Notizie mercati esteri

Martedì 16 Settembre 2025

Il calzaturiero brasiliano tra crisi e rilancio: i dazi statunitensi e le opportunità in Europa

Il settore calzaturiero brasiliano si trova oggi in un passaggio cruciale della sua traiettoria internazionale. Negli ultimi mesi, le esportazioni verso il principale mercato estero, gli Stati Uniti, hanno subito un contraccolpo significativo a causa dell’imposizione di un “tarifaço” che ha reso molte operazioni commerciali praticamente inviabili. Secondo i dati diffusi da Abicalçados, l’associazione che rappresenta i produttori locali, solo nel mese di agosto 2025 le vendite di calzature brasiliane verso il mercato statunitense hanno registrato una contrazione del 17,6% in volume, con poco più di 800 mila paia spediti, e una riduzione dell’1,4% in valore, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Il quadro complessivo evidenzia come, nei primi otto mesi dell’anno, il Brasile abbia esportato 67,5 milioni di paia, un dato che rappresenta una crescita del 5,7% in termini di volume, ma accompagnato da una riduzione dello 0,6% nel valore complessivo. Tale scollamento tra quantità e ricavi segnala una pressione crescente sui margini delle imprese, che si trovano costrette a competere in un contesto globale caratterizzato da dazi più onerosi e da un’elevata concorrenza, soprattutto asiatica. A ciò si aggiunge la preoccupazione per l’incremento delle importazioni sul mercato interno, provenienti in larga parte dalla Cina e dal Vietnam, con prodotti a prezzi aggressivi che rischiano di compromettere ulteriormente la competitività dei marchi brasiliani.

In questo scenario complesso, il settore ha trovato una valvola di sfogo e nuove prospettive attraverso la partecipazione alle fiere internazionali, con la Micam di Milano che si è rivelata un appuntamento strategico. Nella sua centesima edizione, svoltasi dal 7 al 9 settembre 2025, ben ottanta marchi brasiliani hanno presentato le loro collezioni grazie al sostegno del programma Brazilian Footwear, promosso da Abicalçados in collaborazione con ApexBrasil. I risultati immediati sono stati incoraggianti: durante i tre giorni dell’evento sono stati venduti oltre 433 mila paia, generando un fatturato di circa 46 milioni di reais. Ma il vero impatto si misura nelle prospettive future, con ordini attesi che dovrebbero superare 1,28 milioni di paia e un giro d’affari stimato in oltre 119 milioni di reais.

La partecipazione alla Micam non ha solo valore commerciale, ma rappresenta un passo importante nella costruzione di una strategia di diversificazione dei mercati. Per molte aziende, Milano è stata un trampolino verso nuovi orizzonti, in particolare in Europa, dove Paesi come Germania, Francia e Polonia si profilano come destinazioni capaci di compensare almeno in parte la perdita di competitività negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la fiera offre alle imprese brasiliane un’occasione per posizionarsi come marchi non soltanto di volume, ma di design, innovazione e sostenibilità, elementi sempre più centrali nelle scelte dei consumatori globali.

Il settore calzaturiero brasiliano si trova dunque di fronte a una sfida di natura duplice: gestire i rischi congiunturali legati alle barriere commerciali e alla concorrenza internazionale e, al contempo, cogliere le opportunità derivanti dall’internazionalizzazione e dalla valorizzazione del proprio marchio come espressione di qualità e creatività. La risposta passa da politiche pubbliche mirate, in grado di sostenere l’export e negoziare condizioni più favorevoli, ma anche da un impegno deciso delle imprese a innovare, a differenziare i propri mercati e a rafforzare la propria capacità produttiva e logistica.

In un contesto globale incerto, la resilienza e la capacità di adattamento determineranno se la crisi legata ai dazi statunitensi si trasformerà in un ostacolo insormontabile o in un catalizzatore di nuove opportunità. La Micam di Milano ha dimostrato che, al di là delle difficoltà immediate, il calzaturiero brasiliano può trovare in Europa e in altri mercati internazionali le basi per un rilancio duraturo.

(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)

Ultima modifica: Martedì 16 Settembre 2025
Martedì 16 Settembre 2025

Italia e Svizzera: due ecosistemi tech a confronto e in collaborazione

Nel panorama europeo dell’innovazione, Italia e Svizzera rappresentano due realtà molto diverse ma potenzialmente complementari. Se da un lato la Svizzera si conferma da oltre 14 anni come uno degli ecosistemi più avanzati al mondo, l’Italia sta vivendo una fase di crescita significativa, pur partendo da una base più fragile e frammentata.

Numeri a confronto: investimenti e startup

Nel 2024, gli investimenti in startup tech in Svizzera hanno superato i 2,4 miliardi di franchi, mentre in Italia si sono fermati a 1,07 miliardi di franchi (circa 1,13 miliardi di euro). Nonostante il divario, l’Italia ha registrato una crescita del +7,5% rispetto all’anno precedente, segno di un fermento crescente.

Il numero di startup innovative riflette questa differenza: oltre 26.000 in Svizzera contro poco più di 12.000 in Italia. Eppure, considerando che l’Italia ha sei volte la popolazione e tre volte il PIL della Confederazione, il gap evidenzia quanto l’ecosistema elvetico sia più maturo e strutturato.

Distribuzione territoriale: Lombardia vs Zurigo

Uno degli aspetti più interessanti dell’ecosistema dell’innovazione è la distribuzione geografica degli investimenti, che rivela molto sulla maturità e l’equilibrio di un sistema Paese.

Nel 2024, la Regione Lombardia ha registrato 659 milioni di CHF in investimenti in startup tech, superando persino il Cantone di Zurigo, che si è fermato a 632 milioni di CHF. Questo dato, sorprendente a prima vista, evidenzia la forza attrattiva di Milano come hub tecnologico e finanziario, ma anche la forte concentrazione territoriale degli investimenti in Italia.

Infatti, dopo la Lombardia, il divario è netto: la Toscana ha raccolto 102 milioni di CHF, il Lazio 73 milioni e il Piemonte 65 milioni. Il resto del Paese rimane molto frammentato, con un ecosistema ancora in fase di consolidamento e con forti disparità tra Nord e Sud.

In Svizzera, invece, pur con Zurigo che catalizza circa un terzo degli investimenti nazionali, il sistema è molto più bilanciato. Poli come LosannaGinevraBasilea e Berna contribuiscono in modo significativo, con un totale di 760 milioni di CHF investiti nel 2024. Questo dimostra una maggiore distribuzione della capacità innovativa e una rete di ecosistemi regionali interconnessi, spesso legati a università di eccellenza e cluster industriali verticali.

Ecosistemi regionali a confronto: alcuni esempi pratici

  • Zurigo è sede di ETH e di numerose scaleup AI e fintech, come Neural Concept e Swiss-Mile, ed è un hub per investitori internazionali.
  • Losanna, con l’EPFL, è un polo di eccellenza per il deep tech e la robotica.
  • Ginevra ospita il Campus Biotech e numerose startup nel settore medtech e biotech.
  • Basilea è il cuore dell’industria farmaceutica e delle scienze della vita, con aziende come Novartis e Roche che collaborano con startup locali.

In Italia, Milano concentra gran parte delle risorse, ma stanno emergendo anche poli come:

  • Torino, con un focus su mobilità, AI e manifattura avanzata.
  • Bologna, che si sta affermando nel supercalcolo e nella foodtech.
  • Napoli e Bari, che grazie a fondi PNRR e università dinamiche stanno attirando investimenti in cybersecurity e smart city.

