Lunedì 24 Novembre 2025
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Negli ultimi decenni la Polonia si è affermata come una delle economie più dinamiche e solide d’Europa. Tra il 1990 e il 2019 ha registrato la crescita più alta dell’intera area OCSE e oggi è la sesta economia dell’Unione Europea in termini di PIL. Con un bacino annuale di quasi 300.000 laureati, un livello molto alto di conoscenza della lingua inglese e una posizione geografica che la colloca al crocevia tra Est e Ovest, il Paese è diventato un hub strategico per gli investimenti internazionali.
La sua attrattività non si limita al business: la Polonia vanta 17 siti UNESCO, città riconosciute a livello globale come Wrocław, Cracovia e Danzica, ed è segnalata da Lonely Planet tra le dieci mete da visitare. Varsavia figura nella Top 20 delle città più vegan-friendly al mondo e, secondo fDi Intelligence, è quarta tra le “European Cities of the Future 2024” per vivacità e competitività economica.
Un settore aerospaziale con oltre un secolo di storia
L’aerospazio polacco è un settore strategico con più di 100 anni di tradizione e 80 anni di produzione aeronautica. Le imprese locali sono specializzate nella progettazione e manutenzione di velivoli sportivi, agricoli e da addestramento, elicotteri, alianti e componentistica aeronautica.
Dal 2014 è attiva la Polish Space Agency (POLSA), che collega ricerca e industria e supporta l’accesso ai fondi dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Solo nel comparto spaziale, oggi operano oltre 450 aziende e istituti di ricerca, con 15.000 addetti. Sul versante aeronautico, la sola Aviation Valley di Rzeszów riunisce 193 imprese e 35.000 dipendenti, concentrando il 90% della produzione nazionale.
Le esportazioni confermano la solidità del comparto: nel 2023 la Polonia ha superato 1,7 miliardi di euro di export in “aeromobili, veicoli spaziali e parti”, con una proiezione che tocca 1,85 miliardi di euro nel 2024.
Innovazione e grandi programmi internazionali
Le aziende polacche sono ormai parte attiva delle principali commesse europee: oltre la metà delle circa 300 imprese del settore partecipa ai bandi ESA, consolidando la reputazione internazionale del Paese.
Tra i progetti più significativi troviamo la missione JUICE dell’ESA (lanciata nell’aprile 2023, con arrivo previsto su Giove nel 2031), alla quale contribuiscono diversi attori polacchi, e IGNIS, la prima missione tecnologico-scientifica polacca verso la ISS, prevista per il 2025, che condurrà esperimenti in microgravità su salute degli astronauti, microbioma, nuovi materiali e intelligenza artificiale.
Sul fronte difesa, la storica PZL Mielec ha consegnato nel marzo 2023 le prime due strutture per l’F-16 Block 70/72, rafforzando la posizione della Polonia come player centrale nelle filiere europee e regionali della sicurezza.
Ecosistema e supporto istituzionale
La competitività del settore è sostenuta da quattro cluster aerospaziali principali, che favoriscono cooperazione, innovazione e accesso a fondi UE:
Al fianco delle imprese operano istituzioni di rilievo: la già citata POLSA, la Polish Air Navigation Services Agency e il Centro di Ricerca Spaziale dell’Accademia Polacca delle Scienze (CBK PAN), attivo in fisica e geodinamica. Inoltre, l’Istituto di Aviazione della Rete Łukasiewicz, operativo dal 1926 e partner di Boeing, GE, Airbus e Pratt & Whitney, rappresenta una delle infrastrutture di ricerca più moderne d’Europa.
Quali opportunità per le imprese italiane?
Il quadro che emerge è chiaro: la Polonia si posiziona come nuovo polo europeo dell’aerospazio, con una filiera strutturata e proiettata sui mercati internazionali. Per le aziende italiane, ciò significa la possibilità di:
Conclusioni
La Polonia si conferma un partner di primo piano per lo sviluppo dell’aerospazio europeo. La combinazione di stabilità macroeconomica, infrastrutture moderne, talenti qualificati e forte connessione con i programmi ESA e NATO crea uno scenario ideale per la cooperazione internazionale.
Per le aziende italiane della filiera aerospaziale, il Paese rappresenta non solo un mercato in espansione, ma soprattutto un hub strategico con cui costruire alleanze tecnologiche e industriali, rafforzare la competitività e accedere a nuove opportunità in Europa e oltre.
