Notizie mercati esteri

Martedì 9 Settembre 2025

Strategie per ridurre i costi dei dazi USA

  • Classificazione doganale accurata
    Assicurati che i prodotti siano classificati correttamente secondo il Sistema Armonizzato (SA) statunitense. Una classificazione sbagliata può comportare dazi più elevati. Rivolgiti a esperti per individuare la categoria con il dazio più basso.
  • Approfitta di esenzioni e accordi
    Verifica se i tuoi prodotti rientrano in categorie esenti (es. farmaci, semiconduttori, minerali critici). Usa esenzioni come la franchigia “de minimis” fino a $800 per import di basso valore.
  • Presenza fisica negli USA e magazzini doganali
    Avere stabilimenti o magazzini “bonded” sul territorio americano permette di posticipare il pagamento dei dazi e di migliorare la gestione della liquidità.
  • Tecniche doganali avanzate
    • First Sale Rule: calcola il dazio sul prezzo del primo venditore, spesso più basso del prezzo finale.
    • Valore Doganale Accettato (VDA): utile quando non si può applicare la First Sale Rule, per dichiarare un valore doganale più favorevole.
  • Gestione della liquidità e clausole contrattuali
    Prevedi clausole di hardship per mitigare aumenti tariffari imprevisti e utilizza magazzini doganali (bonded) per posticipare il pagamento dei dazi.
  • Diversificazione strategica
    Valuta di spostare parte della produzione o dell'assemblaggio negli USA o in paesi con accordi preferenziali 

(Contributo editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce of Texas, Inc.)

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

Sport e disuguaglianze di genere: confronto tra Italia e Canada tra partecipazione, fondi pubblici e opportunità

Il ruolo dello sport oggi va ben oltre la semplice attività fisica o il semplice divertimento: in un mondo sempre più interconnesso, lo sport viene visto come un fattore essenziale per lo sviluppo economico, sociale e sanitario delle nazioni. Le politiche sportive influenzano la salute pubblica, l’inclusione sociale, l’occupazione giovanile e l’equilibrio territoriale, rendendolo uno strumento prezioso per affrontare sfide sociali e economiche complesse.

In questo contesto, il confronto tra Italia e Canada fornisce spunti rilevanti poiché rappresentano due realtà avanzate con approcci notevolmente differenti. Il Canada ha fatto dello sport una leva strategica nazionale, con investimenti pubblici mirati, politiche di equità e una visione integrata tra sport, salute e sviluppo. L’Italia, pur vantando una grande tradizione sportiva, fatica a trasformare il potenziale del settore in valore economico e sociale diffuso, soprattutto a causa di disuguaglianze territoriali, sottofinanziamento cronico e profonde disparità di genere.

Lo sport come settore economico strategico

Lo sport non è solo un’attività ricreativa o educativa: è un settore economico a tutti gli effetti, capace di generare occupazione, investimenti e crescita del PIL. Secondo la Commissione Europea, lo sport e i settori collegati rappresentano circa il 2,1% del PIL dell’UE e danno lavoro al 2,7% della forza lavoro. In Italia, la filiera dello sport (eventi, infrastrutture, turismo, diritti TV, merchandising) vale oltre 24 miliardi di euro l’anno, pari all’1,4% del PIL nazionale, e impiega più di 400.000 persone tra lavoratori diretti e indotto.

In Canada, l’industria sportiva contribuisce in modo più strutturale all’economia. Già nel 2021 il settore sportivo e ricreativo produceva oltre CA$7 miliardi in output diretto, con un impatto economico complessivo di circa CA$16 miliardi. Inoltre, la partecipazione sportiva è vista come un driver di salute pubblica, riducendo i costi sanitari a lungo termine e migliorando la produttività lavorativa.

Investimenti pubblici nello sport: un elemento chiave per l’economia

Canada: modello strategico e centralizzato Il Canada ha sviluppato un sistema sportivo integrato con il sostegno di Sport Canada, un ramo del Dipartimento del Patrimonio. Il governo federale stanzia ogni anno oltre CA$230 milioni per lo sviluppo sportivo attraverso tre programmi principali:

  • • Sport Support Program (SSP): CA$178,8 milioni per lo sviluppo delle federazioni e l’inclusione;
  • • Athlete Assistance Program (AAP): CA$33 milioni per sostenere direttamente gli atleti d’élite;
  • • Hosting Program: CA$21,6 milioni per attrarre eventi nazionali e internazionali.

Questi investimenti pubblici, mirati e regolari, rafforzano il settore come volano di turismo, innovazione e occupazione, ma hanno anche un effetto redistributivo sul piano sociale.

Italia: sottofinanziamento e frammentazione

In Italia il finanziamento allo sport è storicamente più frammentato, e molto influenzato dal sistema politico. Il budget del Ministero per lo Sport e i Giovani è stato di circa 510 milioni di euro nel 2024, ma solo un’esigua parte è destinata allo sviluppo della pratica sportiva di base.