Questa analisi evidenzia come la distribuzione territoriale degli investimenti sia un indicatore chiave della maturità di un ecosistema. La Svizzera, pur più piccola, mostra una maggiore coesione e diffusione dell’innovazione, mentre l’Italia ha bisogno di rafforzare i poli emergenti e colmare il divario territoriale per rendere il sistema più resiliente e competitivo.

 

Complementarità strategica: una relazione win-win

Nonostante le differenze, i due Paesi presentano forti complementarità che possono trasformarsi in opportunità concrete:

  • Per le startup italiane, la Svizzera rappresenta una piattaforma di accelerazione ideale: grazie a programmi come quelli di Innosuisse, alla presenza di angel investor (es. SICTIC) e ai poli universitari di Zurigo e Losanna, le startup possono scalare più rapidamente a livello internazionale.
  • Per le startup svizzere, l’Italia offre un bacino di domanda tecnologica vasto e dinamico. Con la seconda manifattura d’Europa e una crescente propensione all’innovazione grazie ai programmi Industria 4.0 e 5.0, il mercato italiano è pronto ad accogliere soluzioni tech ad alto valore aggiunto.

Un ponte per l’innovazione tra Nord e Sud Europa

La collaborazione tra Italia e Svizzera nel settore tech non è solo auspicabile, ma necessaria. L’Italia può beneficiare della solidità e della rete internazionale svizzera, mentre la Svizzera può trovare nel dinamismo industriale italiano un terreno fertile per espandere la propria offerta tecnologica.

Come ha sottolineato Fabrizio Macrì, Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera: “La tecnologia è lo stimolo che può aiutare le imprese italiane a recuperare competitività. La Svizzera, con il suo ecosistema avanzato, può essere un partner strategico per questa trasformazione”.

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)

Ultima modifica: Martedì 16 Settembre 2025
Martedì 16 Settembre 2025

Notizie dai mercati esteri - Repubblica Ceca

Lo Stato ha preparato 15 miliardi di corone per il potenziamento della rete elettrica

Il bando Elegrid del Fondo di Modernizzazione riceverà dieci miliardi di corone per finanziare i progetti di potenziamento della rete di trasmissione. Il bando potrà ricevere altri cinque miliardi di corone, qualore le aziende avranno progetti da finanziare.

Con il finanziamento lo stato vuole potenziare la rete elettrica di sei gigawatt permettendo ad esempio l'allaccio di un maggior numero di centrali a fonte rinnovabile. “Il potenziamento della rete elettrica è tra le condizioni di base per la decarbonizzazione dell'economia ceca” ha indicato il ministro dell'ambiente Petr Hladik.

Fonte: mzp.gov.cz

Nel quarto trimestre pensa di assumere il 30% delle aziende, indica ManpowerGroup

Circa il 30% delle aziende in Repubblica Ceca pensa di assumere nuovo personale nel quarto trimestre. Lo indica l'indagine tra le imprese di ManpowerGroup Czech Republic, socio Camic.

Prevede invece una riduzione del personale il 16% delle aziende. L'indice è quindi positivo di 14 punti percentuali, circa due punti in meno rispetto al trimestre precedente. Il dato è sostanzialmente lo stesso a Praga, in Boemia e in Moravia.

“L'ultimo trimestre è di solito il periodo più debole per le assunzioni, ma quest'anno registriamo delle differenze stagionali più ridotte” ha indicato la direttrice dell'agenzia HR Jaroslava Rezlerová. Registrano la maggiore propensione ad assumere i settori dell'energetica e della sanità, dall'altra parte della classifica ci sono i settori dei trasporti e della pubblica amministrazione.

Fonte: ceskenoviny.cz

Ferrero sostiene un progetto di Save the Children in Costa d’Avorio

Il gruppo Ferrero ha deciso di sostenere un progetto di Save the Children in Costa d'Avorio a favore dei bambini nelle comunità dei produttori di cacao.

Il progetto verrà realizzato da Save the Children nel paese africano fino al 2030. Le spese complessive di 20 milioni di euro verranno coperte per oltre l'80% dal contributo del gruppo Ferrero e dai finanziamenti dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Il programma intende rafforzare i diritti dell'infanzia nelle comunità produttrici di cacao. Il progetto è secondo la Ferrero un “passo importante verso un ecosistema del cacao più sostenibile”. “Lavorando insieme lungo l’intera filiera del cacao, miriamo a costruire una supply chain trasparente, inclusiva e duratura,” ha indicato Isabel Hochgesand, Global Chief Procurement Officer di Ferrero.

Fonte: savethechildren.it

Il municipio di Praga Capitale lancia un nuovo progetto residenziale

La giunta di Praga Capitale ha lanciato un nuovo progetto di edilizia residenziale tra Praga 4 e 12.

La giunta ha dato il mandato alla società municipale PDS di preparare un progetto di edilizia di social housing nelle vicinanze della futura stazione metro D Nové Dvory. Il progetto prevede la realizzazione di circa 480 appartamenti e di spazi per servizi sociali e sanitari. “Il nostro obiettivo è di avere abitazioni dignitose e accessibili per insegnanti, lavoratori della sanità, famiglie e anziani” ha indicato il sindaco di Praga Capitale Bohuslav Svoboda.

La PDS quindi dovrà preparare la progettazione per la realizzazione degli stabili e si occuperà dei permessi necessari per avviare la costruzione.

Fonte e fonte fotografia: praha.eu

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)

 

Ultima modifica: Martedì 16 Settembre 2025
Martedì 16 Settembre 2025

Nizza: una classifica universitaria all’altezza della sua popolarità

La nostra città compie un notevole balzo in avanti nel palmarès delle destinazioni studentesche: secondo la rivista L’Étudiant, si colloca ora all’11ª posizione. Si tratta di un guadagno di 15 posti tra il 2024 e il 2025, accompagnato da un marcato aumento della soddisfazione: l’83% degli studenti si dichiara soddisfatto, contro il 74% dell’anno scorso.

Questo progresso riflette uno sforzo collettivo di lungo periodo, portato avanti con gli attori della vita studentesca, dell’istruzione superiore e del tessuto economico, per fare di Nizza una vera e propria città universitaria. In quindici anni, gli iscritti sono raddoppiati: da 25.000 a quasi 50.000 studentesse e studenti formati sul posto.

Dal 2008, il territorio nizzardo si è sviluppato e ha conosciuto una vera trasformazione sul piano universitario. Il territorio metropolitano dispone di un ecosistema attrattivo, che ha consentito di migliorare le condizioni di studio e l’inserimento professionale degli studenti a Nizza.
Eppure Nizza non era una città universitaria; oggi brilla a livello internazionale.

Effettivamente venerdì 15 agosto è stata pubblicata anche una delle classifiche di riferimento del mondo accademico: l’Academic Ranking of World Universities, noto come “classifica di Shanghai”. Essa conferma la buona tenuta della Francia in una competizione internazionale molto esigente. A Nizza, l’Université Côte d’Azur figura nuovamente tra le prime 500 università mondiali nel 2025, risultato di una strategia accademica coerente e di una ricerca riconosciuta.

Collocata nella fascia 401–500, la nostra università si affianca a Tolosa, Lille e Rennes. Disciplina per disciplina, si distingue in particolare nelle scienze della Terra (76–100), in fisica (101–150), in matematica (151–200), in biologia (201–300), in farmacia (201–300), in informatica (301–400) e in medicina (301–400).

