Martedì 30 Dicembre 2025
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Secondo i dati diffusi lo scorso 27 novembre da Turkstat, in collaborazione con il Ministero del Commercio, nel mese di ottobre 2025 le esportazioni turche sono ammontate a USD 23,9 mld, con un incremento del 2% rispetto allo stesso mese del 2024. Le importazioni hanno invece raggiunto USD 31,5 mld, con una crescita del 7,2% su base annua.
Nei primi dieci mesi del 2025, le esportazioni hanno totalizzato USD 224,47 mld, segnando un aumento del 3,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le importazioni, nello stesso intervallo, si sono attestate a USD 299,15 mld, in crescita del 6,1%. Il deficit commerciale è salito a USD 74,68 mld (+13,3% rispetto ai mesi gennaio-ottobre 2024).
Nel medesimo periodo, i principali mercati di destinazione dell’export turco sono stati: Germania (USD 18,55 mld), Regno Unito (13,81 mld), Stati Uniti (13,42 mld), Italia (10,98 mld) e Iraq (9,88 mld), che insieme hanno rappresentato il 29,7% del totale delle esportazioni turche.
Per quanto riguarda le importazioni, i principali Paesi fornitori sono stati: Cina (USD 40,73 mld), Federazione Russa (35,50 mld), Germania (24,59 mld), Stati Uniti (14,57 mld) e Italia (12,88 mld).
Per quanto attiene invece ai primi dati preliminari sull’export turco relativi ai mesi gennaio-novembre 2025, presentati lo scorso 4 dicembre dal Ministro del Commercio Ömer Bolat, le esportazioni sono ammontate a USD 247,2 mld, con un incremento del 3,7% rispetto allo stesso periodo del 2024. Il disavanzo commerciale della Turchia si è assestato a USD 82,5 mld, in aumento del 12,4%. Nonostante il dato sul disavanzo, Bolat ha osservato che le esportazioni della Turchia a novembre scorso hanno registrato il più alto livello di sempre, contribuendo al record di USD 270,6 mld di esportazioni negli ultimi dodici mesi. Bolat ha poi riferito che le esportazioni di servizi dovrebbero raggiungere USD 122,55 mld nel periodo gennaio-novembre 2025, con un incremento di USD 5,1 mld rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
I dati diffusi dal Ministero del Commercio mostrano infine che per “gruppi di Paesi” il blocco dell’Unione Europea è risultato il principale mercato di sbocco per l’export di Ankara, con quasi USD 10 mld, seguito dai Paesi del Vicino e Medio Oriente con USD 3,54 mld.
Secondo i dati diffusi il 12 dicembre scorso dall’associazione non governativa degli Investitori Internazionali (YASED), il valore netto degli investimenti diretti esteri (IDE) nel Paese nei primi dieci mesi del 2025 è stato pari a USD 11,6 mld, con un marcato incremento del 35% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Il dato relativo agli IDE comprende USD 8,6 mld di capitale azionario, USD 2,6 mld in strumenti di debito e USD 1,8 mld derivanti da vendite immobiliari a residenti stranieri. Contestualmente, si è registrato un disinvestimento pari a USD 1,5 mld.
Nei primi dieci mesi dell’anno il settore del commercio al dettaglio e all’ingrosso ha attirato USD 2,813 mld, collocandosi al primo posto seguìto dai settori agroalimentare e ICT.
Nel periodo gennaio-ottobre 2025 i Paesi Bassi si posizionano al primo posto tra i dieci principali Paesi di origine degli IDE in Turchia, precedendo Kazakhstan, Lussemburgo, Germania e Stati Uniti.
Secondo i dati diffusi dall’Agenzia ICE di Istanbul, nei mesi di gennaio-ottobre 2025 l’interscambio tra Italia e Turchia è stato pari a USD 23,873 mld, con un decremento dell’8,6% rispetto allo stesso intervallo del 2024. In particolare, le esportazioni italiane verso la Turchia si sono contratte del 17,3% (USD 12,886 mld), mentre le importazioni sono aumentate del 4,3% attestandosi a USD 10,987 mld. La bilancia commerciale mostra un saldo positivo per l’Italia di USD 1,889 mld. Le esportazioni italiane costituiscono il 4,3% delle importazioni totali turche, mentre le esportazioni turche destinate all’Italia rappresentano il 4,9% delle esportazioni complessive della Turchia.
Nel periodo di riferimento, l’Italia si conferma al quinto posto tra i partner commerciali della Turchia, risultandone il quinto fornitore (dopo Cina, Russia, Germania e Stati Uniti) e il quarto cliente (dopo Germania, Regno Unito e Stati Uniti).
All’interno dell’Unione Europea, l’Italia si posiziona al secondo posto per volume di interscambio con la Turchia, preceduta solo dalla Germania (USD 43,153 mld) e seguita da Francia (USD 19,395 mld) e Spagna (USD 16,910 mld). Nell’area mediterranea, invece, l’Italia si conferma il primo partner commerciale di Ankara.
Tra gennaio e ottobre 2025, le esportazioni italiane sono state trainate dalle vendite di “prodotti farmaceutici” (in crescita del 36% rispetto allo stesso periodo del 2024, per un volume complessivo pari a USD 360 mln) e di “combustibili minerali e oli” (+5,6%, per un volume pari a USD 309,68 mln). In calo, invece, l’export di “pietre preziose e semipreziose, metalli preziosi, perle e bigiotteria”, (-51,7% per un volume pari a USD 2,213 mld) superato dalle nostre vendite di “macchinari e apparecchiature meccaniche” (USD 2,445 mld), prima voce merceologica del nostro export. Gli “autoveicoli, trattori e parti di ricambio”, terza voce delle nostre vendite, hanno registrato un calo del 2,3% (USD 969,17 mln). Si rileva inoltre una contrazione del 31,9% negli acquisti turchi di “ferro e acciaio” e del 21,6% di “articoli in ferro e acciaio”.
