiva, le modifiche introdotte – e quelle in discussione – non devono essere percepite come un ostacolo, ma come un’opportunità per consolidare la propria presenza sul mercato australiano in modo più strutturato, trasparente e sostenibile.
(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia inc. [2])
Collegamenti
[1] https://www.assocamerestero.it/notizie/%3Ffield_notizia_categoria_tid%3D1122
[2] https://www.assocamerestero.it/ccie/italian-chamber-of-commerce-and-industry-australia-inc