A livello nazionale, 27 istituti francesi compaiono in classifica, due in più rispetto al 2024 come ha sottolineato il ministero dell’Istruzione superiore e della Ricerca.
Paris-Saclay resta la prima università francese (13ª mondiale, 3ª europea), davanti a PSL (34ª), Sorbonne Université (43ª) e Université Paris Cité (60ª). La Francia conta inoltre otto istituti nella top 200, tra cui Strasburgo, Aix-Marseille, Grenoble-Alpes e Montpellier.

Due università fanno il loro ingresso quest’anno: Versailles–Saint-Quentin-en-Yvelines e Picardie Jules-Verne (Amiens).
Per il ministero, questa presenza ampliata illustra la qualità della scienza francese e il riconoscimento internazionale dei nostri ricercatori. Testimonia anche l’efficacia delle politiche di consolidamento avviate da oltre dieci anni: finanziamenti dedicati (PIA, France 2030, Idex, I-Site) e facilitazioni dei raggruppamenti hanno permesso di passare da 18 istituti classificati nel 2003 a 27 oggi, con un progresso del 50% in vent’anni.

Ultima modifica: Martedì 16 Settembre 2025
Martedì 16 Settembre 2025

Danimarca solare: tanta ambizione, ostacoli ancora da superare

La Danimarca è conosciuta nel mondo come la patria dell’energia eolica. Le pale che svettano lungo le coste e nelle campagne hanno reso il Paese un simbolo della transizione verde.

Molto meno noto è invece il percorso del fotovoltaico: pur in crescita, il solare resta oggi una risorsa sottoutilizzata rispetto al suo potenziale. Secondo l’Agenzia danese per l’energia, la capacità installata ha superato i 4 gigawatt a metà del 2025 e oggi fornisce circa l’11% dell’elettricità nazionale. Si tratta di numeri importanti, ma ancora insufficienti se confrontati con gli obiettivi climatici fissati dal governo, che punta a quadruplicare la produzione di solare e vento a terra entro il 2030.

Il paradosso sta nel fatto che, nonostante il calo dei costi e l’ampio sostegno dell’opinione pubblica, diversi fattori continuano a frenare la diffusione del fotovoltaico. Per anni i comuni hanno dovuto affrontare procedure burocratiche complesse, come l’obbligo di costituire società intermediarie o di elaborare calcoli energetici complicati, che hanno reso più difficile installare pannelli su scuole, piscine o municipi. Anche le normative edilizie hanno spesso agito da freno: nelle valutazioni ufficiali, i pannelli non ricevono un pieno riconoscimento dei benefici futuri e in certi casi finiscono addirittura per peggiorare i bilanci climatici degli edifici. A questo si sommano le incertezze economiche, con operatori che denunciano il rischio di tariffe e oneri per l’uso della rete in forte aumento, e i limiti legali che vincolano i pannelli agli edifici su cui vengono installati, complicando modelli di finanziamento innovativi come leasing o consorzi. Infine, la rete elettrica nazionale non è ancora pronta ad assorbire senza difficoltà quantità crescenti di elettricità prodotta in modo variabile.

Paradossalmente, il freno non arriva dai cittadini. I danesi sono tra i più favorevoli d’Europa all’uso del fotovoltaico: oltre il 90% si dichiara a favore dell’installazione di pannelli su tetti industriali. È dunque evidente che il problema è più politico e regolatorio che culturale. Proprio per questo la riforma annunciata dal governo è stata accolta con favore: dal 2026 i comuni potranno installare pannelli senza dover passare per intermediari e senza calcoli ridondanti. Il costo stimato per lo Stato è di 400 milioni di corone, ma si prevede che nel lungo periodo i risparmi per le amministrazioni locali saranno ben superiori. Parallelamente, sono allo studio nuove regole per separare la proprietà dei pannelli da quella degli edifici, così da aprire la porta a strumenti di finanziamento più flessibili.

Gli esperti indicano tre priorità per accelerare la rivoluzione solare: procedure più snelle e uniformi, accesso facilitato al credito e soprattutto investimenti nella rete elettrica, con smart grid e sistemi di accumulo capaci di integrare la variabilità della produzione. In gioco non c’è soltanto la sostenibilità, ma anche l’autonomia energetica dei comuni e la possibilità di reinvestire i risparmi in welfare locale.

Il futuro del fotovoltaico in Danimarca non è scritto, ma la direzione è chiara. Il Paese ha già dimostrato con l’eolico di saper guidare la transizione a livello globale; se le riforme promesse saranno attuate con decisione, i tetti di città e campagne potranno presto brillare di pannelli solari, trasformando un potenziale ancora inespresso in una forza concreta. Il 2030 si avvicina e con esso la sfida di coprire interamente il fabbisogno elettrico con fonti rinnovabili. Per riuscirci, la Danimarca non potrà fare a meno del sole.

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)

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Martedì 16 Settembre 2025

Il Ceará supera la media nordestina: segnali di solidità e sfide verso lo sviluppo

Nel primo semestre del 2025, l’economia della regione Nordeste ha consolidato un trend positivo, ma è il Ceará a distinguersi per performance leggermente superiori alla media regionale. È quanto emerge dall’ultimo studio dell’Escritório Técnico de Estudos Econômicos do Nordeste (Etene) del Banco do Nordeste (BNB), che monitora l’evoluzione economica dell’area mediante l’Indice di Attività del Banco Central per il Nordeste (IBCR-NE).

Secondo il rapporto, l’IBCR-NE ha registrato una crescita del 2,4% nella regione nei primi sei mesi dell’anno; su base annuale, l’aumento raggiunge il 3,8%, lievemente al di sotto della media nazionale che si attesta al 3,9%.

Il Ceará ha segnato un incremento del 2,6% nel semestre, superando così la media del Nord-Est, pur senza allontanarsi di molto da essa. Questo risultato conferma la presenza, nello Stato, di «fondamentali solidi», anche se il rapporto del BNB sottolinea la necessità di potenziare quei settori con maggiore valore aggiunto e di ridurre la dipendenza da mercati esteri.

L’analisi evidenzia notevoli divari all’interno della regione. Bahia emerge come la più dinamica, con una crescita semestrale del 3,9%, favorita da una base produttiva diversificata e condizioni climatiche favorevoli al comparto agricolo.

Al contrario, Pernambuco registra una flessione dello 0,3% nel semestre, a causa del minore dinamismo in agricoltura e industria, e di una evidente decelerazione nei servizi.

Per il resto del 2025, le prospettive per l’economia nordestina restano di crescita moderata. Elementi propulsivi includono il rafforzamento dell’agro-business, in particolare in Bahia e alcune aree del Ceará, investimenti in infrastrutture logistiche ed energetiche, e il progresso nei settori industriali e dei servizi con potenziale export.

Tuttavia, permangono rischi concreti: la forte dipendenza dalle condizioni climatiche, la volatilità dei prezzi internazionali, e la possibilità che politiche protezioniste nei mercati esteri ostacolino le esportazioni. Internamente, alcuni settori soffrono per l’accesso al credito e per la mancanza di diversificazione produttiva.