La dinamica dell’export turco mostra invece un aumento nelle voci “rame e articoli in rame” (+52,1%), “pietre preziose e semipreziose, metalli preziosi, perle e bigiotteria” (+40,7%), e “macchinari e apparecchiature meccaniche” (+14,5%). In calo gli acquisti italiani di “frutta”, che si sono contratti del 6,2%. Gli “autoveicoli, trattori e parti di ricambio” si confermano la principale voce tra le importazioni italiane dalla Turchia, per un valore di USD 2,428 mld, con volumi diminuiti del 3,1%.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)
Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Servizio Pubblico Federale Economia (SPF Économie) nell’ambito del monitoraggio trimestrale dell’andamento dei prezzi, l’inflazione in Belgio è scesa del 2,9% nel secondo trimestre 2025. Il rallentamento indica un ritorno graduale a livelli di inflazione più stabili, dopo un periodo prolungato di forti aumenti.
Il calo è dovuto principalmente alla stabilizzazione dei prezzi dell’energia che nel 2022 e 2023 avevano contribuito in modo determinante al forte aumento dei prezzi.
Nel 2025, invece, il prezzo dell’energia ha esercitato un impatto molto più moderato sull’inflazione complessiva, attenuando l’aumento dei prezzi al consumo.
Questo trend trova conferma anche nei dati più aggiornati di fine 2025: a novembre, l’inflazione annua belga risulta pari al 2,4%, mentre l’inflazione di fondo raggiunge il 2,8%, indicando che, nonostante un modico calo generale, molti prezzi continuano comunque a salire. L’indice dei prezzi al consumo (CPI) sale a 136,20 punti, valore tra i più elevati dell’anno, pur rimanendo in un contesto di generale stabilizzazione rispetto ai picchi del 2022 e 2023. Esaminando i principali gruppi di prodotti, il comunicato dell’SPF Économie segnala sviluppi significativi nel comparto alimentare. I prezzi dei prodotti alimentari trasformati, esclusi alcool e tabacco, mostrano un'accelerazione dell’inflazione, dall’1,9% al 3%. L’aumento è trainato per lo più dai latticini e dal cioccolato. Il calo del numero di allevatori di bovini da latte e l’epidemia di lingua blu del 2024 hanno ridotto il bestiame, e di conseguenza, la produzione di latte, determinando un incremento sui prezzi dei formaggi e dei latticini.
Per quanto riguarda il cioccolato l’inflazione è più che raddoppiata, passando dal 5,8% nel secondo trimestre 2024 al 13,8% nello stesso periodo del 2025. L’incremento è causato dalle condizioni meteorologiche sempre più estreme nei principali Paesi produttori dell’Africa occidentale, come Costa d’Avorio e Ghana, dove siccità e malattie delle coltivazioni hanno ridotto drasticamente i raccolti.
La Germania, prima potenza economica europea e quarta al mondo dopo Stati Uniti, Cina e Giappone, mostra un’evoluzione simile. Il PIL tedesco rappresenta il 24.4 % dell’UE
e a novembre 2025 ha visto l’inflazione attestarsi al 2,3%, mentre l’inflazione di fondo (core inflation), che fornisce una panoramica più stabile e a lungo termine dell'andamento inflazionistico di un paese escludendo energia, alimenti freschi e carburanti, raggiunge il 2,7%, valore molto simile a quello registrato in Belgio nello stesso periodo. Il parallelismo tra la situazione in Germania e in Belgio suggerisce che entrambi i paesi, pur nella diversità delle loro rispettive economie, attraversano una fase di riallineamento dei prezzi non ancora conclusa, con pressioni inflazionistiche moderate ma resistenti per i beni e servizi più strutturali dell’economia.
Il quadro generale suggerisce un graduale miglioramento della situazione inflazionistica belga, in linea con quanto osservato in Germania e nel resto dell’Europa. Pur con alcune pressioni ancora presenti in specifiche componenti dell’indice dei prezzi, come i costi legati ad alloggi e utenze (CPI Housing Utilities) e il comparto dei trasporti, entrambi in aumento nell’ultimo mese, la dinamica dei prezzi complessiva continua a rallentare. Al contrario, l’inflazione alimentare mostra una crescita più contenuta rispetto ai mesi precedenti. Nel complesso, Belgio, Germania ed eurozona presentano così una comune tendenza alla stabilizzazione dei prezzi.
Nell’eurozona, a novembre 2025, l’inflazione media è del 2,2 %, in leggero aumento rispetto al 2,1% registrato ad ottobre, mentre l’inflazione annuale dell’UE si colloca intorno al 2,5% (dati ottobre 2025). Le stime per l’intero anno 2025 indicano una media annua di circa il 2,1%, segnale di un progressivo ritorno verso un quadro inflazionistico più equilibrato.
Il quadro generale suggerisce un graduale miglioramento della situazione inflazionistica belga, in linea con quanto osservato in Germania e nel resto dell’Europa. Pur con alcune pressioni ancora presenti in specifici settori, come quello dei servizi che registrano aumenti più consistenti rispetto ai beni materiali, Belgio, Germania ed eurozona mostrano dinamiche convergenti verso una maggiore stabilità dei prezzi.
Il 2025 si chiude così con segnali complessivamente positivi per l’area euro.
