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Martedì 5 Agosto 2025

Il Rio de Janeiro supera i 1,5 GW di generazione solare e guida la transizione energetica in Brasile

In un contesto globale sempre più orientato verso la decarbonizzazione e la sostenibilità, il Brasile si consolida come uno dei principali attori del panorama energetico rinnovabile, e lo Stato di Rio de Janeiro si distingue come uno dei protagonisti più dinamici di questa transizione. Con un traguardo storico recentemente raggiunto — oltre 1,5 gigawatt (GW) di capacità installata in generazione di energia solare propria — Rio de Janeiro non solo rafforza il proprio ruolo nella matrice energetica nazionale, ma si afferma come riferimento strategico per investimenti green nel Paese.

Secondo dati dell'Associação Brasileira de Energia Solar Fotovoltaica (ABSOLAR), Rio ha superato la marca dei 1,5 GW di potenza fotovoltaica distribuita, derivante principalmente da impianti di micro e minigenerazione installati in abitazioni, aziende, proprietà rurali e edifici pubblici. Questo risultato colloca lo Stato all’ottava posizione nel ranking nazionale, contribuendo con circa il 4,6% dell’energia solare distribuita in tutto il Brasile.

Dietro questi numeri si nasconde un fenomeno più ampio e strategico: l’ascesa della generazione distribuita come modello decentralizzato e democratico di produzione energetica. L’adozione di impianti fotovoltaici ha visto un’accelerazione significativa grazie a una combinazione di fattori: l’aumento della consapevolezza ambientale, le politiche pubbliche incentivanti, la crescente competitività economica dei sistemi solari e le incertezze legate alla volatilità delle tariffe elettriche.

In tutto il territorio fluminense, sono già più di 171.000 le connessioni operanti in generazione distribuita, che beneficiano direttamente oltre 203.000 consumatori. Si tratta di famiglie e imprese che hanno scelto l’autonomia energetica, riducendo la dipendenza dalla rete tradizionale e, contemporaneamente, contribuendo alla mitigazione delle emissioni di gas serra.

L’impatto economico del settore è altrettanto rilevante. L’espansione dell’energia solare ha generato più di 45.000 posti di lavoro nello Stato, secondo ABSOLAR, attirando investimenti che superano i 7,5 miliardi di reais (circa 1,4 miliardi di euro). Un effetto moltiplicatore che abbraccia settori come la produzione di componenti, l’ingegneria, l’installazione, la manutenzione e i servizi finanziari.

L’interesse per il settore si riflette anche nella strategia del Governo statale, che ha adottato misure per promuovere la transizione energetica e attrarre capitali green. Iniziative di partenariato pubblico-privato, agevolazioni fiscali e programmi di formazione professionale sono tra gli strumenti utilizzati per consolidare l’ecosistema solare.

Il potenziale è ancora enorme. Secondo stime del settore, Rio de Janeiro ha una capacità tecnica molto superiore a quella attualmente installata, con possibilità significative di espansione sia in aree urbane che rurali. Il clima favorevole, l’alto irraggiamento solare e la crescente digitalizzazione della rete elettrica sono elementi che rafforzano la competitività dello Stato in questo ambito.

In un Paese che dipende storicamente dall’idroelettrico, ma che affronta le sfide poste dai cambiamenti climatici, la diversificazione della matrice energetica attraverso fonti come il fotovoltaico diventa non solo auspicabile, ma essenziale. Rio de Janeiro dimostra che è possibile coniugare crescita economica, innovazione e sostenibilità, posizionandosi come polo di riferimento nella transizione energetica brasiliana.

Il futuro della generazione distribuita in Brasile passa anche da qui: dalla capacità degli Stati di mobilitare risorse, innovare nei modelli di consumo e produzione, e integrare le fonti rinnovabili in una visione sistemica. Rio de Janeiro, con i suoi 1,5 GW solari, mostra la strada.

(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

Aggiornamento sui dazi tra Stati Uniti e Thailandia: cosa significa per il commercio e le imprese

Gli Stati Uniti hanno recentemente annunciato un cambiamento significativo nei dazi applicati ai prodotti thailandesi. Invece dell’aliquota originariamente prevista del 36%, la Thailandia dovrà ora affrontare un dazio ridotto al 19% sulle sue esportazioni verso gli USA, a partire dal 1° agosto 2025.
Si tratta di una buona notizia per la Thailandia, poiché riduce i costi per gli esportatori thailandesi e porta l’aliquota più vicina a quella applicata ad altri paesi del Sud-est asiatico, come Indonesia, Malesia e Filippine.

Come si è arrivati a questo risultato?

All’inizio dell’anno, il presidente statunitense Donald Trump aveva minacciato dazi molto alti su diversi paesi del Sud-est asiatico, tra cui Thailandia e Cambogia. Questo in parte a causa delle tensioni politiche tra i due paesi, sfociate in scontri violenti lungo il confine. Dopo che Thailandia e Cambogia hanno raggiunto un cessate il fuoco, gli Stati Uniti hanno deciso di ridurre i dazi al 19%, invece del 36% inizialmente previsto. Inoltre, la Thailandia ha accettato di aprire maggiormente il proprio mercato ai prodotti americani, rimuovendo i dazi su circa il 90% delle merci provenienti dagli USA. Questo impegno include un piano per ridurre l’elevato surplus commerciale della Thailandia con gli Stati Uniti del 70% nei prossimi tre anni.