Articolo elaborato con informazioni tratte dal Diário do Nordeste

(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)

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Martedì 16 Settembre 2025

Notizie dai mercati esteri - Francia

Turismo a Nizza Costa Azzurra: una meta globale tra sostenibilità e alta gamma

L’anno 2024 consacra la traiettoria della destinazione con livelli di attività senza precedenti. La città, completamente riqualificata e sostenuta da un’offerta in costante crescita di standing, raccoglie i frutti di una strategia internazionale incisiva. Un altro fattore chiave è il lavoro collettivo pienamente condiviso. La partnership operativa con Nice Shopping illustra un approccio centrato sull’esperienza complessiva. L’obiettivo: mettere in relazione ricettività, cultura, eventi e commercio per prolungare la durata media dei soggiorni, aumentare la spesa media e rendere più fluido il percorso tra quartieri, mare e colline. Questa logica di itinerari urbani «ad alto potenziale» giova tanto ai visitatori quanto agli attori economici locali, rafforza l’attrattività del territorio e arricchisce il percorso del visitatore.

All’Ufficio del Turismo Metropolitano Nice Côte d’Azur, il direttore generale Jean-Sébastien Martinez traccia un quadro chiaro: la performance alberghiera non è mai stata così alta. Nel 2008 Nizza contava 8.500 camere per un tasso di occupazione annuale del 51%; nel 2024 si raggiungono 12.700 camere e il 72% di occupazione. Oltre la metà del parco alberghiero è oggi classificata 4–5 stelle, rendendo Nizza la seconda destinazione francese per offerta cinque stelle.

Più che una semplice congiuntura favorevole, si tratta di una peculiarità a livello nazionale: tra le grandi città francesi, Nizza si distingue per la maggioranza di visitatori internazionali (circa il 60% contro il 40% di francesi). Considerando le numerose seconde case europee (Svezia, Italia, Regno Unito, ecc.), la quota estera sfiora il 70% sulla provincia.

Il mercato turistico è molteplice e soprattutto decisamente diversificato. Gli Stati Uniti fanno la parte del leone (19% dei visitatori stranieri), seguiti da Regno Unito, Germania e Paesi scandinavi. Pioniere in questo ambito, l’Ufficio del Turismo di Nizza è il primo ad attrarre, attraverso diversi strumenti, turisti provenienti da Stati USA meno presidiati (Illinois, Texas…).

Per quanto riguarda la stagione invernale tra novembre 2024 e febbraio 2025, la Costa Azzurra ha registrato un’ottima dinamica. A Nizza, le notti internazionali sono aumentate del 10% rispetto all’inverno precedente, il tasso di occupazione alberghiera è cresciuto del 3% sul periodo, il ricavo per camera è salito del 7% e l’aeroporto Nice Côte d’Azur ha segnato un +16% di arrivi internazionali.

Questa performance si basa su una strategia di marketing efficace, sostenuta da Atout France (agenzia di sviluppo turistico), sui mercati prioritari.
Expedia (USA, Canada, Regno Unito, Scandinavia, Francia): +20% di ricerche per la Costa Azzurra in inverno e +5% di prenotazioni sulla stagione rispetto all’anno precedente, dopo una prima annualità già in forte crescita (+20%).

Altre operazioni di notorietà e conversione (Lastminute, eDreams) hanno completato il piano media in Francia, Italia e Belgio. Bilancio provvisorio: oltre 150 milioni di impression, quasi 20.000 notti e più di 6.500 biglietti aerei attribuiti alla campagna (campagna tuttora in corso).

Parallelamente, l’Ufficio del Turismo di Nizza intensifica il lavoro editoriale e mediatico attorno all’«esperienza inverno» sulla Costa Azzurra. Questo impegno alimenta in modo duraturo il posizionamento organico (SEO) dei contenuti stagionali e ne amplifica la portata organica sui social network e sui siti dei partner.

La strategia mira a fare della destinazione un punto di riferimento per un turismo sostenibile nelle quattro stagioni, attento ai residenti e agli ecosistemi. Alla vigilia di nuovi appuntamenti internazionali, tra cui i Giochi Olimpici invernali del 2030, l’obiettivo è accelerare lo slancio mantenendo al contempo la crescita sotto controllo.

In attesa dei bilanci turistici del 2025, le statistiche estive fanno registrare record, in particolare nel settore alberghiero, dove a giugno il tasso di occupazione raggiunge l’85%. La tendenza si conferma a luglio, sostenuta da un fitto calendario culturale e festivo (Jazz à Juan, Nice Jazz Festival, Patrouille de France a Mentone…). Sul litorale si sfiora l’87% di occupazione (+1 punto rispetto al 2024) e il RevPAR (ricavo per camera disponibile) è in aumento dell’8%.

Trenitalia all’attacco del mercato ferroviario francese

A cinque anni dall’apertura alla concorrenza, Trenitalia si impone quale principale sfidante della SNCF. Dopo Parigi–Lione (fine 2021), l’impresa ferroviaria italiana ha avviato i servizi ad alta velocità Parigi–Marsiglia (3h30), inaugurati alla presenza di amministratori locali ed Edoardo Rixi, Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Trenitalia propone quattro andate e ritorno quotidiani con Frecciarossa, con fermate a Lione Saint-Exupéry, Avignone TGV e Aix-en-Provence TGV. Lione risulta così ampiamente servita (Part-Dieu, Perrache e aeroporto). In funzione del riempimento, alcune circolazioni saranno effettuate in doppia composizione. Le tariffe di lancio partono da 27 € a tratta.

Trenitalia mira a un tasso medio di riempimento del 60% nel primo anno sulla relazione Parigi–Marsiglia, pari a circa un milione di viaggiatori aggiuntivi. Sulla Parigi–Lione, il traffico 2024 è già aumentato del 40%. Renfe (compagnia ferrovia spagnola), dal canto suo, fatica ancora ad attivare partenze da Parigi verso la Spagna.

Per quanto riguarda il periodo estivo:
il 5 luglio, in direzione Marsiglia, Trenitalia indica 85 € (partenza alle 19:00) e 99 € (alle 14:46). La SNCF propone primi prezzi a 78 € (19:30 con InOui, 20:00 con Ouigo). Per partenze più anticipate nel pomeriggio, i prezzi SNCF crescono rapidamente (almeno 136 € alle 15:30), con alternative Ouigo da Marne-la-Vallée a partire da 110 € in giornata e 90 € alle 7:00.

Tale divario di prezzo si spiega nell’ambito dell’apertura alla concorrenza del mercato francese: i nuovi entranti beneficiano di riduzioni sui canoni di accesso all’infrastruttura ferroviaria, pari a circa −30% fino a maggio 2026, poi −17% fino a dicembre 2026, con ritorno alla tariffazione regolamentata nel 2027. Questo vantaggio consente di praticare prezzi più bassi e più stabili, rafforzando l’immagine di Trenitalia quale operatore dai listini regolari.

Combinando una fitta offerta di servizi, una politica tariffaria aggressiva e condizioni commerciali flessibili, Trenitalia intensifica la concorrenza su un asse premium, anche grazie alle numerose classi (Standard, Business, Meeting, Executive). La capacità di mantenere tali livelli di prezzo oltre il 2026, una volta ridotte e poi eliminate le agevolazioni, costituirà uno dei nodi centrali della competizione con la SNCF.