Fonti:https://news.economie.fgov.be/252707-l-inflation-belge-recule-a-2-9-au-deuxieme-trimestre-2025/
L’ultimo aggiornamento in materia risale ad agosto 2025 quando Statbel, ufficio federale di statistica del Belgio, ha reso noto il trend di moderata ripresa del settore del commercio al dettaglio belga. La vendita al dettaglio, retail sale in inglese, rappresenta una parte significativa delle transazioni che quotidianamente si svolgono in un determinato paese. L’operatore attivo nel settore è definito commerciante al dettaglio, o retailer, e tale modello di attività rientra nel B2C (Business to Consumer), costituendo l’ultimo passaggio della filiera distributiva e mettendo direttamente in contatto il prodotto con il consumatore finale.
A maggio 2025 il volume delle vendite al dettaglio, carburanti esclusi, era aumentato del 3,4% rispetto al mese precedente, segnando un rialzo del 3,2% rispetto a maggio 2024. Questo risultato rappresenta uno dei miglioramenti più significativi registrati dall’inizio dell’anno, indicando un aumento tanto della domanda dei consumatori che della performance dei punti vendita fisici. L’ andamento positivo è proseguito anche nei mesi successivi, seppure con ritmi più moderati. Nel luglio del 2025, Statbel ha registrato un incremento dello 0,3% rispetto al mese precedente, confermando una tendenza di crescita stabile dopo la forte ripresa osservata in primavera.
Anche i dati dell’anno precedente il 2024 confermano un andamento altalenante del settore: a dicembre 2024 il volume delle vendite al dettaglio, sempre escludendo i carburanti, aveva registrato un aumento del 14,2% rispetto a novembre, mentre a settembre 2024 l’incremento era stato dell’1,4% su base mensile.
Complessivamente, le serie storiche messe a disposizione mostrano una volatilità maggiore nei Paesi Bassi rispetto a quella osservata in Belgio; se il mercato belga si distingue per una ripresa graduale e relativamente stabile, quello olandese segue una crescita più irregolare, riflettendo una sensibilità più elevata alle variazioni del contesto economico e dei consumi interno e internazionale.
Fonti: https://statbel.fgov.be/en/themes/indicators/turnover/retail-trade-turnover#news
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Belgo-Italiana)
Belgio e Italia si posizionano tra i primi 8 mercati di reciproco interesse.
Nel 2023, il loro interscambio complessivo aveva registrato un andamento record, superando la cifra di 46 miliardi di euro. In quell’anno, le esportazioni italiane verso il Belgio superavano i 19 miliardi di euro, mentre le importazioni i 27. Il saldo della bilancia commerciale italiana pendeva in negativo di circa 7,4 miliardi, ma rivelava implicitamente anche il peso della relazione politico-commerciale dei due paesi.
Il 2025 ha confermato la tendenza incrementale dell’export italiano verso il Belgio, con una crescita attestata all’8,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’incremento evidenzia la capacità delle imprese italiane di rispondere ad un mercato esigente e in cerca di qualità quale quello belga, cuore degli scambi europei e dove si è installata una comunità italiana e internazionale prolifica/stimolante/attiva e benestante. Sebbene il PIL del paese rappresenti solo il 3,5% del PIL totale dell'Unione europea, il Belgio si colloca al sesto posto per PIL pro capite con 44 800 euro, ben al di sopra della media dell'UE (38 100 euro). Gli ultimi dati STATBEL - agenzia di statistica belga - mostrano come a giugno 2025 più di un terzo della popolazione belga avesse almeno origini straniere. Su una popolazione di 11.8 milioni, solo 7,57 sono Belgi di origine belga. Nella capitale Bruxelles, 4 abitanti su 10 hanno nazionalità straniera. Secondo il rapporto Migrantes 2024, dei 6 milioni di italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE, il 4,6% ha scelto il Belgio, divenuto l’ottavo paese di destinazione al mondo. Se il numero dei Belgi residenti in Italia è esiguo (0,12% di tutti gli stranieri), la loro presenza in termini turistici è ben più cospicua.
Nel primo semestre 2025 l’export complessivo italiano è aumentato del 2,1%, trainato dalle maggiori vendite di articoli farmaceutici (+38,8%), mezzi di trasporto esclusi autoveicoli (+8,7%), prodotti alimentari e bevande (+5,1%) e metalli di base (+3,4%). Tra i settori in calo si segnalano invece coke e prodotti petroliferi raffinati (-22,9%) e autoveicoli (-10,3%). A giugno 2025 il saldo commerciale italiano si attestava a +5,4 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 5,15 miliardi dello stesso mese del 2024. L’avanzo relativo ai prodotti non energetici sale da 8,73 miliardi a 9,33 miliardi, confermando la solidità delle esportazioni italiane ad alto valore aggiunto. Nel secondo trimestre 2025, rispetto al trimestre precedente, l’export ha mostrato una leggera flessione (-2,6%), mentre le importazioni sono diminuite dell’1,7%. Tuttavia, su base annua, l’export italiano cresce del 4,9% in valore e dello 0,8% in volume, con incrementi sia per i mercati Ue (+4,6%) sia per quelli extra-Ue (+5,2%). Ad agosto 2025, il Belgio figura come ottavo paese di destinazione dell’export italiano con 13,3 milioni di euro, pari al 3,1%, dopo Germania in testa con 48,7 milioni di euro pari all’11.5%, USA, Francia, Spagna, Svizzera, Regno Unito e Polonia. Questo posiziona il Belgio tra i mercati più dinamici per le esportazioni italiane, confermando la crescente rilevanza della domanda locale di prodotti di qualità e servizi innovativi. I settori che hanno contribuito maggiormente alla crescita nazionale dell’export includono: articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+39,0%), mezzi di trasporto, esclusi autoveicoli (+15,9%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+6%), apparecchi elettrici (+3,5%). I mercati in calo sono invece autoveicoli (-2,9%), computer, apparecchi elettronici e ottici (-2,7%) e articoli in pelle, abbigliamento escluso (-2,2%).