Fonte: Polish Investment & Trade Agency
L'imposizione dei dazi USA sulla Svizzera hanno provocato un +39% di tensione e un pressochè annullamento dell'export Oltreoceano.
Il settore della Meccanica, elettromiccanica e meccanica di precisione è quello che ne sta risentendo maggiormente, trattandosi di un asset trainante per l'economia della Confederazione.
Le produzioni più colpite e gli scenari futuri quali sono?
La puntata del Podcsat della Camera di Commercio Italia aper la Svizzera che vede protagonista Nicola Roberto Tettamanti, Presidente di Swissmechanic, la più grande associazione di categoria del settore MEM di tutta la Svizzera, ci permette di indagare la situazione del settore, le difficoltà che sta affrontando.
"Ci sono due fasi di crescita della tensione: il liberation day di aprile che ci aveva messo, come Paese, in una forte situazione di allarme, e l'annuncio dei Dazi definitivi che ci hanno messo in una condizione di serissima difficoltà: oggi il MEM svizzero, sommando tutto, ha un dazio verso gli USA del 45% . Come associazione nazionale abbiamo fatto diverse inchieste e attualmente abbiamo verificato che tra le 1300 aziende nostre associate il 76% ha degli interessi in export verso gli USA e, di queste, ben oltre la metà lamenta un fortissimo rallentamento degli ordinativi con export bloccato o in discussione tra i clienti. I problemi si stanno quindi accentuando. Tra le aziende elvetiche MEM più colpite si annoverano quelle di produzione:
- degli orologi
- dei macchinari per la produzione industriale (componenti automobilistici, aeronautica,...)
I nostri competitor principali sono gli asiatici (che hanno un dazio al 20-25%), e quelli tedeschi (dazio al 15% forfettario). Si capisce bene che, a meno che la produzione non sia esclusiva, su brevetto, o su commessa personaizzata, commercializzare le nostre produzioni MEM verso gli USA non è più così semplice e questo ci mette in serissima difficoltà competitiva. Io stesso, come imprenditore" conclude Tettamanti "avevo un export verso gli USA del 6-9% ora zono a zero":
Tutti i dettagli dell'intervista che ha visto protagonisti Ilaria Ceddia, Resp. settore Beni industriali della CCIS e Nicola Roberto Tettamanti, presidente di Swissmechanic, sono ascoltabili al link: https://www.spreaker.com/episode/il-settore-mem-in-svizzera-dai-dazi-usa...
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)
L'Australia si sta consolidando come una potenza mineraria globale grazie alle sue abbondanti risorse di minerali preziosi, tra cui oro, litio e terre rare. Questi minerali sono fondamentali per la transizione energetica e per lo sviluppo di tecnologie avanzate, attirando così l'interesse di investitori e partner tecnologici a livello internazionale, in particolare dall'Europa. Le principali aree minerarie del paese, come l'Australia Occidentale, l'Australia Meridionale e il Territorio del Nord, sono al centro di questa espansione, supportata da politiche governative mirate e da un ambiente normativo favorevole.
Nel settore dell'oro, l'Australia è uno dei principali produttori mondiali. Nel 2024, la produzione aurifera ha raggiunto 290.000 kg, confermando una leggera diminuzione rispetto all'anno precedente, ma mantenendo comunque livelli elevati di produzione. Le principali regioni produttrici includono l'Australia Occidentale, l'Australia Meridionale e il Territorio del Nord, dove operano alcune delle miniere più produttive, come Gruyere e St Ives, gestite da Gold Fields, che nel 2023 hanno contribuito per il 46% alla produzione totale del gruppo.
Per quanto riguarda il litio, l'Australia è il principale produttore mondiale, con una quota di mercato superiore al 50%. La produzione nel 2023 è stata stimata in 468.100 tonnellate di equivalente carbonato di litio, consolidando ulteriormente la posizione del paese come fornitore chiave per l'industria delle batterie e dei veicoli elettrici. Le principali miniere si trovano in Australia Occidentale, con il giacimento di Greenbushes, co-gestito da Tianqi Lithium e IGO Limited, che rappresenta una delle fonti più significative di litio a livello globale.