Cosa significa il dazio del 19% per la Thailandia?

L’aliquota ridotta rappresenta un passo positivo per il commercio thailandese, poiché gli Stati Uniti sono uno dei principali mercati di esportazione del paese, rappresentando circa il 18% delle esportazioni totali lo scorso anno. Ridurre i dazi consente ai prodotti thailandesi di restare competitivi nel mercato statunitense. Tuttavia, per ottenere questo taglio, la Thailandia dovrà accettare un maggior afflusso di prodotti americani nel proprio mercato. Ciò potrebbe mettere in difficoltà alcune industrie locali. Prodotti come guanti in gomma, cibo per animali, gioielli e elettrodomestici potrebbero subire un calo nelle vendite, dovendo competere con beni americani economici e di alta qualità.

Le piccole e medie imprese (PMI) thailandesi potrebbero affrontare sfide significative. Molte operano con margini di profitto molto ristretti, e i nuovi dazi sulle esportazioni verso gli USA potrebbero ridurre ulteriormente i guadagni. Alcune aziende potrebbero trovare troppo costoso competere e decidere di posticipare investimenti o spostare la produzione in paesi con costi più bassi. Anche agricoltori e produttori alimentari sono preoccupati. Prodotti agricoli americani a basso costo come mais, soia e carne di maiale potrebbero entrare in grandi quantità nel mercato thailandese, creando una forte concorrenza per i produttori locali. Gli esperti avvertono che questo potrebbe compromettere la sicurezza alimentare della Thailandia a lungo termine, se il paese dovesse diventare troppo dipendente dalle importazioni.

D’altra parte, i consumatori thailandesi potrebbero beneficiare di prezzi più bassi e di una maggiore disponibilità di prodotti americani. Frutta (soprattutto mele e uva), cosmetici, vitamine e componenti elettronici provenienti dagli USA potrebbero diventare più economici e più facilmente reperibili. Inoltre, l’importazione a prezzi ridotti di mangimi per animali dagli USA potrebbe abbassare i costi per gli allevatori avicoli thailandesi, aiutandoli a restare competitivi sia sul mercato interno che su quello estero. Per quanto riguarda la carne bovina, una maggiore disponibilità di manzo americano potrebbe offrire più scelta e prezzi più bassi ai consumatori, soprattutto per i tagli di qualità. Tuttavia, gli allevatori locali, in particolare quelli su piccola scala, potrebbero trovarsi in difficoltà a causa dei costi di produzione più elevati.

Guardando oltre il mercato statunitense

La Thailandia non punta solo sugli Stati Uniti per far crescere le sue esportazioni. Il governo sta lavorando a un accordo di libero scambio con l’Unione Europea, che potrebbe aprire l’accesso a 27 paesi e aiutare a bilanciare l’impatto dei dazi. Anche altre regioni come Medio Oriente, America Latina ed Eurasia offrono nuove opportunità per gli esportatori thailandesi, in particolare nel settore alimentare e del pet food. L’accordo sui dazi tra Stati Uniti e Thailandia, raggiunto dopo dure negoziazioni, offre alla Thailandia un sollievo grazie a un’aliquota del 19% anziché il 36%. Tuttavia, ciò comporta anche una maggiore concorrenza per le imprese locali e gli agricoltori, a causa dell’afflusso di prodotti americani nel mercato. Mentre i consumatori potrebbero beneficiare di prezzi più bassi e maggiore scelta, il governo dovrà sostenere i settori più colpiti e cercare nuove opportunità commerciali. In generale, si tratta di un risultato migliore del previsto, ma che pone comunque delle sfide per l’economia thailandese.

Opportunità per la Camera di Commercio Thai-Italiana e per le aziende italiane nel contesto del nuovo accordo USA-Thailandia

La Camera di Commercio Thai-Italiana (TICC) può svolgere un ruolo fondamentale nell’aiutare le imprese ad adattarsi al nuovo panorama commerciale. Può supportare i propri membri nella comprensione dell’impatto dell’accordo e nello sviluppo di strategie per aumentare la propria competitività. Inoltre, la Camera può promuovere lo scambio di conoscenze e favorire la collaborazione tra aziende thailandesi e italiane, alla ricerca di nuove opportunità in settori meno esposti alla concorrenza dei prodotti americani. Per le aziende italiane, questo nuovo scenario commerciale rappresenta un’opportunità per rafforzare la propria presenza nel mercato thailandese, offrendo prodotti di alta qualità e differenziati, in linea con le esigenze locali. La TICC può supportare gli esportatori italiani nella comprensione delle normative, nella creazione di partnership e nella promozione dei marchi italiani attraverso campagne di marketing mirate.

(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

Metalmeccanica: opportunità per Italia e Germania

Il settore metalmeccanico rappresenta un pilastro economico fondamentale sia per l’Italia che per la Germania. Entrambi i Paesi, con strutture industriali complementari, offrono solide prospettive di crescita e ampie opportunità di collaborazione in questo comparto strategico.