La crescita costante del Made in Italy in Belgio conferma il prestigio di vari settori dell’economia italiana, la capacità del suo mercato di adattarsi alle esigenze di una piazza sofisticata e competitiva nel cuore pulsante d’Europa ma riflette anche la forza dei legami culturali e di interdipendenza tra i due paesi iniziati con un flusso migratorio di 300.000 persone negli anni 70’ e mai veramente arrestatosi.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Belgo-Italiana)
Il Belgio conferma di possedere uno degli ambienti più dinamici e stimolanti per le start up che continuano a sceglierla come luogo di installazione posizionandola 11° in Europa e 23° a livello globale. Il portafoglio belga conta più di 24.000 start up di cui oltre 6.500 hanno ricevuto finanziamenti per un valore complessivo di 56 miliardi di dollari raccolti. Le città di Bruxelles, Gand, Anversa e Leuven emergono come poli di innovazione e sperimentazione grazie al sostegno di una densa rete di università, fondi, investitori, personale altamente qualificato e contatti.
La pubblicazione dello State of Belgian Tech Report 2024 conferma queste tendenze positive: circa 470 milioni di euro raccolti fino ad ottobre 2024, con il 77% destinato a startup early stage e 4 unicorni (aziende non quotate in borsa ma che hanno una valutazione pari o superiore ad 1 miliardo di euro), tra cui il software gestionale Odoo e della piattaforma di data governance Collibra. Dal 2020, i fondi di investimento per startup belghe hanno raccolto oltre 2,1 miliardi di euro, sostenendo la crescita di nuove imprese nei settori AI, biotech, fintech, clean tech e mobilità sostenibile.I settori più attivi nell’ecosistema Belga secondo Tracxn sono: Software & Data, Healthtech e Fintech, seguiti da E-commerce e MobilityTech.
A maggio 2025, con il lancio della nuova strategia “Chose Europe to start and scale” dedicata a startup e scale-up, la Commissione europea mira a rendere il vecchio continente un terreno più fertile dove sviluppare nuove imprese; e il Belgio ne beneficia doppiamente: per la prossimità geografica alle istituzioni e per la presenza di una popolazione internazionale altamente qualificata che rende la circolazione di idee e talenti più rapida. Le startup rappresentano la fase embrionale di un’impresa, il cui obiettivo primario è confermare che il prodotto risolva un problema reale in uno specifico mercato. In questo stadio la sperimentazione è continua, le risorse limitate e il team contenuto. Secondo i parametri di SEP/Mind the Bridge, tali società hanno investimenti o fatturato compresi tra 500mila e 1 milione di dollari. Una volta superata la fase di validazione, la start up diventa scale-up. Pur in assenza di una definizione unanimemente e legalmente riconosciuta, l’OCSE qualifica le scale up come aziende aventi una crescita media annua superiore al 20% per tre anni consecutivi, misurata in fatturato o dipendenti. Sebbene siano una minoranza nel panorama imprenditoriale, le scale up generano un impatto economico sproporzionato, creando posti di lavoro qualificati e contribuendo significativamente alla crescita del PIL, fungendo da potenti motori di innovazione e occupazione. Una volta superata la fase sperimentale in cui il modello di business ha dimostrato la sua efficacia, ora puntano a un’espansione accelerata.
Per Mind the Bridge rientrano in questa categoria le realtà che hanno raccolto o generano tra 1 e 100 milioni di dollari, e per le quali il focus si è spostato dall’innovazione all’esecuzione e all’ottimizzazione dei processi. L’evoluzione finale è rappresentata dagli scaler, imprese che superano i 100 milioni in raccolta o fatturato e che avendo raggiunto dimensioni significative e posizioni consolidate nei rispettivi mercati, sono soggette a nuove linee di business o acquisizioni strategiche. La nuova strategia europea mira proprio a sostenere l’evoluzione di queste società semplificando e uniformando le regole tra i paesi Europei, facilitare l’accesso ai finanziamenti e alle infrastrutture tecnologiche, sostenendo la diffusione di innovazioni e spin-off universitari, con l’intento dichiarato di attrarre talenti da tutta l’Europa e oltre. L’obiettivo è rendere creatività e ricerca il fiore all’occhiello di una nuova economia europea, che generi nuovi posti di lavoro e un impatto concreto sul mercato.
In questo contesto, il Belgio spicca per la capacità di essere ponte tra ecosistemi nazionali diversi, favorendo la partnership con paesi vicini e meno.
Un esempio è rappresentato dalla cooperazione sempre più strutturata e fruttuosa tra Belgio e Italia. Una serie di progetti comuni ha favorito scambi tra startup e scale up appartenenti a Paesi diversi, con particolare attenzione a innovazione, sostenibilità e digitalizzazione. Un esempio virtuoso è costituito dalla partnership strategica tra imec.istart, acceleratore belga per startup tech, e l’italiana Pariter Partners che ha aperto nuove opportunità per le startup deep-tech italiane, supportandole nel processo di internazionalizzazione grazie al network belga. Tale partnership che si concentra su settori ad alto impatto come robotica, MedTech, Life Sciences e tecnologie per l’industria 4.0, offrendo mentoring, accesso a capitali pre-seed e connessione con esperti e investitori internazionali.