Anche le terre rare stanno acquisendo un'importanza crescente. L'Australia detiene almeno il 4% delle riserve mondiali di terre rare e si prevede che la sua produzione possa aumentare fino al 20-25% della fornitura globale entro il 2030, rispetto al circa 10% attuale. Questo incremento è favorito dalla crescente domanda di materiali come neodimio e praseodimio, fondamentali per la produzione di magneti permanenti utilizzati in applicazioni tecnologiche avanzate. Il governo australiano ha riconosciuto l'importanza strategica di questi minerali e ha implementato politiche di supporto per stimolare l'esplorazione e lo sviluppo del settore. La "Critical Minerals Strategy 2023-2030" mira a rafforzare la posizione dell'Australia come fornitore affidabile di minerali critici, attraverso investimenti in ricerca e sviluppo, incentivi fiscali per l'esplorazione e il finanziamento di progetti attraverso il Critical Minerals Facility e il National Reconstruction Fund.
Inoltre, l'Australia sta cercando di diversificare le proprie alleanze commerciali, mirando a partnership con paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Giappone e Corea del Sud, al fine di ridurre la dipendenza dalle catene di approvvigionamento dominanti, in particolare quelle legate alla Cina. Questo approccio è evidenziato dalla recente proposta di istituire una riserva strategica di minerali critici da 1,2 miliardi di dollari australiani, destinata a garantire forniture stabili e a promuovere accordi di vendita a lungo termine con alleati strategici. (fonte: Reuters, ottobre 2025)
In sintesi, l'Australia sta emergendo come un attore chiave nel panorama minerario globale, grazie alle sue abbondanti risorse di oro, litio e terre rare. Le politiche governative favorevoli, insieme a investimenti strategici e a una crescente domanda internazionale, pongono il paese in una posizione privilegiata per attrarre investimenti e consolidare la propria leadership nel settore minerario mondiale.
(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia inc.)
Barcellona ha stabilito un nuovo record di sostenibilità, classificandosi al 14º posto nel mondo nel Global Destination Sustainability Index (GDS-Index 2025), il programma internazionale che valuta e promuove la sostenibilità nel turismo misurando le performance ambientali, il progresso sociale, la gestione della destinazione e la catena di fornitura.
Rispetto al 2024, la città è salita dal 31º al 14º posto grazie ai miglioramenti nelle categorie ambiente, fornitori e gestione della destinazione, mantenendo stabile il punteggio in ambito sociale. Si colloca così dietro a città come Helsinki, Göteborg, Copenaghen, Lione e Belfast, ma davanti a Berlino, Dublino, Bilbao, Madrid, Marsiglia e Amsterdam.
Barcellona si distingue in particolare per la categoria fornitori, dove è prima tra le grandi città europee e seconda nell’Europa centro-meridionale, con un punteggio complessivo dell’85%. Questa sezione valuta l’impegno di aeroporti, hotel, agenzie, centri congressi e ristoranti nel ridurre l’impatto ambientale.
Secondo José Antonio Donaire, Commissario per la Gestione del Turismo Sostenibile del Comune di Barcellona, il risultato «dimostra che la strategia sostenibile guidata dal Comune procede nella giusta direzione». L’obiettivo è fare di Barcellona la prima destinazione urbana in cui i consumi di acqua, energia e la produzione di rifiuti dei turisti siano equivalenti a quelli dei residenti, integrando criteri ambientali, sociali ed economici.
Oltre 500 imprese locali partecipano al programma “Commitment to Sustainable Tourism”, adottando ogni anno misure concrete per ridurre l’impronta ecologica del turismo. Questa collaborazione tra pubblico e privato è alla base del riconoscimento ottenuto dal GDS Index, insieme alla certificazione Biosphere, simbolo dell’impegno collettivo verso un modello di turismo più responsabile e rigenerativo.
Link al ranking: https://www.gds.earth/index/ranking-and-results/
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana - Barcellona)
Nel cuore delle istituzioni romane, in una agenda ricca di simboli e attese, il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha inaugurato una tappa diplomatica di grande rilievo per il panorama latinoamericano e il dialogo globale. La sua visita in Italia – scandita da incontri politici, gesti simbolici e interlocuzioni inedite – offre uno spaccato delle ambizioni e delle sfide che il Brasile intende portare all’attenzione dell’Europa e del mondo.