Nel 2024, l’Italia ha registrato un fatturato superiore ai 146 miliardi di euro, con una crescita prevista tra il 5% e l’8% per il 2025. Il mercato italiano è fortemente orientato all’innovazione, grazie a un’accelerazione verso la digitalizzazione e all’adozione di tecnologie Industria 4.0 e 5.0, che includono un crescente uso di intelligenza artificiale e machine learning per migliorare efficienza e sostenibilità produttiva. Nonostante le sfide legate all’aumento dei costi energetici e alla carenza di competenze specializzate, le imprese italiane investono intensamente in ricerca e sviluppo, supportate da programmi nazionali come “Transizione 5.0” e da agevolazioni fiscali dedicate all’innovazione.

La Germania si conferma il principale partner commerciale dell’industria metalmeccanica italiana, rappresentando oltre il 25% delle importazioni italiane di macchinari e il secondo mercato di destinazione per le esportazioni italiane, con una quota superiore al 10%. Questa solida relazione commerciale evidenzia l’importanza di rafforzare ulteriormente le collaborazioni bilaterali, favorendo scambi tecnologici e commerciali strategici.

Guardando al futuro, la crescente integrazione delle filiere produttive e gli investimenti congiunti in sostenibilità e innovazione digitale saranno elementi chiave per consolidare la competitività di entrambi i Paesi sui mercati globali. La cooperazione italo-tedesca nel metalmeccanico promette così di diventare un motore di crescita sostenibile e innovazione negli anni a venire.

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Germania (ITKAM))

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

Hong Kong conferma una crescita stabile nel secondo trimestre del 2025

Nonostante le sfide e i fattori esterni, Hong Kong ha continuato a dimostrare la sua straordinaria resilienza con un'economia in crescita nel secondo trimestre di quest'anno. Con dieci trimestri consecutivi di crescita del PIL, trainata dalle esportazioni, dagli investimenti e dai consumi privati, il segretario finanziario di Hong Kong Paul Chan Mo-po si dichiara cautamente ottimista riguardo alla futura crescita economica della città. È essenziale comprendere le tendenze positive riscontrate nei dati appena pubblicati per il secondo trimestre di quest'anno per comprendere meglio l'evoluzione del panorama economico di Hong Kong nel corso dell'anno.

I dati pubblicati dal Dipartimento di censimento e statistica di Hong Kong rivelano che il PIL di Hong Kong è cresciuto del 3,1% su base annua nel secondo trimestre di quest'anno, in aumento rispetto alla crescita del 3,0% del trimestre precedente. Il successo della crescita economica di Hong Kong nella prima metà del 2025 è attribuibile principalmente alla crescita economica costante nella Cina continentale e in Asia e alle varie politiche del governo di Hong Kong che hanno stimolato i consumi, diversificato i mercati e promosso la crescita economica.

La crescita più significativa di questo secondo trimestre è stata registrata nelle importazioni e nelle esportazioni di beni e servizi. Le importazioni di beni sono aumentate dell'11,5% rispetto alla crescita dell'8,4% registrata nel primo trimestre, mentre le importazioni di beni sono cresciute in modo significativo, passando dal 7,2% del primo trimestre del 2025 al 12,7%. Questa crescita delle importazioni di beni e servizi è indice di intense attività commerciali con altri paesi, mentre la crescita delle esportazioni di servizi è attribuibile all'aumento del turismo e alle vivaci attività dei servizi alle imprese.

D'altra parte, la crescita delle esportazioni di beni è più particolare a causa dell' “effetto spedizioni urgenti” derivante dalle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Una delle principali sfide di questo trimestre per la crescita economica di Hong Kong è stata l'incertezza delle imprese dovuta alle continue escalation commerciali tra Stati Uniti e Cina. Poiché le continue tensioni commerciali hanno causato incertezza nell'economia globale, il clima di fiducia delle imprese di Hong Kong ha subito pressioni. A causa dell'allentamento temporaneo delle misure tariffarie statunitensi, si sono verificate spedizioni urgenti che hanno avuto un impatto positivo sulla crescita economica di Hong Kong nel secondo trimestre, poiché hanno stimolato le esportazioni. Tuttavia, si prevede che questo effetto delle spedizioni urgenti svanirà nel corso dell'anno. 

Un'altra sfida che la città continua ad affrontare è rappresentata dalla bassa spesa per consumi e dal clima di sfiducia dei residenti di Hong Kong. Tuttavia, il rapporto sul PIL del secondo trimestre ha rivelato che la spesa per consumi privati è cresciuta dell'1,9% rispetto al calo dell'1,2% registrato nel primo trimestre. Ciò avviene dopo un calo continuo della spesa privata per quattro trimestri consecutivi, a dimostrazione del fatto che il mercato dei consumi di Hong Kong si sta stabilizzando e sta registrando una ripresa. La ripresa dei consumi privati interni in questo trimestre è stata favorita da un aumento costante dei redditi da lavoro e dalle politiche del governo di Hong Kong volte a promuovere il turismo con grandi eventi. 