Le regioni e i comuni hanno competenze dirette, ma spesso con fondi limitati. Manca una strategia integrata che consideri lo sport come asset pubblico, con impatti su salute, inclusione, occupazione e coesione territoriale. Il recente taglio al fondo per lo sport femminile professionistico (11 milioni eliminati dalla legge di bilancio 2025) ha dimostrato l’instabilità delle politiche settoriali italiane.

Disparità di genere: un costo per il sistema Paese

La scarsa partecipazione sportiva femminile rappresenta una perdita economica rilevante. In Italia, solo il 43% delle donne svolge un’attività sportiva, contro il 60% degli uomini, con picchi negativi nel Mezzogiorno (dove le donne che praticano sport sono appena il 20%). Le cause sono molteplici: mancanza di infrastrutture, scarsa rappresentanza nelle federazioni, carenza di incentivi economici.

Questa disparità ha effetti diretti e indiretti:

  • • minori benefici in salute e produttività futura;
  • • minore occupazione femminile nel settore sportivo;
  • • minore rendimento sociale degli investimenti pubblici in impianti;
  • • minore partecipazione delle donne agli eventi economici collegati allo sport (marketing, comunicazione, gestione, ecc.).

In Canada, nonostante un divario ancora esistente (62% di partecipazione maschile vs 49% femminile), sono in atto politiche attive: piani di equità di genere nello sport, supporto a federazioni che promuovono l’inclusione, sostegno economico mirato alle minoranze e alle atlete. In Italia, invece, il professionismo sportivo femminile è stato riconosciuto solo nel 2022, e già nel 2025 sono stati eliminati i fondi di sostegno, segnando un arretramento istituzionale.

Effetti moltiplicatori: salute, istruzione e PIL

Un aumento della partecipazione sportiva, soprattutto tra le donne, produce molteplici benefici economici indiretti:

  • • Riduzione della spesa sanitaria pubblica (es. -30% di incidenza di patologie croniche in persone fisicamente attive);
  • • Migliore rendimento scolastico e inserimento nel mercato del lavoro, soprattutto per le giovani sportive;
  • • Aumento del capitale sociale e del PIL potenziale, grazie alla maggiore coesione e produttività.

Nel lungo termine, gli investimenti nello sport possono avere un effetto moltiplicatore tra 1,5 e 2,5 volte, secondo diversi studi OCSE e WHO. In un contesto come quello italiano, con un PIL stagnante e un tasso di occupazione femminile sotto la media UE, puntare sullo sport come politica attiva per l’inclusione e la crescita sarebbe una scelta razionale, non solo etica.

Conclusione: lo sport come politica economica

Il confronto tra Canada e Italia mette in evidenza due approcci diametralmente opposti alla questione sportiva: strategico e integrato nel primo caso, marginale e incostante nel secondo. L'Italia ha un enorme potenziale inesplorato, sia in termini di partecipazione sia di ritorni economici e sociali, soprattutto se sarà in grado di affrontare le disuguaglianze di genere, investire in modo focalizzato e continuativo, e valorizzare lo sport come fondamento di uno sviluppo economico sostenibile.

Un approccio macroeconomico allo sport richiede un cambiamento di mentalità: non più spesa accessoria, ma investimento produttivo e inclusivo. Gli investimenti fatti da un Paese per promuovere lo sport all’interno della nazione sono essenziali anche per il capitale umano, la salute collettiva, la coesione sociale e per il futuro della propria economia.

(Contenuto editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce in Canada - West)

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

EduForum e il sistema educativo in Thailandia: progressi, innovazioni e prospettive positive

Grandi riforme, percorsi di apprendimento flessibili e collaborazioni

Negli ultimi anni il sistema educativo thailandese sta vivendo una fase di grande trasformazione. Non si tratta di piccoli aggiustamenti, ma di un vero e proprio cambiamento nell’approccio, con riforme, collaborazioni e nuovi metodi di insegnamento pensati per rendere la scuola più accessibile e vicina alle competenze necessarie per il futuro. Un esempio importante è il programma “Thailand Zero Dropout” del Equitable Education Fund (EEF), che nel 2025 punta a riportare a scuola almeno 55.000 ragazzi che avevano abbandonato gli studi. Per farlo, sono stati riconosciuti tredici diversi modelli di apprendimento alternativi: lezioni a casa, formazione sul posto di lavoro, attività comunitarie nelle fattorie, nei centri culturali o persino nei saloni da barbiere. Questo approccio sta già dando i suoi frutti: il numero di bambini fuori dal sistema scolastico è sceso da oltre un milione nel 2024 a 880.000 nel 2025. I risultati evidenziano che gli studenti che affiancano lo studio ad attività pratiche e culturali imparano sia nozioni fondamentali che abilità concrete. Il tutto è reso possibile grazie ad una rete di partner che va dalle istituzioni educative alle aziende private nei settori del cibo, dell’intrattenimento e dell’agricoltura.