L'UNOC A NIZZA: una sfida politica, sociale ma anche territoriale per la protezione dei nostri oceani e della biodiversità

Dal 9 al 13 giugno 2025, Nizza ha assunto il ruolo di capitale mondiale dell’oceano. Co-organizzata dalla Francia e dal Costa Rica, la Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani (UNOC) ha riunito oltre 12.000 partecipanti provenienti da 175 paesi: responsabili politici, scienziati, ONG, rappresentanti di popoli indigeni, imprese, enti locali e finanziatori. Al centro degli scambi, una stessa ambizione: rendere concreta, misurabile e verificabile l’attuazione dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile dedicato alla «vita sott’acqua».

L’annuncio più strutturante riguarda l’accordo BBNJ (Biodiversity Beyond National Jurisdiction), la cui entrata in vigore è attesa nel 2026. Questo trattato colma un vuoto giuridico per l’alto mare che costituisce quasi il 64% dell’oceano mondiale disciplinando la creazione di aree protette, la valutazione degli impatti delle attività, la condivisione dei benefici legati alle risorse genetiche marine e il rafforzamento delle capacità degli Stati.

Sulla scia di questa prospettiva, diversi paesi hanno ufficializzato l’estensione o la creazione di aree marine protette nel Mediterraneo, nel Pacifico meridionale, in Africa occidentale e nei Caraibi, segno che la traiettoria volta a proteggere il 30% degli spazi marini entro il 2030 si radica ormai nelle politiche pubbliche.

Queste firme contribuiranno a sradicare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Le delegazioni hanno infatti sostenuto dispositivi che rafforzano la tracciabilità, la cooperazione tra organizzazioni regionali e l’applicazione rigorosa dell’Accordo della FAO sulle misure dello Stato di approdo, così da prosciugare gli sbocchi commerciali delle catture illecite.
La posta in gioco è vitale per molti paesi costieri del Sud, dove le pescherie artigianali incidono al contempo su occupazione, alimentazione e coesione sociale.

È stato affrontato anche il tema del trasporto marittimo, che assicura la gran parte degli scambi mondiali (circa il 90% dei volumi) e rappresenta quasi il 3% delle emissioni di gas a effetto serra, occupando un posto centrale nel dibattito.
Diversi Stati hanno sostenuto presso l’Organizzazione marittima internazionale un pacchetto di misure vincolanti che combini tariffazione del carbonio, traiettorie di riduzione compatibili con il 2050 e incentivi all’adozione di carburanti e tecnologie più puliti, per accelerare la transizione senza disorganizzare le catene logistiche.

L’inquinamento da plastica è stato al cuore delle discussioni, cristallizzando un ampio consenso a favore di un trattato mondiale ambizioso. L’«Appello di Nizza», sottoscritto da 96 paesi, fissa una direzione chiara: eliminare progressivamente questo tipo di inquinamento entro il 2040 agendo su quattro leve complementari:
riduzione alla fonte e sobrietà della produzione, eco-progettazione, finanziamento di infrastrutture di economia circolare, governance adattativa che integri lo stato delle conoscenze scientifiche. Questa dinamica dovrebbe consentire di ricomporre le posizioni prima della ripresa ufficiale dei negoziati internazionali.

La conferenza si è conclusa con oltre 800 impegni volontari, provenienti da Stati, enti locali, istituti di ricerca, fondazioni e imprese. I giovani, gli attori della società civile e i rappresentanti indigeni hanno tuttavia ricordato che la credibilità del processo dipenderà dalla traduzione operativa: finanziamenti stabili, trasferimenti di tecnologia, monitoraggio trasparente e valutazione indipendente dei risultati.

Questo volontarismo risponde a una realtà biofisica implacabile. L’oceano, che assorbe tra un quarto e un terzo della CO₂ emessa dalle attività umane, è indebolito dalle ondate di calore marine, dell'acidificazione e della deossigenazione. Gli ecosistemi costieri e d’altura subiscono inoltre pressioni di origine terrestre: plastiche (macro e micro), residui farmaceutici, pesticidi, nutrienti. Eppure i servizi offerti dagli ambienti marini sorreggono interi settori delle nostre società: oltre tre miliardi di persone dipendono dalle risorse ittiche per il proprio sostentamento, l’80% delle merci transita via mare e l’«economia blu», in termini di valore, equivale a una quinta potenza mondiale.

In questo contesto, il multilateralismo è apparso come l’unica via realistica per gestire beni comuni che ignorano le frontiere. Nei prossimi mesi resteranno determinanti diversi dossier: finalizzare le ratifiche del BBNJ, concludere un accordo mondiale giuridicamente vincolante sulla plastica, uscire dall’impasse in seno all’OMC sul divieto dei sussidi che favoriscono la sovrapesca, regolamentare rigorosamente lo sfruttamento minerario dei grandi fondali.

L’Unione europea, forte di 22 Stati membri marittimi e della più vasta zona economica esclusiva al mondo, ha colto l’occasione dell’UNOC per svelare il 5 giugno 2025 il suo Patto europeo per gli oceani. Questo quadro preannuncia una «legge sugli oceani» nel 2027, destinata a iscrivere nel diritto europeo obiettivi verificabili: 30% di aree marine protette entro il 2030 (di cui il 10% sotto protezione rigorosa), in coerenza con la legge del 2024 sul ripristino della natura (almeno il 20% degli ambienti marini degradati ripristinati entro il 2030, con orizzonte al 2050 per il resto) e una migliore coordinazione delle competenze tra livello europeo e Stati rivieraschi.

Tuttavia, malgrado questo grande evento, oggi appena il 9% dell’oceano mondiale beneficia di una protezione effettiva secondo diverse ONG. Per proseguire in questo slancio, divenuto una necessità, servono piani nazionali credibili, budget identificati e meccanismi di controllo accompagnati da conseguenze in caso di mancato rispetto.

La prima COP sull’alto mare, attesa per la fine del 2026, costituirà un banco di prova: dovrà trasformare l’accordo politico in norme operative e in risultati misurabili.
Allora l’oceano: regolatore del clima, serbatoio di biodiversità e ossatura dell’economia mondiale; potrà finalmente continuare a svolgere appieno il proprio ruolo al servizio delle generazioni presenti e future.

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Venerdì 9 Maggio 2025

Notizie mercati esteri

Notizie dai mercati esteri - Francia

I CAMPEGGI SONO SEMPRE PIÙ APPREZZATI DAI TURISTI

Malgrado una stagione 2024 abbia avuto un leggero ribasso di prenotazioni, il settore alberghiero outdoor si mantiene ad un alto livello e continua ad espandersi. Questo tipo di hotellerie resta sempre in balia delle condizioni metereologiche, infatti, per il mese di agosto 2024, c’è stato un calo della domanda (-0,35%). Tuttavia, i campeggi francesi continuano ad affermarsi come mercato turistico, con 141 milioni di soggiorni durante lo scorso anno. Da considerare è che molti di questi sono inglobati in grandi gruppi o catene, come Flower Campings o l’European Camping Group.

La clientela dei campeggi varia, parte dai grandi operatori ai piccoli gruppi. Mentre, a livello di offerta, dopo le strutture più grandi, vengono ora presi di mira gli esercizi con 150 posti o meno. Da parte del consumatore c’è una particolare attenzione ai prezzi di soggiorno, ragione per la quale, è ipotizzabile che, le piazzole - per montare una tenda - stanno vivendo una rinascita di popolarità a scapito delle case mobili.

Infine, si prospetta un andamento del +1% per la stagione 2025.