Nonostante le continue incertezze nel commercio internazionale, in particolare con gli Stati Uniti e la Cina, Hong Kong ha dimostrato una notevole resilienza, registrando una crescita positiva del PIL reale del 3,1% nel secondo trimestre. Sebbene le incertezze persistano e si preveda che l'effetto della corsa alle spedizioni per le esportazioni si attenui nel corso dell'anno, il governo di Hong Kong ha preso l'iniziativa e ha attuato politiche e misure per garantire che l'economia di Hong Kong si riprenda e continui a crescere.

 

Fonti:

(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce in Hong Kong and Macao)

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

Negoziazioni sulle tariffe Thailandia–USA: Cronaca e Prospettive Economiche

Con l’avvicinarsi della scadenza del 1° agosto 2025, la Thailandia si trova al centro di delicate negoziazioni commerciali con gli Stati Uniti, che potrebbero influenzare profondamente le prospettive economiche del Paese. È infatti in discussione una decisione cruciale: se ridurre o meno le tariffe doganali sulle importazioni statunitensi, con al centro del dibattito la proposta controversa di Washington per l’eliminazione totale delle tariffe. Questo rapporto ricostruisce in ordine cronologico gli sviluppi degli ultimi giorni, evidenziando le posizioni politiche, gli avvertimenti economici e le risposte strategiche che si sono succeduti tra il 22 e il 30 luglio 2025.

22 luglio 2025 – La Thailandia respinge la proposta statunitense di zero tariffe
Il 22 luglio, il governo thailandese ha pubblicamente respinto la proposta degli Stati Uniti di eliminare tutte le tariffe sulle merci americane. Il Vice Primo Ministro e Ministro delle Finanze, Pichai Chunhavajira, insieme al Vice Ministro delle Finanze, Julapun Amornvivat, ha dichiarato senza mezzi termini che tale politica esporrebbe i produttori locali, in particolare nei settori agricolo e alimentare, a una concorrenza eccessiva. Inoltre, andrebbe contro i principi della “nazione più favorita” (MFN) previsti dagli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Accettare l’offerta costringerebbe infatti la Thailandia a estendere simili concessioni a tutti i suoi partner commerciali.
Piuttosto che abbracciare una liberalizzazione totale, i negoziatori thailandesi stanno cercando un accordo più equilibrato. Pur essendo aperti a una riduzione dell’attuale tariffa media del 36%, insistono sul fatto che la tariffa finale debba restare competitiva ma allo stesso tempo tutelare i settori domestici strategici. Parallelamente, il governo sta predisponendo una serie di misure di sostegno per mitigare gli impatti negativi, tra cui un fondo da 200 miliardi di baht per offrire prestiti agevolati e liquidità alle imprese che potrebbero subire conseguenze dai futuri adattamenti commerciali.

23 luglio 2025 – Cresce l’allarme tra le industrie esportatrici
Mentre le trattative continuano, nella mattina del 23 luglio si è registrato un crescente allarme da parte del settore industriale thailandese. Rappresentanti di sette principali settori orientati all’export – abbigliamento, tessile, elettronica, alimenti trasformati, gioielleria, elettrodomestici e prodotti in gomma – hanno lanciato l’allarme sulle gravi conseguenze in caso di mantenimento delle tariffe al 36%. Una mancata riduzione rischia di compromettere la competitività, spingendo ordini e investimenti futuri verso concorrenti regionali come Vietnam, Indonesia e Malesia.
Le implicazioni sociali e occupazionali di un accordo fallito sarebbero significative. I leader del settore stimano perdite di posti di lavoro tra uno e due milioni di persone, con centinaia di migliaia a rischio nei comparti dell’abbigliamento, elettronica e gioielleria. Sebbene l’eliminazione totale delle tariffe sia considerata politicamente ed economicamente insostenibile, molte voci industriali auspicano una riduzione moderata, intorno al 20–25%, sufficiente a mantenere la posizione della Thailandia nelle catene globali di fornitura.

23 luglio 2025 – Le previsioni economiche evidenziano i rischi sistemici
L’Economic Intelligence Center (EIC) della Siam Commercial Bank ha pubblicato una serie di previsioni economiche che quantificano le conseguenze macroeconomiche di diversi scenari tariffari. In assenza di un accordo, l’EIC prevede una crescita del PIL limitata all’1,1% nel 2025, e in ulteriore calo allo 0,4% nel 2026, principalmente a causa della perdita di competitività dell’export e del calo di fiducia degli investitori.
Una riduzione parziale delle tariffe, stimata attorno al 25%, offrirebbe un margine di protezione, sostenendo una crescita dell’1,5% nel 2025 e dell’1,2% nel 2026. Nello scenario più favorevole, con tariffe competitive allineate agli standard regionali, l’economia potrebbe mantenere uno slancio moderato, con una crescita prevista dell’1,4% nel 2026. Tuttavia, oltre agli effetti diretti sul commercio, il rapporto dell’EIC mette in guardia su possibili contromisure da parte degli Stati Uniti, inclusi controlli più severi sulla trans-shipment e sulla certificazione dell’origine delle merci.