Al centro dell’attenzione è stata l’asserzione che la fame non è un fenomeno puramente economico, bensì profondamente politico. Nel corso del Forum mondiale dell’alimentazione, Lula ha insistito che le disuguaglianze e le mancanze strutturali richiedono risposte coraggiose che superino le sole misure di mercato. Da Roma, ha pronosticato che non sarà sufficiente gestire i numeri della povertà: occorre «mettere i poveri nel bilancio», cioè trasformare le politiche sociali da meri trasferimenti emergenziali in investimenti strutturali.
La dichiarazione acquista rilievo se si considerano gli impegni concreti che Lula ha proposto lungo il suo itinerario romano. Di fronte ai vertici istituzionali, il presidente brasiliano ha difeso il principio che i programmi di lotta alla povertà — dalla salute all’istruzione, dalle politiche alimentari alle reti di protezione — debbano trovare posto stabilmente nei piani di spesa dello Stato, non relegati a misure occasionali. Il suo appello è direzionato verso governi che spesso affrontano con riluttanza l’onere politico delle assunzioni sociali, sottolineando la dimensione morale e strategica di una visione distributiva.
Traverso la Città Eterna, Lula ha potuto anche compiere gesti emblematici: per la prima volta, ha ottenuto un’udienza con Papa Leone XIV presso il Vaticano. È una mossa carica di portato simbolico in un contesto internazionale in cui la dimensione etica del disagio umano assume rilevanza diplomatica. Il dialogo con la Santa Sede, pur non orientato verso accordi tecnici, segna una convergenza culturale: riconoscere l’ineguaglianza come emergenza morale, oltre che sociale, rafforza il messaggio del leader brasiliano nel foro globale.
Ma il quadro della missione italiana non è rimasto confinato nella retorica: Lula ha avviato uno scambio concreto con il management della Poste Italiane, manifestando interesse per la ripresa economica e strategica del sistema postale italiano come modello per il Brasile. In un incontro con il CEO Matteo Del Fante, il presidente ha elogiato la capacità di Poste Italiane di trasformarsi da entità sofferente a realtà efficiente grazie a processi di innovazione e riorganizzazione. Il paragone con la situazione brasiliana è inevitabile: i Correios del Brasile hanno registrato nei primi sei mesi del 2025 perdite significative — nell’ordine di miliardi di reais — e sono al centro di un piano di riforma interno che Lula ha esplicitamente voluto ispirare al modello italiano.
Si tratta di una proposta con implicazioni strategiche: il Brasile dovrà decidere se trasformare i propri servizi postali in organismo di economia mista, mantenendo controllo statale, oppure spingere per privatizzazioni parziali. Lula, nelle sue dichiarazioni, ha negato una adesione irreflessiva alle privatizzazioni tout court, ma ha indicato che modelli imprenditoriali nel settore pubblico — come Poste Italiane — meritano di essere attentamente studiati.
Nel corso della missione romana, Lula ha anche preso parte ai lavori sul tema della sicurezza alimentare, inserendosi nel dibattito globale con un messaggio deciso: in un’epoca di crisi climatica e tensioni geopolitiche, le misure contro la denutrizione non possono essere subordinate alle logiche mercantili. La sovranità alimentare, secondo il presidente brasiliano, deve diventare pilastro delle strategie di cooperazione internazionale, e le nazioni sviluppate non possono limitarsi a donazioni episodiche, ma devono assumersi responsabilità strutturali verso i paesi in via di sviluppo.
Quanto alle relazioni bilaterali, l’Italia diventa un interlocutore sofisticato nelle ambizioni del nuovo corso brasiliano: non solo per la tradizionale comunità italo-brasiliana, ma anche come laboratorio politico e tecnologico dentro l’Unione Europea. Lula, attraversando corridoi istituzionali a Roma, ha inteso proiettare l’immagine di un Brasile che torna a dialogare in modo sfrontato con i grandi centri di potere, ma con un’ispirazione programmatica che investe i temi dell’uguaglianza, dell’innovazione sociale e della decarbonizzazione.
Con questa tappa, il presidente brasiliano getta un ponte verso l’Europa che non è solo simbolico: è un invito alla convergenza su politiche che coniughino crescita con giustizia sociale. In un contesto globale affollato di emergenze, la visita in Italia di Lula prova che il soft power delle idee — alimentare, postale, redistributivo — può ancora incidere nei circuiti del potere, purché accompagnato da una visione che richiama l’interesse nazionale al bene comune.