Con infrastrutture avanzate, un ecosistema dinamico e politiche pubbliche mirate, il Belgio si conferma un laboratorio europeo innovativo in cui circolano e si sviluppano idee di valore, grazie alla capacità di attrarre capitali, talenti e collaborazioni internazionali. La sua posizione strategica e la concentrazione di startup ad alto valore aggiunto lo rendono un punto di riferimento per chi vuole innovare e crescere nel cuore dell’Europa.
https://www.startupblink.com/startup-ecosystem/belgium?page=1
https://growthlist.co/belgium-startups/
https://tracxn.com/d/geographies/belgium/__wBl3O5xXBSthEE0SuamyFRqqGETW2LtzbdowHsn39lY
Per il 2050 l’Unione Europea ha fissato un obiettivo climatico particolarmente ambizioso: il raggiungimento della neutralità climatica. La Germania intende anticipare questo traguardo al 2045 e ridurre del 65% le proprie emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Ad oggi, le emissioni tedesche si sono ridotte del 48,2% rispetto al 1990. L’Italia, invece, punta a una riduzione del 43% delle emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990; negli ultimi trent’anni la diminuzione complessiva è stata pari al 26%.
Nonostante i significativi progressi compiuti da entrambi i Paesi, il raggiungimento di obiettivi così ambiziosi richiede un forte incremento degli investimenti e una decisa inversione di rotta. Secondo un’analisi condotta da AGICI, per essere pronti al 2050 saranno necessari oltre 1.010 miliardi di euro complessivi. In questa prospettiva, le risorse messe a disposizione dal PNRR e dagli strumenti dell’Unione Europea non risultano sufficienti: entro il 2030 serviranno infatti ulteriori 150–180 miliardi di euro per rispettare il percorso verso la neutralità climatica al 2050.
Secondo un’analisi di Agora Energiewende, in Germania saranno necessari investimenti complessivi pari a circa 1.200 miliardi di euro entro il 2045 per sostenere la transizione energetica, equivalenti a oltre 54 miliardi di euro l’anno e a circa l’11% del PIL. Oltre agli investimenti e alla trasformazione del sistema energetico, l’innovazione ecologica e lo sviluppo di nuovi sistemi di riduzione delle emissioni rappresentano un passaggio fondamentale per il raggiungimento della neutralità climatica.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Germania)
Le elezioni amministrative in Danimarca si sono svolte martedì 18 novembre 2025. Il voto ha rinnovato tutti i consigli comunali dei 98 comuni e i consigli delle quattro regioni del Paese per il quadriennio 2026 – 2029. In Danimarca le elezioni locali si tengono regolarmente ogni quattro anni, il terzo martedì di novembre.
In questa tornata elettorale avevano diritto di voto circa 4,8 milioni di persone residenti nel Paese, comprendendo sia cittadini danesi sia residenti stranieri in possesso dei requisiti previsti dalla legge, a partire dall’età minima di 18 anni. L’affluenza è stata relativamente elevata per elezioni di livello locale: ha votato il 69,2% degli aventi diritto, un dato in crescita rispetto alle precedenti amministrative del 2021.
I partiti
Alle elezioni hanno partecipato i principali schieramenti politici danesi. Tra questi:
Programmi e temi principali
Le proposte politiche si sono concentrate su questioni locali strettamente intrecciate a temi di rilievo nazionale:
I risultati
Le elezioni hanno segnato una svolta politica di rilievo, in particolare nella capitale. Per la prima volta dopo 122 anni, i socialdemocratici hanno perso il controllo del municipio di Copenaghen, subendo una sconfitta simbolica e politica di grande portata. Il voto ha rappresentato una battuta d’arresto significativa per il Partito Socialdemocratico guidato dalla premier Mette Frederiksen, mettendo in luce una frattura crescente tra la leadership nazionale e una parte dell’elettorato urbano e progressista.
A Copenaghen, il primo partito è risultato l’Alleanza Rosso – Verde (Enhedslisten) con il 22,1% dei voti, seguita dal Partito Popolare Socialista (SF), che ha ottenuto il 17,9%, registrando una forte crescita. Grazie a un accordo tra le forze progressiste, la nuova sindaca è Sisse Marie Welling, 39 anni. I socialdemocratici si sono invece fermati al 12,7%, con un netto calo rispetto al 2021.
A livello nazionale, il Partito Socialdemocratico resta la prima forza con il 23,2%, ma perde circa cinque punti e 19 sindaci. Venstre diventa il partito con il maggior numero di primi cittadini, mentre nelle aree rurali cresce l’estrema destra, in particolare i Democratici danesi.
Secondo analisti e commentatori, la sconfitta socialdemocratica è legata alla svolta politica del governo Frederiksen, percepita come securitaria e restrittiva sull’immigrazione, oltre che distante dalle priorità sociali delle grandi città. A incidere sono stati anche fattori economici e sociali, come l’aumento del costo degli alloggi – con affitti cresciuti di circa il 20% a Copenaghen in un anno – il caro vita, il peggioramento dei servizi pubblici e l’incremento delle spese militari.
Nel complesso, le elezioni amministrative hanno inviato un segnale chiaro: nei grandi centri urbani l’elettorato ha premiato una sinistra più radicale ed ecologista, che punta sull’abbassamento del costo della vita, sull’uguaglianza sociale e su un ambiente verde e sostenibile, mentre è stata punita la deriva a destra dei socialdemocratici. Un risultato che, pur non mettendo immediatamente in discussione il governo nazionale, rappresenta un significativo campanello d’allarme in vista delle prossime elezioni politiche.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)
Il Ministero dell’Economia della Repubblica Argentina ha reso noto che le multinazionali BHP e Lundin Mining hanno formalmente presentato la richiesta di adesione al Régimen de Incentivo a las Grandes Inversiones (RIGI) per il loro progetto minerario denominato Vicuña, situato nella provincia di San Juan. L’iniziativa riguarda lo sviluppo dei giacimenti di rame, oro e argento “Josemaría” e “Filo del Sol”, e costituisce un precedente senza eguali nel contesto degli investimenti esteri nel settore minerario argentino.