24 luglio 2025 – La Thailandia presenta la proposta finale
Il 23 luglio la Thailandia ha formalmente presentato la propria offerta finale agli Stati Uniti, i cui dettagli sono stati riportati il 24 luglio. La proposta prevede una tariffazione in linea con quella dei Paesi ASEAN, prendendo a riferimento il 20% del Vietnam e il 19% dell’Indonesia. I negoziatori thailandesi hanno anche citato il recente accordo con il Giappone, conclusosi con una tariffa del 15%, come esempio di compromesso realistico. Il governo spera che, inserendo la proposta all’interno di un chiaro quadro regionale, gli Stati Uniti rispondano in modo favorevole e scongiurino azioni che possano isolare la Thailandia dai flussi commerciali asiatici.

29 luglio 2025 – Trump collega il cessate il fuoco tra Thailandia e Cambogia alla ripresa dei negoziati commerciali
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato la ripresa delle negoziazioni commerciali con Thailandia e Cambogia, a seguito dell’accordo raggiunto tra i due Paesi per porre fine a cinque giorni di conflitto armato lungo il confine conteso, dopo averle interrotte proprio a causa di tali scontri.
Trump ha collegato direttamente il cessate il fuoco alla possibilità di una futura cooperazione commerciale, dichiarando che nessun accordo sarebbe stato concluso senza la fine delle ostilità. Attualmente, sia la Thailandia che la Cambogia rischiano l’imposizione di tariffe statunitensi del 36% entro venerdì 1° agosto, se non verranno finalizzati accordi con Washington. Le dichiarazioni di Trump confermano la sua strategia di utilizzare l’accesso al mercato statunitense come leva per risolvere crisi geopolitiche, rafforzando il legame tra negoziati economici e impegni di pace.

30 luglio 2025 – Le previsioni si consolidano: verso tariffe del 19-20%
Secondo le analisi diffuse il 30 luglio, gli esperti ritengono probabile che la tariffa finale imposta dagli Stati Uniti sulle esportazioni thailandesi si attesti tra il 19% e il 20%, in linea con i livelli applicati ad altri Paesi del Sud-Est asiatico. Krungsri Securities evidenzia come l’eventualità di un tetto massimo del 25% potrebbe rivelarsi un’opportunità strategica per le imprese esportatrici thailandesi, favorendo al tempo stesso l’attrazione di nuovi investimenti esteri.

Il clima di fiducia sui mercati internazionali è stato inoltre rafforzato dal recente accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea e dalla proroga della tregua tariffaria tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, persistono timori legati a possibili violazioni del cessate il fuoco con la Cambogia, che potrebbero mettere a rischio l’esito delle trattative all’ultimo momento. Nonostante queste incertezze, l’ipotesi di un’intesa commerciale resta concreta.

Conclusione

Le negoziazioni tariffarie tra Thailandia e Stati Uniti rappresentano un banco di prova fondamentale per la tenuta economica e politica del governo thailandese. La decisione di respingere una liberalizzazione totale ha segnato l’intenzione di mantenere un equilibrio tra apertura internazionale e difesa dei settori produttivi locali. Allo stesso tempo, l’industria e gli analisti economici hanno messo in luce la necessità urgente di un compromesso che eviti effetti devastanti su occupazione, investimenti e crescita.
Le recenti dichiarazioni di Trump e l’evoluzione del cessate il fuoco con la Cambogia confermano come le trattative commerciali siano profondamente intrecciate con le dinamiche geopolitiche regionali. In questo contesto, le previsioni di una tariffa finale del 19-20% sembrano offrire una via d’uscita concreta e condivisa, che potrebbe preservare la competitività della Thailandia nel contesto globale.
Nei prossimi giorni, sarà determinante il consolidamento del cessate il fuoco e la capacità del governo thailandese di negoziare con fermezza ma senza isolarsi. La posta in gioco non riguarda solo le tariffe, ma il futuro economico del Paese nel contesto internazionale. Un accordo bilanciato rappresenterebbe non solo un successo diplomatico, ma anche un segnale positivo per i mercati e per la stabilità a lungo termine.

(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

Turismo internazionale in Calabria: tedeschi in vetta

Calabria, una meta turistica sempre più amata e ambita: lo rivelano i dati diffusi dalla Regione sui flussi turistici riferiti al primo quadrimestre del 2025. Da gennaio ad aprile sono stati registrati in totale oltre 224.000 arrivi e 464.240 pernottamenti, segnando il miglior risultato degli ultimi cinque anni. A trainare la crescita del comparto i turisti internazionali, con un aumento del 45,8% negli arrivi e del 50% nelle presenze rispetto allo stesso periodo del 2024. La Germania si conferma il primo paese di provenienza dei turisti internazionali. I visitatori tedeschi rappresentano oltre il 16% degli arrivi e ben il 24% delle presenze internazionali nella Regione.

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Germania (ITKAM))

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

La vendita di macchinari e attrezzature cresce del 26% in Brasile

Nel mese di maggio 2025, il settore brasiliano di macchinari e attrezzature ha registrato una crescita significativa del 26,1% rispetto allo stesso mese del 2024, secondo i dati diffusi dall’Associação Brasileira da Indústria de Máquinas e Equipamentos (Abimaq). Il risultato segna non solo una ripresa in termini numerici, ma riflette anche un cambiamento strutturale nell’industria manifatturiera del Paese.