(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)
Negli ultimi anni, la casa ha assunto un ruolo sempre più centrale nella vita quotidiana del consumatore australiano. L’esperienza della pandemia ha contribuito a ridefinire le priorità abitative, generando una crescente attenzione per gli spazi domestici e una maggiore propensione all’investimento in arredi di qualità, funzionali ed esteticamente ricercati. In questo contesto, si è rafforzata la domanda di prodotti di interior design di fascia medio-alta, con una particolare predilezione per lo stile europeo e il Made in Italy.
L’arredamento italiano gode di un’immagine consolidata in Australia, grazie alla percezione di qualità artigianale, eleganza senza tempo e innovazione nei materiali e nelle forme. Secondo le ultime rilevazioni di settore, le esportazioni italiane di mobili, illuminazione e complementi d’arredo verso l’Australia hanno registrato un aumento costante nell’ultimo triennio, con una crescita media annua del 7%, favorita dalla ripresa dei consumi nel settore residenziale e dal dinamismo del comparto contract.
I principali canali di sbocco includono il settore residenziale di fascia alta, dove gli acquirenti cercano soluzioni personalizzate, sostenibili e di design, e i progetti di hotellerie, ristorazione e spazi pubblici, che richiedono forniture su misura e prodotti capaci di coniugare estetica, durabilità e comfort. Il contract design, in particolare, rappresenta un ambito strategico per le aziende italiane che intendano operare B2B, grazie all’elevato valore medio degli ordini e alla possibilità di lavorare con studi di architettura e interior designer locali.
Dal punto di vista commerciale, il mercato australiano è servito da showroom specializzati, interior boutique, catene di arredamento premium e piattaforme digitali, con città come Sydney e Melbourne che rappresentano i principali poli di domanda. La partecipazione a fiere di settore, come Denfair o Decor + Design Melbourne, può offrire una vetrina efficace per entrare in contatto con buyer, architetti e operatori locali. Inoltre, la presenza online – tramite siti ottimizzati per il mercato locale, attività social e collaborazioni con studi di design – è fondamentale per costruire visibilità e reputazione.
Anche sul fronte normativo, l’Australia si distingue per standard tecnici e doganali piuttosto chiari: è importante garantire la conformità ai requisiti di sicurezza e sostenibilità, soprattutto per i prodotti elettrici (es. illuminazione), e assicurarsi che le certificazioni ambientali o di origine siano ben documentate. In un mercato che valorizza sempre più l’eco-design, i materiali riciclabili e la filiera etica, il Made in Italy può distinguersi puntando su qualità, tracciabilità e innovazione.
Per le imprese italiane, il mercato australiano dell’arredo e del design si conferma dinamico e ricettivo, con margini interessanti soprattutto nei segmenti premium e tailor-made. Un approccio flessibile, attento al gusto locale e supportato da partner affidabili sul territorio può tradursi in opportunità concrete di crescita e consolidamento.
(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia inc.)
L’estate 2025 ha segnato una tappa decisiva per gli spostamenti tra il Piemonte e la Costa Azzurra.
Dal 18 luglio 2025, il traforo stradale del Colle di Tenda è passato a un’apertura quotidiana 6:00–21:00 per i veicoli leggeri durante tutta l’alta stagione, con circolazione a senso unico alternato (ultimo passaggio Italia → Francia alle 20:30, poi Francia → Italia alle 20:45).
La misura, decisa dalla Commissione intergovernativa franco-italiana e annunciata dai ministeri francese e italiano, mira a fluidificare i flussi turistici e pendolari sull’asse E74 (SS20/RD 6204) nel pieno del picco estivo.
Per quanto riguarda il bilancio dell’estate. A fine agosto il miglioramento è tangibile su entrambi i lati della frontiera. In Liguria, le presenze crescono del +6,3% nella stagione, con Imperia a +4,47% e un tasso di occupazione record del 97,2% nel weekend di Ferragosto.
In Piemonte (Cuneo), il 1º semestre 2025 registra +2,2% di arrivi e +5,3% di presenze rispetto al 2024. Il Cuneese supera la soglia di oltre 1 milione di presenze, trainato in particolare dalle stazioni di montagna come Prato Nevoso, che si distingue per una crescita di circa +25% delle presenze nella stagione invernale 2024/25.