Secondo quanto comunicato dal Ministro Luis Caputo, la presentazione al RIGI comporta l’impegno di investimenti accelerati per almeno 2.000 milioni di dollari nei primi due anni successivi all’approvazione del regime, con proiezioni che posizionano l’intero progetto tra i più significativi in termini di capitale estero diretto nella storia del Paese.
Il RIGI è un quadro normativo istituito con l’obiettivo di promuovere grandi investimenti nazionali e internazionali, offrendo vantaggi fiscali, cambiari e ad altri incentivi volti a garantire sicurezza giuridica e prevedibilità alle imprese titolari di progetti di rilevanza strategica per l’economia argentina. L’ingresso di un progetto di tale portata nel regime rappresenta un segnale rilevante di fiducia da parte di importanti operatori globali, sottolineando il potenziale di sviluppo del settore minerario argentino e la volontà del Paese di consolidarsi come destinazione attrattiva per capitali esteri in attività produttive avanzate.
Ulteriori sviluppi sono attesi nelle prossime settimane, con la presentazione di documentazione tecnica e l’avvio dei processi amministrativi necessari per definire formalmente i termini dell’adesione al RIGI e il piano pluriennale di investimento.
(Contributo editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)
Le esportazioni della Corea del Sud sono aumentate del 17,3% su base annua nei primi 10 giorni di dicembre, sostenute dalla forte domanda globale di semiconduttori e dall’aumento dei giorni lavorativi, secondo i dati diffusi giovedì. Le spedizioni verso l’estero hanno raggiunto i 20,58 miliardi di dollari nel periodo 1–10 dicembre, rispetto ai 17,54 miliardi di dollari registrati un anno prima, secondo i dati del Korea Customs Service. Si tratta del valore più elevato mai registrato per un periodo di 10 giorni.
Le esportazioni giornaliere medie sono cresciute del 3,5% su base annua, raggiungendo i 2,42 miliardi di dollari, ha riferito l’ufficio doganale. Il numero di giorni lavorativi nel periodo è stato di 8,5 giorni, rispetto ai 7,5 giorni dell’anno precedente. Le importazioni sono aumentate dell’8% su base annua, attestandosi a 20,65 miliardi di dollari, determinando un deficit commerciale di 70 milioni di dollari. La forte domanda di semiconduttori ha trainato la crescita complessiva delle esportazioni.
Le spedizioni di chip sono balzate del 45,9% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 5,27 miliardi di dollari. Le esportazioni di semiconduttori hanno rappresentato il 25,6% delle esportazioni totali del Paese nel periodo di 10 giorni, in aumento di 5 punti percentuali rispetto a un anno prima.
Le esportazioni di prodotti petrolchimici sono cresciute del 23,1% su base annua, raggiungendo 1,51 miliardi di dollari, mentre quelle di acciaio sono aumentate dell’1,9%, arrivando a 1,19 miliardi di dollari. Al contrario, le esportazioni di automobili sono diminuite del 5,7% su base annua, attestandosi a 1,36 miliardi di dollari, e le spedizioni di navi sono crollate del 47,7%, scendendo a 567 milioni di dollari.
Per destinazione, le esportazioni verso la Cina, principale partner commerciale della Corea del Sud, sono aumentate del 12,9%, raggiungendo i 4,23 miliardi di dollari. Le esportazioni verso gli Stati Uniti, invece, sono diminuite del 3,2% su base annua, fermandosi a 3,57 miliardi di dollari, a causa delle nuove misure tariffarie introdotte da Washington. Le spedizioni verso il Vietnam sono balzate del 35,8%, raggiungendo i 2,13 miliardi di dollari, mentre quelle verso l’Unione Europea sono aumentate del 2,6%, arrivando a 1,59 miliardi di dollari.
Nel mese di novembre, le esportazioni sono cresciute dell’8,4% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 61,04 miliardi di dollari, il livello più alto mai registrato per un mese di novembre, trainate dalla forte domanda di semiconduttori. Le esportazioni cumulative nel periodo gennaio–novembre hanno raggiunto i 640,2 miliardi di dollari, un record per il periodo considerato, alimentando le aspettative che le esportazioni annuali del Paese superino per la prima volta nella storia la soglia dei 700 miliardi di dollari quest’anno.
SK Innovation E&S ha dichiarato di aver completato la costruzione del Jeonnam Offshore Wind Power Plant 1 — il più grande parco eolico offshore della Corea del Sud realizzato con investimenti privati — segnando un traguardo importante nel percorso del Paese verso la neutralità carbonica.
La cerimonia di completamento si è tenuta in giornata presso il Ramada Plaza Hotel nella contea di Sinan, nella provincia di Jeolla del Sud, alla presenza, tra gli altri, del ministro del Clima, dell’Energia e dell’Ambiente Kim Sung-hwan, del governatore della provincia di Jeolla del Sud Kim Young-rok e dell’amministratore delegato di SK Innovation E&S, Lee Jong-soo.
Avviato nel 2020, il progetto da 96 megawatt è una joint venture tra SK Innovation E&S e Copenhagen Infrastructure Partners (CIP), investitore globale nel settore delle energie rinnovabili. L’impianto è composto da dieci turbine da 9,6 megawatt ciascuna e dovrebbe generare circa 300 gigawattora di elettricità all’anno — sufficienti ad alimentare 90.000 abitazioni — riducendo al contempo le emissioni di carbonio di 240.000 tonnellate annue rispetto alla produzione da carbone.