Dopo mesi di instabilità e un inizio d’anno ancora segnato dalle incertezze macroeconomiche globali, il risultato di maggio ha rappresentato la seconda crescita mensile consecutiva per il settore, che ha raggiunto un fatturato di 25,63 miliardi di reais (circa 4,6 miliardi di euro). Se confrontato con aprile 2025, l'incremento è stato del 16,3%, indicando un'accelerazione del ritmo produttivo e commerciale.

Il traino della domanda interna

Uno degli elementi più rilevanti di questa ripresa è il ruolo propulsivo del mercato interno. Le vendite domestiche hanno registrato un incremento del 31,2% rispetto a maggio 2024, rappresentando circa l’80% del totale. Questo dato segnala una maggiore fiducia degli imprenditori brasiliani e un rilancio degli investimenti da parte del settore privato, che sembra rispondere positivamente a un contesto di credito più stabile e incentivi pubblici focalizzati sulla modernizzazione industriale.

La domanda è cresciuta soprattutto in settori chiave come agricoltura, costruzioni e industria di base, che storicamente costituiscono le fondamenta del comparto di beni strumentali in Brasile. La dinamica positiva riflette anche una crescente attenzione verso la digitalizzazione e l’automazione dei processi produttivi, con un aumento degli ordini di macchinari più tecnologicamente avanzati.

Le esportazioni restano sotto pressione

In controtendenza, le esportazioni di macchinari e attrezzature continuano a mostrare segni di debolezza. A maggio, le vendite all’estero sono diminuite del 14,9% rispetto allo stesso mese del 2024, totalizzando 822 milioni di dollari. Le difficoltà sono attribuite in gran parte alla lenta ripresa dell’economia globale e alla maggiore concorrenza internazionale, soprattutto da parte di paesi asiatici che offrono prezzi più competitivi.

Questa contrazione ha portato il saldo della bilancia commerciale del settore a un deficit di 1,74 miliardi di dollari nei primi cinque mesi dell’anno, aggravato anche dall’aumento delle importazioni, cresciute del 5,4% nello stesso periodo.

Prospettive per il secondo semestre

Nonostante la fragilità dell’export, le prospettive per il secondo semestre 2025 sono generalmente ottimiste. Secondo Abimaq, la continuità degli incentivi governativi alla reindustrializzazione, associata a un ambiente più favorevole agli investimenti e alla recente valorizzazione della produzione localizzata, potrà consolidare il ritmo di crescita registrato in maggio.

Il settore dei macchinari e attrezzature, considerato un termometro della fiducia imprenditoriale e dell’attività industriale, si conferma dunque come uno dei protagonisti della ripresa economica brasiliana. In un mondo in cui le catene di fornitura si riconfigurano e la sostenibilità diventa un asset competitivo, il Brasile sembra voler giocare un ruolo più centrale, investendo nella sua capacità produttiva interna.

Informazioni ufficiali fornite dal Agência Brasil

(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

Il Baht Tailandese sotto pressione tra il conflitto di confine e le incertezze commerciali

Il baht tailandese ha aperto questa mattina in calo, attestandosi a 32,50 baht per dollaro statunitense, riflettendo la crescente pressione dovuta alle tensioni al confine con la Cambogia e all’incertezza crescente attorno ai negoziati commerciali tra Thailandia e Stati Uniti. La valuta locale, che aveva mostrato segnali di ripresa all'inizio dell’anno, sta ora affrontando una nuova fase di volatilità, aggravata da rischi sia geopolitici che economici.

Un Punto di Svolta per il Baht
Secondo Krungthai GLOBAL MARKETS, il baht si è progressivamente deprezzato dalla fine della scorsa settimana, passando da 32,36 baht/dollaro il 25 luglio a 32,50 baht/dollaro il 29 luglio. Poon Panichphibun, stratega dei mercati monetari presso Krung Thai Bank, ha attribuito il calo alla combinazione tra il rafforzamento del dollaro, la discesa del prezzo dell’oro e l’aumento delle tensioni sul mercato legate al conflitto con la Cambogia. Il dollaro statunitense si è rafforzato lunedì dopo un brusco deprezzamento dell’euro, nonostante il nuovo accordo commerciale tra UE e USA. Questo rafforzamento del dollaro, assieme al calo dell’oro, ha esercitato ulteriore pressione sul baht, una valuta storicamente legata al commercio dell’oro, vista la posizione della Thailandia come hub regionale del metallo prezioso. Anche se nelle ultime settimane si sono registrati nuovi investimenti stranieri in Thailandia, questi segnali positivi sono passati in secondo piano a causa dei timori legati alla possibile imposizione di una tariffa del 36% sulle esportazioni thailandesi verso gli Stati Uniti. Il rischio di un fallimento nei negoziati commerciali, specialmente se il cessate il fuoco con la Cambogia non verrà mantenuto, rimane significativo. Gli analisti di mercato avvertono che, se il baht supererà in modo deciso la soglia di 32,50, potrebbe indebolirsi ulteriormente fino a 32,70–32,80 per dollaro.