Ciò dimostra che i trafori sono un asset strategico per lo sviluppo del turismo, poiché facilitano l’accessibilità e favoriscono gli scambi transfrontalieri.
Dopo la continuità oraria dell’estate 2025, dall’inizio di metà settembre l’esercizio è tornato a fasce orarie con convogli (6:00–8:00, 12:00–13:00, 18:00–21:00), con adattamenti previsti fino a inizio gennaio; nei fine settimana si mantengono orari estesi a seconda del periodo.
L’opera riapre inoltre un corridoio gratuito e diretto Cuneo–Imperia–Riviera, interrotto dalla tempesta Alex (ottobre 2020). Quest’ultima aveva devastato le valli Roya e Vermenagna e interrotto alcuni accessi sul versante francese; la rimessa in servizio della nuova canna (aperta il 28 giugno 2025) ristabilisce la continuità territoriale e sostiene il PIL turistico locale.
Per le prospettive future, è annunciato per la primavera 2026 l’avvio dei lavori di riqualificazione della galleria storica (canna storica) per l’adeguamento alle norme e la complementarità con la nuova canna.
Entro fine 2028, l’obiettivo è disporre di un’infrastruttura a doppia canna con sensi separati, per garantire e rafforzare la sicurezza in un contesto montano.
Le stime pubbliche parlano di un investimento complessivo di circa 255 milioni di euro per l’insieme dei lavori, comprensivo del completamento del cantiere entro il 2028 (al netto di eventuali extra conteggiati dalla stampa) e di circa 210 milioni di euro già spesi per la realizzazione della nuova galleria inaugurata nel giugno dell’anno in corso.
Inoltre, dall’analisi del 28 giugno 2025 fino al 3 agosto 2025 risulta che 95.000 veicoli hanno attraversato il traforo, con un picco nei weekend di circa 8.300 veicoli.
Ciò conferma l’utilità cruciale ed essenziale della nuova galleria, che alimenta i numerosi scambi tra Italia e Francia e attrae anche una nuova clientela interessata alle scelte di pianificazione e agli investimenti realizzati dagli enti locali in una delle regioni più belle di Francia.
In conclusione, il traforo stradale del Colle di Tenda nell’estate 2025 ha rappresentato un salto in avanti verso un turismo in forte crescita, grazie a interventi che hanno ampliato gli orari e ridotto la congestione.
Le attese sono rivolte alla primavera 2026 e alla doppia canna, che stabilizzerà nel lungo periodo la mobilità e la competitività turistica dei territori di Imperia, Cuneo e soprattutto della Costa Azzurra, consolidando anche i rapporti che l’Italia intrattiene con la Francia.
(Contributo editoriale a cura della Chambre de Commerce Italienne Nice, Sophia-Antipolis, Cote d'Azur)
La Danimarca, che ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea dal luglio 2025, ha ospitato un importante vertice informale tra i leader dei Paesi membri. L’incontro si è tenuto il 1° ottobre nel cuore della capitale, a Christiansborg Palace, e ha riunito i capi di Stato e di governo dell’Unione, insieme ai presidenti delle istituzioni europee. Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha partecipato, collegandosi da remoto.
La presidenza danese, che durerà fino a dicembre, ha scelto di concentrare la propria agenda su alcuni temi centrali per il futuro dell’Unione. Tra le priorità principali figurano il rafforzamento della difesa comune europea, la competitività economica, la semplificazione delle normative europee per le imprese, e una transizione ecologica che sia più concreta e meno ideologica rispetto a quanto previsto dal Green Deal.
Il vertice di Copenaghen si è inserito proprio in questo contesto. Dopo mesi segnati da tensioni crescenti con la Russia e da episodi come l’avvistamento di droni russi nei cieli di Danimarca, Estonia e Polonia, i leader europei si sono confrontati sulla necessità di rafforzare le capacità di difesa dell’UE entro il 2030. Si è discusso della possibilità di realizzare nuovi progetti comuni, come una rete europea anti-droni e un rafforzamento del pattugliamento dei confini orientali.
Un altro obiettivo chiave della presidenza danese riguarda la competitività economica dell’Unione Europea. Secondo Copenaghen, l’Europa deve concentrarsi sul rafforzamento della propria produttività, investendo in innovazione, nuove tecnologie e formazione delle competenze. Solo aumentando la capacità di produrre in modo efficiente, l’UE potrà restare competitiva a livello globale, fronteggiando sfide come la concorrenza di Stati Uniti e Cina. Questo tema è diventato ancora più urgente in un contesto di instabilità economica e aumento dei costi dell’energia.