UN BUON INIZIO DELL’ANNO PER I GELATI DOPO UN 2024 OSCURATO DAL METEO

Nel 2024, le ciffre d’affari del mercato del gelato diminuirono del 4,7% a 1,48 miliardi di euro, ma aumentò il numero di chi cedette alla tentazione, furuno 60.000 i nuovi consumatori di gelato. Si crede che per il 2025, le prospettive siano migliori, infatti le vendite di gelati sono aumentate del 10% in Francia all'inizio del 2025, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Per il mese di gennaio e febbraio la ciffra d’affari è stata di 88,2 millioni, presumibilmente tale crescita è dovuta al bel tempo sul Paese.

Un’altro motivo d’ottimismo è l’aumento delle referenze di gelati lanciati sul mercato nel 2024, tali novità rappresentano la leva consumistica. In particolare, i produttori scommettono sui ghiaccioli, che rimangono i protagonisti, con il 26% della quota di mercato. Tra i trend gustativi, troviamo i gelati fatti con i frutti esotici e frutta secca, ma anche quelli in formato “biscotto”. Per incontrare le aspettative dei consumatori golosi, ma attenti alla linea, i formati “mini” o “a morsi” sono favoriti.

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Lunedì 10 Marzo 2025

Notizie mercati esteri

Notizie dai mercati esteri - Francia

Vino francese: il piano del settore per uscire dalla crisi

Al Salone dell’Agricoltura di Parigi, il compartimento vitivinicolo ha svelato una strategia comune per far fronte al calo della consumazione di vino e al cambiamento climatico. In particolare, la filiera vuole modernizzare l’immagine del vino e attirare più giovani. Le aziende si sono dimostrate unite per rilanciare il settore e tale azione si è rivelata colletiva ed inedita. 

Il piano che è stato lanciato dura 18 mesi e riguarda l’estirpo di 100.000 ettari, ovvero il 10% del vigneto nazionale. Con un premio fino a 4.000 euro per ettaro. Inoltre, a breve partirà una seconda campagna, con 5.500 domande presentate, per oltre 27.000 ettari. Si tratta di un bilancio di 110 milioni di euro, finanziato dallo Stato e dalle istituzioni del settore.

Ulteriormente, i viticoltori, insieme ai distributori di vino, vorrebbero migliorare l’offerta proposta nei punti vendita. In generale, il piano si basa sul modello dello champagne che conosce lo stock necessario e la consumazione dei suoi clienti. Infine, per le esportazioni, che rappresentano l'80% delle vendite, il settore vuole "lavorare in pack", ad esempio presentando attività colletive, come “Vini di Francia” e garantire, quindi, una solida alleanza tra i viticoltori francesi.

Le esportazioni d’elettricità non sono mai state così tanto redditizie per la Francia

Nel 2024, il forte aumento dei volumi ha permesso di compensare il calo dei prezzi sul mercato internazionale. L’Italia, la Germania e il Belgio sono nella Top 3 dei consumatori d’eletricità francese. Le esportazioni sono arrivate al record di 101,3 terawattora e il saldo netto è stato di 89 TWh, superando il precedente record, che risaliva al 2002 (76 TWh).

Nel 2024, il valore totale delle esportazioni francesi di elettricità ha raggiunto il livello di 5 miliardi di euro. In questo panorama economico, l’Italia risulta la prima acquirente di energia eletrica francese, importando il 32%. Inoltre, la bilancia commerciale, incrociando queste esportazioni e importazioni, sfiora anch'essa i 5 miliardi di euro. Questo è dovuto al fatto che durante i rari periodi di importazioni, la Francia ha potuto acquistare dai suoi vicini europei una produzione a basso tenore di carbonio abbondante e poco costosa.

Tuttavia, da rimarcare è che il guadagno derivante dall'elettricità rimane molto ridotto rispetto al costo dell'importazione di combustibili fossili per alimentare gli usi non elettrificati. Infatti, nel 2024, le importazioni di combustibili fossili costarono più di 64 miliardi di euro. I combustibili fossili rappresentano ancora quasi il 60% del consumo finale di energia della Francia, con la speranza di ridurli a zero entro il 2050.

Svelato lo stabilimento di Saint-Aignan-de-Grandlieu: Labeyrie Fine Foods vuole lanciare un nuovo fiore all'occhiello dell'industria agroalimentare

L’entità Océan du Groupe Labeyrie Fine Foods ha aperto un nuovo stabilimento nella Loira a Saint-Aignan-de-Grandlieu, frutto di un investimento di 18 milioni di euro. Questo sito ittico, con le sue capacità produttive ottimizzate, si posiziona come uno dei più moderni in Europa. Tuttavia, oltre alla potenza economica industriale, il progetto testimonia l’impegno del Gruppo in favore della sostenibilità. L'installazione di una caldaia a gas abbinata a un sistema di recupero del calore riduce le emissioni di gas serra di circa il 20%, ottimizzando al contempo il consumo energetico.

Con l'aumento della produzione del 50 % negli ultimi 5 anni, i gamberetti sono al centro dell'attività del sito, in tutte le loro forme: interi, sgusciati o lavorati. Distribuiti con il marchio Delpierre, questi prodotti si possono trovare nei supermercati, nelle pescherie e nei ristoranti. Infine, per stare al ritmo della domanda, la struttura beneficia di due ligne di produzione e tre ligne di approvvigionamento arrivando a una capacità annuale di 18 000 tonnelate. Inoltre, il complesso ha 250 salariati a contratto indeterminato e ne assume ulteriori 130 nei periodi di forte attività.

(Contributo editoriale a cura della Chambre de Commerce Italienne Nice, Sophia-Antipolis, Cote d'Azur)

Ultima modifica: Martedì 16 Settembre 2025
Martedì 16 Settembre 2025

Notizie dai mercati esteri - Thailandia

Il Baht thailandese si sta rafforzando

Negli ultimi giorni, il baht thailandese si è rafforzato fino a raggiungere 31,58 per un dollaro, il suo valore più alto degli ultimi quattro anni. Questo apprezzamento è stato alimentato principalmente dall’indebolimento del dollaro e dalle aspettative del mercato su un possibile allentamento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve statunitense. Inoltre, il baht ha beneficiato di una situazione interna relativamente stabile e di significativi afflussi di capitali esteri nel mercato obbligazionario thailandese, con investitori che hanno portato oltre 10 miliardi di baht in due soli giorni. Questo dimostra che la Thailandia continua ad attrarre la fiducia degli investitori internazionali, un aspetto positivo per la stabilità finanziaria del paese.

Gli esperti sottolineano però che un baht troppo forte può rappresentare un problema per gli esportatori, poiché riduce i margini di profitto sui prodotti venduti all’estero e può portare i produttori a rinviare ordini importanti. L’aumento della valuta influisce anche sui prezzi agricoli e sulle esportazioni alimentari, che potrebbero crescere solo del 3% o addirittura diminuire se la valuta continua a rafforzarsi.

Allo stesso tempo, il rapido apprezzamento non riflette interamente l’economia reale: gran parte è guidata da speculazioni su oro e criptovalute. La Thailandia possiede grandi quantità di oro, che, quando venduto in valuta estera e riconvertito in baht, crea una maggiore domanda di moneta locale e contribuisce all’aumento del tasso di cambio. Nonostante questi rischi, l’apprezzamento del baht ha anche lati favorevoli. Per esempio, i consumatori e gli importatori locali beneficiano di un potere d’acquisto più forte, perché la valuta più forte riduce il costo delle importazioni. Inoltre, l’afflusso di capitali esteri e la fiducia degli investitori indicano che la Thailandia rimane un paese attraente per gli investimenti finanziari.