Il Conflitto di Confine Minaccia la Stabilità Economica
Ad aggravare le preoccupazioni sul mercato valutario c’è l’escalation del conflitto di confine tra Thailandia e Cambogia, scoppiato il 24 luglio. Secondo quanto riportato da The Nation, se le ostilità dovessero durare almeno un mese, la Thailandia potrebbe subire perdite economiche per 45,225 miliardi di baht, mentre quelle della Cambogia potrebbero toccare i 15,337 miliardi, per un impatto complessivo superiore ai 60 miliardi di baht. Le perdite per la Thailandia deriverebbero da interruzioni degli scambi commerciali di confine (20,567 miliardi), calo dell’attività economica nelle province di confine (24,657 miliardi) e una perdita stimata di quasi 8.000 posti di lavoro. La Cambogia, invece, potrebbe affrontare una crisi occupazionale ancora più grave, con oltre 185.000 posti di lavoro a rischio a causa della scarsità di beni tailandesi, del calo del turismo e della riduzione degli investimenti. Più a lungo durerà il conflitto, maggiore sarà il danno economico. Se i combattimenti dovessero protrarsi per due o tre mesi, le perdite potrebbero raddoppiare o persino triplicare.

Dal Rilancio alla Retromarcia: La Fragile Ascesa del Baht
Appena pochi giorni prima dell’inizio del conflitto, il baht aveva toccato il suo valore più alto degli ultimi due anni, arrivando a 32,11 per dollaro. Come riportato dal Bangkok Post, la valuta aveva guadagnato oltre il 6% nel corso dell’anno, trainata dall’ottimismo sui negoziati commerciali con gli USA, dall’aumento del prezzo dell’oro e dal rinnovato interesse degli investitori esteri per le azioni tailandesi. Il Ministro delle Finanze, Pichai Chunhavajira, aveva recentemente espresso fiducia nel fatto che la Thailandia fosse vicina a un accordo con gli Stati Uniti per evitare la tariffa minacciata del 36% e per allinearsi meglio agli standard regionali. Tuttavia, il conflitto con la Cambogia ha gettato ombre su questa prospettiva, rischiando di bloccare i progressi e minare la fiducia degli investitori. La Bank of Thailand (BoT) continua a tenere sotto stretto controllo l’andamento del baht. Le riserve in valuta estera, recentemente salite a un record di 263 miliardi di dollari, avevano permesso in passato alla banca centrale di intervenire per contenere il rafforzamento della moneta. Oggi, però, l’attenzione potrebbe spostarsi sulla necessità di gestire una possibile fase di indebolimento.

Prospettive Interne e Strada da Percorrere
All’interno del Paese, la questione più urgente resta il conflitto con la Cambogia. Un cessate il fuoco duraturo potrebbe calmare i mercati, sostenere il baht e rafforzare le possibilità della Thailandia di concludere un accordo commerciale con gli Stati Uniti. Sebbene un baht più debole renda la Thailandia più attraente per i turisti grazie ai costi di viaggio ridotti, le tensioni al confine stanno generando preoccupazione. Come riportato dal Bangkok Post, diversi siti turistici sono stati chiusi e sono stati emessi avvisi di sicurezza in province come Surin e Sa Kaeo. Di conseguenza, le prenotazioni alberghiere sono diminuite e molti viaggiatori stanno evitando le aree coinvolte. Ciò significa che i potenziali benefici derivanti da una valuta più debole rischiano di essere annullati dalle preoccupazioni per la sicurezza. Se i combattimenti continueranno o peggioreranno, la Thailandia potrebbe affrontare problemi ancora più gravi: ulteriore pressione sul baht, rallentamento del commercio, calo del turismo e una perdita di fiducia da parte degli investitori internazionali. In questo contesto di incertezza, gli esperti consigliano l’uso di strumenti finanziari come i contratti a termine e le opzioni valutarie per proteggersi da cambi improvvisi nei tassi di cambio.

(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

Villa Constitución: Porta d’Ingresso Strategica per le Aziende Italiane nel Mercato Sudamericano

La città di Villa Constitución, situata nella provincia di Santa Fe, in Argentina, si sta affermando come un centro logistico e commerciale di rilievo in Sud America grazie alla recente espansione della sua Zona Franca e all’inaugurazione di un moderno porto polifunzionale.

Nel gennaio 2025, l’Agenzia per la Riscossione e il Controllo Doganale (ARCA) ha approvato l’ampliamento della Zona Franca, che ora si estende su oltre 639.000 metri quadrati, includendo nuove Aree Primarie Doganali che ottimizzano i processi di controllo e facilitano le operazioni commerciali internazionali.

Nel novembre 2024 è stato inaugurato un porto polifunzionale, attrezzato per la gestione di carichi generici, alla rinfusa, siderurgici, minerari, liquidi e container. La struttura dispone di accesso diretto alle principali arterie stradali nazionali, migliorando significativamente la connettività logistica.