Collegata alla crescita economica c’è anche la necessità di rendere più semplici e accessibili le norme europee, soprattutto per le imprese. La Danimarca ha sottolineato come troppe regole complesse e frammentate rappresentino un ostacolo per chi vuole investire, assumere o innovare in Europa. L’obiettivo è lavorare per integrare e armonizzare i regolamenti esistenti, riducendo la burocrazia e rendendo più chiaro il quadro normativo per le aziende, in particolare per le piccole e medie imprese.
Infine, un punto centrale della presidenza danese riguarda la transizione ecologica. La Danimarca sostiene con forza l’impegno europeo nella lotta contro il cambiamento climatico, ma chiede di superare l’approccio ideologico del Green Deal, che in alcuni casi ha creato rigidità o difficoltà per i cittadini e le imprese. L’idea è quella di promuovere una transizione “verde” che sia più pratica, realistica e sostenibile, valorizzando le tecnologie già disponibili e favorendo soluzioni locali e innovative, senza imporre un modello unico a tutti i Paesi.
Il vertice, essendo di natura informale, non ha prodotto decisioni vincolanti, ma ha tracciato le linee politiche su cui i leader continueranno a lavorare nei prossimi mesi. Le discussioni proseguiranno nel Consiglio europeo ufficiale che si terrà a Bruxelles entro la fine di ottobre. Intanto, la Danimarca continuerà a guidare l’agenda europea ponendo al centro della sua presidenza questi quattro punti strategici, per favorire sviluppo economico e crescita innovativa, puntando sulla cooperazione tra tutti gli stati europei, tra cui, ovviamente, anche Italia e Danimarca.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)
La fiducia dell’industria thailandese è aumentata per la prima volta in sette mesi, un balzo attribuito alla rapida formazione di un nuovo governo che ha ristabilito la fiducia del settore privato.
Il miglioramento del sentiment è sostenuto da solidi indicatori economici, tra cui un’impennata del 125% su base annua degli Investimenti Diretti Esteri (IDE) e una crescita delle esportazioni.
L’ottimismo per il futuro è alimentato dalle aspettative di prossime misure di stimolo da parte del governo e da un aumento del turismo legato ai 33esimi Giochi del Sud-est asiatico (SEA Games).
Nonostante le prospettive positive, il settore deve affrontare sfide significative, tra cui un Baht thailandese forte che penalizza gli esportatori, il crollo del commercio di confine e i danni causati dalle inondazioni all’agricoltura.
(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)
L’Argentina ha introdotto un innovativo sistema di Esportazione Monitorata, che consente il controllo doganale remoto dei carichi direttamente dagli stabilimenti di produzione.
La misura, promossa dall’Agenzia di Riscossione e Controllo Doganale (ARCA), segna un passo avanti nella digitalizzazione dei processi di esportazione e coinvolge oltre 1.600 imprese manifatturiere su tutto il territorio nazionale.
Attraverso l’uso di telecamere a circuito chiuso (CCTV), la Dogana potrà supervisionare in tempo reale le operazioni di carico senza richiedere la presenza fisica dei propri ispettori.
Il programma, già avviato in fase pilota in dodici impianti di sei province argentine, mira a ridurre tempi e costi logistici, garantendo al tempo stesso maggiore trasparenza e sicurezza nelle procedure doganali.
Secondo il direttore esecutivo di ARCA, Juan Pazo, l’iniziativa si inserisce in una strategia di modernizzazione e semplificazione amministrativa che punta a rafforzare la competitività industriale argentina e ad allineare il Paese agli standard internazionali di facilitazione del commercio.
Per le imprese italiane attive in Argentina o interessate a collaborazioni nel settore industriale e tecnologico, questo nuovo modello operativo rappresenta un ambiente più efficiente e prevedibile, in cui la digitalizzazione doganale apre nuove opportunità di cooperazione.
La progressiva automazione dei controlli e l’adozione di sistemi di monitoraggio remoto potrebbero inoltre generare spazi di collaborazione italo-argentina nell’ambito della logistica intelligente, dell’automazione e della sicurezza dei flussi commerciali.
(Contributo editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)