SK Innovation E&S ha sottolineato il modello di finanziamento del progetto come un importante progresso per il settore. Si tratta del primo progetto di energia rinnovabile in Corea ad adottare il project financing non recourse, in cui i prestiti sono garantiti esclusivamente dai flussi di cassa futuri del progetto e dalla sua fattibilità tecnica, senza garanzie da parte degli azionisti. Secondo l’azienda, questo approccio è destinato ad attirare maggiori capitali privati nel settore delle rinnovabili.
Il completamento dell’impianto rappresenta il primo passo concreto di un piano più ampio per sviluppare, entro il 2035, un cluster eolico offshore da 8,2 gigawatt nella regione. L’iniziativa ha ricevuto un ulteriore impulso ad aprile, quando una sezione da 3,2 gigawatt — che include il parco appena completato — è stata designata come “complesso specializzato per l’energia eolica”, beneficiando di procedure autorizzative accelerate e di un maggiore supporto governativo.
«Il completamento del Jeonnam Offshore Wind Power Plant 1 è un trampolino di lancio per portare l’industria eolica offshore coreana alla fase successiva», ha dichiarato Lee Jong-soo, CEO di SK Innovation E&S. «Continueremo a lavorare per rafforzare l’ecosistema industriale, sostenere l’economia locale e contribuire agli obiettivi nazionali in materia di energie rinnovabili».
SK Innovation E&S e CIP prevedono di completare le valutazioni di impatto ambientale per la seconda e la terza fase del progetto entro la prima metà del prossimo anno. L’inizio dei lavori è previsto per la fine del 2027, con l’obiettivo di espandere il cluster fino a 900 megawatt — una capacità approssimativamente equivalente a quella di un reattore nucleare — entro il 2031.
Mentre i colossi cinesi delle batterie affrontano un eccesso di offerta sul mercato interno e crescenti pressioni politiche in Nord America, stanno reindirizzando la loro potenza verso l’Europa — il secondo mercato mondiale dei veicoli elettrici e, sempre più, il principale campo di battaglia per la leadership globale nel settore delle batterie. Grazie a politiche di prezzo aggressive e a una scala produttiva enorme, i fornitori cinesi si stanno espandendo rapidamente attraverso le esportazioni, ancora prima che entrino in funzione i loro impianti chiave in Europa, riducendo lo spazio un tempo saldamente occupato da LG Energy Solution, Samsung SDI e SK On della Corea.
Con l’Europa che si prepara a introdurre controlli più stringenti sulle catene di approvvigionamento cinesi — sebbene ancora molto meno severi rispetto alla stretta di Washington — i produttori coreani di batterie puntano sul fatto che la pressione regolatoria, combinata con strategie di prodotto più specifiche per il mercato europeo, possa rallentare l’avanzata della Cina e aiutarli a difendere le proprie quote di mercato.
CATL ha avviato i lavori del suo stabilimento congiunto con Stellantis in Spagna, mentre il suo sito indipendente in Ungheria è destinato ad avviare la produzione di massa il prossimo anno. Insieme alla sua operazione più piccola in Germania, la capacità europea di CATL è destinata a superare i 160 gigawattora — sufficienti ad alimentare oltre 2 milioni di veicoli elettrici.
La spinta cinese arriva proprio mentre Bruxelles si muove per ridurre la dipendenza dalle catene di approvvigionamento cinesi. Il Net Zero Industry Act dell’UE prevede che almeno il 40% delle batterie del blocco sia prodotto localmente entro il 2030, mentre il Carbon Border Adjustment Mechanism introduce dazi legati alle emissioni di carbonio.
Tuttavia, il vantaggio iniziale acquisito dalle aziende coreane con la costruzione di impianti in Ungheria e Polonia si sta rapidamente erodendo. Secondo SNE Research, la loro quota di mercato complessiva in Europa è crollata dal 60,4% nel 2023 a circa il 30% nel 2025, mentre i fornitori cinesi stanno salendo verso il 60%. La traiettoria è particolarmente preoccupante considerando la posizione strategica di CATL in Ungheria, affiancata dai maggiori costruttori automobilistici europei — Mercedes-Benz, BMW, Stellantis e Volkswagen — molti dei quali sono clienti chiave del trio coreano delle batterie.
L’Europa si sta preparando a rafforzare i controlli sugli investimenti esteri e ad avviare indagini antisovvenzioni rivolte alle aziende cinesi di veicoli elettrici e batterie che hanno beneficiato di un forte sostegno statale. Tuttavia, secondo gli addetti ai lavori, l’impatto potrebbe rivelarsi limitato.
Un esperto di regolamentazione UE ha osservato che le ambizioni di Bruxelles sono già state ridimensionate. «Inizialmente l’UE puntava a regole stringenti sulla divulgazione dell’impronta di carbonio, sulla due diligence e sulla rendicontazione tramite il battery passport. Ma i recenti emendamenti omnibus hanno attenuato alcuni requisiti, creando segnali regolatori contrastanti».
Gli interessi economici stanno divergendo in modo ancora più marcato tra i Paesi membri dell’UE. Stati come l’Ungheria continuano ad attirare investimenti cinesi, complicando qualsiasi tentativo di azione unitaria a livello europeo. «Alla fine, che si tratti dell’Ungheria o della Spagna, prevalgono le priorità economiche e nuovi impianti di batterie sono inevitabili», ha affermato l’esperto. «Anche se l’Europa inasprisse le regole, sarebbe necessario un salto regolatorio ben più ampio per limitare in modo significativo un attore come CATL».
Kim Tae-hwang, professore di commercio internazionale all’Università Myongji, ha aggiunto che la postura geopolitica europea rimane volutamente ambigua. «L’UE si allinea alle preoccupazioni degli Stati Uniti sulla Cina, ma evita una rottura totale, rendendo improbabile una svolta netta in una direzione o nell’altra. Questo significa che la Cina affronta pressioni, ma non sanzioni sul modello statunitense».