Le autorità, tra cui la Bank of Thailand, sono pronte a intervenire per ridurre la volatilità e garantire che il baht non si discosti troppo dal suo valore reale, preservando la competitività delle imprese thailandesi sui mercati internazionali. L’obiettivo è trovare un equilibrio: mantenere il baht sufficientemente forte da proteggere il potere d’acquisto dei consumatori e attrarre investimenti, ma non così forte da penalizzare esportatori e agricoltori.

In sintesi, il momento attuale mostra una Thailandia attrattiva per gli investitori e con una valuta forte, ma anche con sfide significative per i settori export-oriented. La gestione della valuta e delle speculazioni sarà cruciale per assicurare una crescita equilibrata e sostenibile nei prossimi mesi.

Thailandia come meta strategica per le imprese europee

La Thailandia continua a essere una meta strategica per le imprese europee che vogliono espandere le proprie operazioni nel Sud-Est asiatico, soprattutto in un contesto di instabilità economica globale. Secondo l’EU-Asean Business Council (EU-ABC), l’ASEAN si conferma per il terzo anno consecutivo come la regione con le migliori opportunità economiche per le aziende europee, superando India e Cina.

Nonostante le incertezze legate al commercio internazionale, la fiducia delle imprese europee nella regione rimane solida. Molte aziende prevedono di espandere le operazioni in paesi chiave come Vietnam, Indonesia, Malesia e Thailandia, anche di fronte alle tariffe statunitensi del 19-20%. Proprio a causa di queste tariffe, alcune aziende stanno valutando di rivedere o spostare le proprie catene di approvvigionamento e, in questo contesto, il Sud-Est asiatico è la destinazione principale, seguito da India, Europa e Cina.
 
Nonostante alcune sfide legate allo scenario globale e al ritmo dell’integrazione regionale dell’ASEAN, il quadro rimane fortemente incoraggiante. Dalla EU-Asean Business Sentiment Survey emerge che la grande maggioranza delle imprese europee intervistate guarda con fiducia al futuro della regione: circa l’80% delle imprese partecipanti al sondaggio ritiene che rafforzare il legame con l’ASEAN sia indispensabile per mantenere alta la competitività europea.

Le aziende sottolineano che un accordo commerciale UE-ASEAN rappresenterebbe un passo strategico per rafforzare i legami economici, ridurre ostacoli e costi e offrire alle aziende europee le stesse condizioni vantaggiose di cui già beneficiano partner come Giappone, Cina o Australia. In questo modo l’Europa potrebbe partecipare pienamente al dinamismo della regione e sfruttarne le enormi potenzialità. Come ha spiegato Chris Humphrey, direttore esecutivo dell’EU-ABC, le imprese europee restano fortemente orientate a crescere nel Sud-Est asiatico e, con un sostegno più deciso delle istituzioni europee, potrebbero sfruttare al massimo le enormi potenzialità di questo mercato in espansione. 

In sintesi, l’ASEAN e in particolare la Thailandia offrono grandi prospettive di sviluppo per le imprese europee, ma per sfruttarle al massimo sono necessari passi concreti verso l’integrazione regionale e la rimozione delle barriere commerciali.

(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)

Ultima modifica: Martedì 16 Settembre 2025
Giovedì 11 Settembre 2025

Il mercato del vino in Australia: trend di consumo post-pandemia e opportunità per il Made in Italy

Il mercato vinicolo australiano ha conosciuto negli ultimi anni una fase di profonda trasformazione, accelerata dalla pandemia ma consolidata nelle dinamiche successive. Secondo i dati Wine Australia 2024, il consumo interno si attesta stabilmente intorno ai 27 litri pro capite annui, con una crescita significativa dei segmenti premium e super premium, che rappresentano ormai oltre il 20% delle vendite complessive.

Parallelamente, si registra una progressiva riduzione del consumo di vino da tavola a basso prezzo, segno di una maggiore attenzione del consumatore alla qualità, all’origine e alla sostenibilità dei prodotti. L’interesse verso i vini biologici e a basso impatto ambientale è in forte espansione: le ricerche condotte da IBISWorld 2025 confermano che la categoria del vino biologico cresce a un ritmo superiore al 10% annuo, in linea con un orientamento sempre più marcato della popolazione australiana verso stili di vita salutistici e responsabili. In questo scenario, i vini europei, e in particolare quelli italiani, stanno assumendo un ruolo di primo piano.

Secondo i dati UN Comtrade e Wine Australia, l’Italia si colloca stabilmente tra i primi cinque Paesi fornitori di vino in Australia, con un valore di export che nel 2024 ha superato i 90 milioni di dollari australiani, evidenziando un trend positivo rispetto al periodo pre-pandemico. La forza del vino italiano nel mercato australiano risiede nella capacità di combinare riconoscibilità internazionale, autenticità territoriale e una gamma estremamente diversificata di prodotti: il Prosecco continua a guidare la crescita, trainato dall’interesse delle giovani generazioni e dalla popolarità del consumo “casual” e conviviale; i vini rossi toscani mantengono una forte posizione di prestigio, intercettando la domanda dei segmenti premium; i varietali autoctoni come il Nero d’Avola o il Montepulciano stanno trovando uno spazio sempre più rilevante, grazie alla loro versatilità e al fascino esercitato dalle tradizioni regionali italiane.

L’Italia rappresenta inoltre un partner privilegiato per l’Australia non solo dal punto di vista commerciale, ma anche culturale ed enogastronomico: il vino italiano si inserisce in un contesto in cui la cucina mediterranea è ormai parte integrante del lifestyle urbano australiano, con oltre un milione di cittadini di origine italiana che continuano a svolgere un ruolo di ponte tra i due Paesi.

Tale legame si riflette anche nelle collaborazioni istituzionali e promozionali, come dimostrano le iniziative organizzate dall’Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia e dall’Agenzia ICE, volte a rafforzare la percezione del vino italiano come simbolo di eccellenza e sostenibilità. Alla luce di queste dinamiche, le prospettive per i produttori italiani risultano particolarmente favorevoli: la presenza di un consumatore evoluto, disposto a riconoscere e premiare la qualità, rende l’Australia un mercato strategico su cui investire con politiche mirate di branding, storytelling e posizionamento di gamma. In un contesto globale sempre più competitivo, il vino italiano in Australia non è soltanto un prodotto commerciale, ma un ambasciatore di cultura, identità e stile di vita che rafforza le relazioni economiche e sociali tra i due Paesi. 

(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia inc.)

 

Ultima modifica: Giovedì 11 Settembre 2025
Giovedì 11 Settembre 2025

Notizie dai mercati esteri - Brasile

La COP30 mette l'Amazzonia e la sostenibilità al centro del dibattito

I leader mondiali discuteranno di clima, foreste ed energia pulita

Alla vigilia della 30ª Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climaticiCOP-30, le discussioni sul futuro del pianeta stanno prendendo piede! Temi essenziali come la riduzione delle emissioni, gli investimenti nelle energie rinnovabili, la salvaguardia delle foreste e della biodiversità e la giustizia climatica saranno al centro dell'incontro, che riunirà leader mondiali, scienziati e rappresentanti della società civile a Belém, Pará.