Per le aziende italiane, questa infrastruttura rappresenta un’opportunità strategica per accedere ed espandersi nel mercato sudamericano. La Zona Franca offre vantaggi fiscali rilevanti, tra cui esenzioni doganali, agevolazioni tributarie e una significativa riduzione dei costi operativi, incrementando la competitività dei prodotti italiani nella regione.

Inoltre, la posizione geografica e le infrastrutture logistiche favoriscono un collegamento efficiente con i principali poli industriali e commerciali dell’Argentina e dei Paesi limitrofi.

Il governo argentino, in collaborazione con il settore privato, sta lavorando attivamente per posizionare Villa Constitución come un nodo logistico strategico.  

(Contributo editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario​)

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025
Martedì 5 Agosto 2025

Hong Kong afferma la propria identità globale anche attraverso il passaporto

Hong Kong si distingue dalla Cina continentale per diversi aspetti, e tra questi spicca sempre di più la forza del suo passaporto. Secondo l’ultima edizione del Henley Passport Index – considerato tra i più autorevoli nel valutare la libertà di movimento internazionale – il passaporto di Hong Kong si posiziona al diciassettesimo posto, con accesso senza visto a 169 destinazioni. Si tratta di un miglioramento di una posizione rispetto all’aggiornamento precedente e di due posizioni rispetto al 2024.

Questo risultato risalta ancor di più se confrontato con la Cina continentale, che si trova solamente al sessantesimo posto, con accesso libero a 83 destinazioni. Anche Macao, altra regione ad amministrazione speciale della Cina, si colloca più in basso, al trentunesimo posto, con 144 destinazioni accessibili senza bisogno di visto.

La performance positiva di Hong Kong è confermata anche da altri indici internazionali. Il Guide Passport Index la colloca al quindicesimo posto, mentre il Global Passport Index pubblicato da Arton Capital la posiziona ancora più in alto, al tredicesimo posto, registrando anche un miglioramento del mobility score rispetto all’anno precedente.

Le differenze tra i vari ranking dipendono principalmente da approcci metodologici distinti. L’indice Henley, ad esempio, si basa esclusivamente sui dati forniti dall’International Air Transport Association (IATA), aggiornati su base mensile, e include nel punteggio solo le destinazioni accessibili senza visto, con visto all’arrivo o tramite autorizzazione elettronica di viaggio (eTA). Le e-Visa, ovvero i visti richiesti online che prevedono approvazione preventiva da parte delle autorità governative, non vengono considerate. Lo stesso vale per i visti all’arrivo che richiedono autorizzazioni prima della partenza: se è necessaria una valutazione preventiva da parte del governo, quel Paese viene escluso dal conteggio.

Il Global Passport Index di Arton Capital si distingue invece per la sua maggiore flessibilità metodologica e per un sistema di aggiornamento in tempo reale. In alcuni casi, include nel punteggio anche le e-Visa, purché queste vengano rilasciate in tempi molto rapidi, generalmente entro tre giorni. Inoltre, Arton ha sviluppato classifiche parallele, come l’Individual Passport Power Rank, in cui non si ammettono pari merito tra i passaporti. Questa differenza è resa possibile da un sistema di ponderazione che dà maggiore valore all’accesso completamente senza visto rispetto ad altre forme di ingresso, e in caso di punteggi identici, ricorre all’Indice di Sviluppo Umano (HDI) per determinare l’ordine. Lo stesso istituto ha introdotto anche il Global Passport Landpower Rank, una classifica innovativa che valuta i passaporti in base alla superficie geografica complessiva dei territori accessibili. In queste due classifiche alternative, Hong Kong si posiziona rispettivamente al quarantaseiesimo e ventiquattresimo posto. Sebbene questi risultati siano meno brillanti rispetto a quelli del ranking globale, restano comunque significativamente superiori a quelli della Cina continentale, che si trova al centododicesimo posto nell’Individual Rank e al novantunesimo nel Landpower Rank.

Il Guide Passport Index adotta un’impostazione simile a quella di Henley, escludendo dal conteggio le e-Visa complesse, ma si distingue per la ricchezza e la precisione delle informazioni fornite. Oltre a utilizzare i dati IATA, integra fonti ufficiali come siti web governativi, ambasciate, consolati, ministeri degli esteri e autorità turistiche. Questo approccio consente di offrire una panoramica più approfondita sulle modalità di ingresso in ciascuna destinazione, distinguendo chiaramente tra autorizzazioni elettroniche, visti richiesti in ambasciata o visti all’arrivo, specificando anche tempi, requisiti e documentazione necessaria. 

Nonostante le differenze metodologiche, tutti gli indici analizzati confermano la crescente forza del passaporto di Hong Kong rispetto a quelli di Macao e della Cina continentale. Ciò riflette una più ampia differenziazione nella percezione internazionale della regione, dimostrando una maggiore fiducia, apertura diplomatica e solidità delle relazioni bilaterali. È un segnale che contrasta con la narrativa secondo cui Hong Kong starebbe progressivamente perdendo la propria autonomia, e riafferma invece il valore e la riconoscibilità del modello “Un Paese, due sistemi” sulla scena globale. 

 

Fonti: 

(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce in Hong Kong and Macao)

Ultima modifica: Martedì 5 Agosto 2025