Di fronte a un contesto competitivo sempre più difficile, i produttori coreani di batterie stanno diversificando il proprio mix di prodotti — andando oltre le celle premium ad alta autonomia per includere batterie di fascia media e di massa — e accelerando al contempo il passaggio alla tecnologia al litio ferro fosfato (LFP), una chimica a lungo dominata dai fornitori cinesi.
«In Europa, gli automobilisti tendono a percorrere distanze più brevi e fanno maggiore affidamento sulla ricarica rapida, quindi non hanno necessariamente bisogno di celle ad alto contenuto di nichel», ha affermato una fonte del settore. «I fornitori coreani si sposteranno sempre più dall’alto nichel al medio nichel e, in prospettiva, verso l’LFP, che sta migliorando nelle prestazioni fino ad avvicinarsi a quelle del medio nichel».
Il recente contratto di fornitura da 2.000 miliardi di won (1,4 miliardi di dollari) tra LG Energy Solution e Mercedes-Benz sottolinea questo cambiamento. Sebbene i dettagli sulla chimica non siano stati resi pubblici, fonti del settore prevedono che le batterie saranno celle NCM a medio contenuto di nichel, destinate alla gamma di veicoli elettrici di fascia media della casa automobilistica.
La fonte ha inoltre espresso dubbi sulla realistica fattibilità dei 160 gigawattora di capacità produttiva europea pianificati da CATL, osservando che ciò rischia di replicare il problema di sovracapacità già presente in Cina. Anche nel loro picco del 2023, i fornitori coreani hanno spedito complessivamente in Europa solo alcune decine di gigawattora — un netto contrasto con la scala che la Cina ora punta a costruire sul suolo europeo.
(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce in Korea)
Il Governo argentino ha ufficializzato una riduzione permanente dei diritti di esportazione applicati a soia, mais, grano e ad altri prodotti agricoli strategici. La misura si inserisce in una più ampia strategia economica volta a rafforzare la competitività del settore agroindustriale, uno dei pilastri dell’economia nazionale e principale fonte di entrate in valuta estera.
La decisione punta a migliorare le condizioni di redditività per i produttori e a incentivare le esportazioni, in un contesto in cui l’agroindustria continua a svolgere un ruolo centrale nelle catene del valore globali. Secondo fonti del settore, la riduzione del carico fiscale rappresenta un segnale positivo per la pianificazione della prossima campagna agricola e per il rilancio degli investimenti lungo tutta la filiera, dalla produzione primaria alla trasformazione industriale.
Per i mercati internazionali e per gli operatori stranieri interessati all’Argentina, il provvedimento conferma l’orientamento del Paese a creare condizioni più favorevoli per il commercio estero e l’integrazione nei flussi agroalimentari globali. In particolare, nelle regioni ad alta vocazione produttiva rafforzando il proprio posizionamento come snodo chiave dell’export agricolo, con potenziali ricadute positive su logistica, servizi e occupazione.
(Contributo editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)
Il Ministro dell’Unione Europea e Azione Esteriore, Jaume Duch, ha guidato una missione istituzionale a New York per partecipare al vertice “Barcellona–New York: la piattaforma di lancio per la tua espansione europea”, organizzato da Barcelona & Partners, l’agenzia di atrazione investimenti di Barcelona Global. L’incontro, ospitato presso la IESE Business School, ha riunito oltre 70 dirigenti e investitori statunitensi interessati alle opportunità offerte dall’ecosistema innovativo catalano.
Durante l’evento, Duch ha presentato Barcellona e la Catalogna come poli europei di riferimento in innovazione, competitività e sostenibilità, evidenziando l’impegno del governo per consolidare la regione come hub leader a livello europeo. Il ministro ha annunciato una nuova strategia di attrazione degli investimenti esteri che punta a mobilitare 6 miliardi di euro e portare 600 nuovi progetti internazionali entro il 2030, oltre a raggiungere l’obiettivo delle 10.000 filiali straniere presenti sul territorio.
L’incontro ha anche messo in luce il ruolo chiave della collaborazione pubblico-privata tra il Governo della Catalogna, il Comune di Barcellona e Barcelona Global, considerata uno dei fattori determinanti nel forte aumento degli investimenti: nel 2024 la Catalogna ha registrato un record storico con oltre 1 miliardo di euro e 8.000 nuovi posti di lavoro, secondo i dati ACCIÓ. La missione si è conclusa con un gesto simbolico: la proiezione di un video promozionale di Barcellona su Times Square, volto a rafforzare l’immagine della città come metropoli aperta al talento e all’innovazione.
La missione negli Stati Uniti conferma la volontà di Barcellona di attrarre imprese internazionali, offrendo un contesto particolarmente favorevole per chi desidera espandersi nel mercato europeo. Per le aziende straniere, questa rappresenta un’opportunità concreta: Barcellona è oggi uno dei principali hub europei nei settori dell’innovazione, dell’intelligenza artificiale, della sostenibilità e dell’industria digitale, ambiti nei quali molte imprese italiane stanno già investendo. La nuova strategia catalana sugli investimenti esteri crea ulteriori possibilità di sviluppo, favorendo la nascita di joint venture, progetti pilota e una maggiore presenza commerciale per chi mira a crescere all’estero.
Allo stesso tempo, la forte partecipazione di investitori statunitensi evidenzia un ecosistema dinamico e competitivo, ideale per aziende italiane in cerca di partnership internazionali o di capitali per scalare. La Catalogna, inoltre, rappresenta un mercato vicino e culturalmente compatibile, dotato di infrastrutture solide e di un ambiente imprenditoriale avanzato, configurandosi come porta d’ingresso naturale verso la Penisola Iberica.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana - Barcellona)