Tuttavia, questa battaglia ambientale dura da molto tempo e si è consolidata nel 1997. In quell'anno, un trattato internazionale ha stabilito impegni più severi per ridurre le emissioni di gas che aggravano l'effetto serra, ritenuto la causa dell'aumento anomalo della temperatura media del pianeta.

Il Protocollo di Kyoto, il primo accordo globale contro l'inquinamento, è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, stabilendo obiettivi di riduzione delle emissioni per i paesi sviluppati. Il suo nome deriva dal fatto che è stato firmato nella città giapponese di Kyoto.

La proposta prevedeva che i paesi più inquinanti promuovessero maggiori tagli alle proprie emissioni.

Almeno 30 nazioni industrializzate si sono impegnate a ridurre le proprie emissioni di gas nocivi di circa il 5% entro il 2012, rispetto ai livelli del 1990.

Alexandre Prado, responsabile dei Cambiamenti Climatici presso il WWF Brasile, il World Wildlife Fund, spiega come si è svolto questo processo.

Tra le altre innovazioni, l'accordo ha creato un mercato dei crediti di carbonio, in cui i paesi con emissioni ridotte hanno iniziato a guadagnare crediti e a venderli ai paesi più inquinanti.

Il Protocollo di Kyoto ha istituito un sistema rigoroso per il monitoraggio, la revisione e la verifica dell'accuratezza delle registrazioni di queste transazioni.

Il Protocollo ha inoltre aiutato i paesi ad adattarsi agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e ha facilitato lo sviluppo e l'implementazione di tecnologie per aumentare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici.

Secondo l'ambientalista Alexandre Prado, grazie al trattato internazionale, il Brasile ha compiuto progressi nella legislazione ambientale.

Nel 2015, il mondo ha compiuto un altro passo avanti sulle questioni climatiche. L'Accordo di Parigi ha sostituito il Protocollo di Kyoto ed è tuttora il documento in vigore. Nei suoi primi sette anni, non meno di 194 paesi hanno firmato l'accordo, impegnandosi a ridurre le emissioni per mantenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali.

Ora, ci si aspetta che tutte queste questioni, così come le discussioni sui finanziamenti per i paesi in via di sviluppo, acquisiscano importanza alla COP-30.

La proposta è di rafforzare gli obiettivi di decarbonizzazione, i progressi nella sostenibilità e l'economia verde stabiliti dall'Accordo di Parigi.

Tutto questo, in circa due mesi, quando si aprirà la COP-30. Tra il 10 e il 21 novembre, la Conferenza rivolgerà l'attenzione del mondo al Brasile settentrionale, che ospita un gioiello ambientale: la regione amazzonica, parte della più grande foresta pluviale tropicale del mondo.

 

Fonte: Rádio Agência | Agência Brasil

 

6 pizzerie brasiliane tra le migliori al mondo nel 2025

Indirizzi di San Paolo e Rio de Janeiro figurano nell'attuale edizione del premio italiano 50 Top Pizza World, tra cui una pizzeria di San Paolo tra le prime 3

Sei pizzerie brasiliane sono tra le 100 migliori al mondo. Anche San Paolo e Rio de Janeiro sono presenti nella classifica italiana 50 Top Pizza World 2025, che elegge ogni anno le migliori pizzerie del mondo. Il risultato è stato annunciato durante un evento a Napoli, l’8 settembre.

La pizzeria brasiliana più in alto nella classifica è Leggera Pizzeria Napoletana, al terzo posto. André Guidon dirige le attività di Leggera, che si estendono su due sedi a San Paolo, una a Perdizes e l'altra a Jardins. Il marchio si concentra sulla pizza napoletana, cotta nel forno a legna a 450°C con impasto a lievitazione naturale.

"È un onore salire sul palco con grandi maestri della pizza. Essere qui è incredibile", ha detto André durante la cerimonia.

Al 31° posto si piazza Ferro e Farinha, l'unica pizzeria di Rio de Janeiro in classifica. La pizzeria è guidata dallo chef Sei Shiroma, che ha iniziato a vendere pizze da un veicolo convertito in giro per la Città Meravigliosa. Oggi la pizzeria ha cinque sedi: a Botafogo, Ipanema, Barra da Tijuca e due a Leblon.

Al 36° posto, ex aequo: QT Pizza Bar e A Pizza da Mooca occupano entrambi la stessa posizione. Entrambi hanno sede a San Paolo. QT si trova nel quartiere di Cerqueira César, vicino a Oscar Freire, ed è gestito dall'imprenditore Matheus Ramos. Nel 2024, Ramos è stato nominato "Pizzaiolo dell'Anno" dallo stesso premio. A Pizza da Mooca ha tre sedi a San Paolo: a Mooca, a Pinheiros e una aperta lo scorso dicembre a Vila Mariana. Il marchio è gestito dallo chef Fellipe Zanuto.

Un altro rappresentante di San Paolo è presente nella lista: Unica Pizzeria, che si piazza al numero 50. Gestito da Mauro Clemente, il ristorante si trova a Campo Belo e punta sulla pizza napoletana come protagonista del menù.

Infine, la pizzeria Veridiana Pizzaria di San Paolo si classifica al 96° posto. Ha tre sedi, a Perdizes, Higienópolis e Jardins. Insieme, i ristoranti servono circa 30.000 clienti al mese nelle loro sale, oltre a circa 15.000 ordini di consegna a domicilio. Quest'anno, la pizzeria celebra il suo 25° anniversario attraverso collaborazioni con chef rinomati.

Ad aprile, la sezione regionale del premio, 50 Top Pizza Latin America, che premia le migliori pizzerie dell'America Latina, ha selezionato 25 locali nazionali per la sua classifica. In quell'occasione, la Leggera Pizzeria Napoletana è stata nominata Migliore Pizzeria dell'America Latina per la seconda volta consecutiva.

 

Le 10 migliori pizzerie del mondo

Delle prime 10 pizzerie nella classifica delle 50 migliori pizzerie del mondo 2025, cinque si trovano in Italia. Anche Brasile, Stati Uniti, Inghilterra e Giappone hanno delle rappresentanze.

Scopri di seguito le 10 migliori pizzerie della classifica 50 Top Pizza World 2025:

  1. (TIE) Una Pizza Napoletana (New York, USA) e I Masanielli - Francesco Martucci (Caserta, Italia)
  2. The Pizza Bar sulla 38a (Tokyo, Giappone)
  3. Leggera Pizzeria Napoletana (San Paolo, Brasile)
  4. (TIE) Pizzeria Diego Vitagliano (Napoli, Italia) e Confine (Milano, Italia)
  5. Napoli on the Road (Londra, Inghilterra)
  6. Seu Pizza Illuminati (Roma, Italia)
  7. I Tigli (San Bonifacio, Italia)
  8. Baldoria (Madrid, Spagna)
  9. Pizzeria Sei (Los Angeles, Stati Uniti)
  10. Tony's Pizza Napoletana (San Francisco, Stati Uniti)

Secondo l'organizzazione, la classifica si basa sui voti degli ispettori anonimi coinvolti nell'assegnazione del premio, che pagano il conto come qualsiasi altro cliente. Vengono valutati i seguenti parametri: cibo, servizio, struttura, atmosfera, tempi di attesa, menu e bevande.

Consulta la classifica completa sul sito web dei premi.

 

Fonte: CNN Viagem & Gastronomia

(Contenuto editoriale a cura della Câmara de Comércio Italiana de São Paulo - ITALCAM)

Ultima modifica: Giovedì 11 Settembre 2025