Riconoscimento delle università e innovazione

Anche le università stanno vivendo un momento positivo. Nelle classifiche internazionali Times Higher Education Impact Rankings 2025, cinque atenei thailandesi sono entrati nella Top 100 mondiale per il loro contributo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU. Spiccano Chulalongkorn e Chiang Mai University al 44° posto, Mahidol e Thammasat University al 64°, e Walailak University al 93°, prima al mondo per uguaglianza di genere. L’innovazione è un altro pilastro della nuova scuola thailandese. Al FutureEd Fest 2025 il tema era incentrato sull’ apprendimento guidato dall’intelligenza artificiale, ma con al centro l’essere umano. Sono stati mostrati esempi di insegnamento su misura grazie all’AI, di attività artistiche e progetti in cui gli studenti sviluppavano e realizzavano strumenti per affrontare sfide sociali e migliorare la vita nelle comunità.

Crescita delle scuole internazionali e cambiamenti nelle politiche

Il settore delle scuole internazionali è in piena espansione: oggi ce ne sono oltre 250, concentrate soprattutto nelle grandi città. Offrono programmi di alta qualità a costi molto inferiori rispetto allo studio all’estero, con un’attenzione particolare alle discipline scientifiche, alla programmazione e all’intelligenza artificiale. Sul fronte delle politiche, l’attenzione è sempre più rivolta all’equità e a un’istruzione basata sulle competenze. Il governo punta a concedere maggiore autonomia alle scuole, personalizzare i percorsi di apprendimento e sfruttare la tecnologia, come l’IA, per individuare in anticipo gli studenti a rischio di abbandono.

Ovviamente, restano ancora delle sfide: l’inglese è un punto debole (la Thailandia è al 106° posto nel mondo per competenza linguistica), ma si sta lavorando anche su quest’ aspetto, con riforme mirate ad implementare la formazione degli insegnanti, insieme a metodi immersivi e aule tecnologiche per gli studenti. Complessivamente, il sistema educativo thailandese si sta evolvendo rapidamente. L’apprendimento flessibile sta riducendo l’abbandono scolastico, le università stanno ottenendo riconoscimento a livello globale e l’innovazione sta promuovendo nuove competenze.

L’Education Forum 2025 della CCIE Bangkok

In questo contesto, la Camera di Commercio Italo-Thailandese (TICC) è orgogliosa di presentare l’Education Forum 2025, che si terrà sabato 4 ottobre 2025, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione thailandese. Questo forum si inserisce perfettamente nella trasformazione educativa in corso in Thailandia, offrendo una piattaforma per presentare modelli di apprendimento innovativi, l’integrazione della tecnologia e iniziative guidate dalla comunità. L’evento mette in contatto insegnanti, esperti del settore e studenti, fornendo gli strumenti più recenti per un apprendimento personalizzato e lo sviluppo di competenze globali. L’Education Forum 2025 rappresenta uno sforzo congiunto per costruire un sistema educativo inclusivo e pronto per il futuro, che prepari gli studenti thailandesi al successo sia nel proprio paese sia all’estero.

(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

Style Synergy: Melbourne & Milan in Conversation - Il primo grande showcase del design Made in Italy a Melbourne

Il 6 agosto 2025, presso la prestigiosa location Aerial – South Wharf, si è tenuta Style Synergy – Melbourne & Milan in Conversation, una straordinaria vetrina del Made in Italy nel design, organizzata dalla Camera di Commercio e Industria Italiana in Australia – Victoria & Tasmania, in collaborazione con Global Victoria e City of Melbourne.

L’iniziativa si è inserita nel contesto della sister city relationship tra Melbourne e Milano, due capitali globali della creatività e dell’innovazione, rafforzando il dialogo culturale e commerciale tra Italia e Australia.

La manifestazione ha visto la partecipazione di 30 espositori, selezionati per rappresentare il meglio della creatività e della manifattura italiana. Tra i brand protagonisti: LamborghiniSmegLa MarzoccoUnoX CasaForni Maranalampade ArtemideCorradi Tende e Pergole, e profumi Versace. Un’esposizione che ha saputo coniugare innovazione, design e qualità artigianale, offrendo al pubblico un’esperienza immersiva nel mondo del Made in Italy.

Presenze istituzionali di rilievo

Tra gli ospiti d’onore: Mariagiovanna Rizzo, Vice Console Generale d’Italia a Melbourne, e Rafael Camillo, Consigliere in rappresentanza della City of Melbourne e dello Stato del Victoria, a testimonianza del forte legame istituzionale che sostiene iniziative di promozione internazionale come questa.

Oltre alla parte espositiva, Style Synergy ha ospitato una tavola rotonda con esperti e professionisti del settore, dedicata ai temi di sostenibilitàinnovazione e valorizzazione culturale, moderata da Ian Wong. Wong è un designer pluripremiato, curatore e docente alla Monash University, con una profonda conoscenza della storia del design australiano e solidi legami internazionali. In qualità di Presidente di Melbourne Movement e grazie alla sua lunga partecipazione al Milan Design Week, ha guidato un confronto stimolante e costruttivo tra i relatori, creando un dialogo ricco di spunti e visioni per il futuro.

Il dibattito è stato seguito da un cocktail di networking che ha favorito la creazione di nuove connessioni e collaborazioni tra professionisti, istituzioni e imprese.

Grazie a questa iniziativa, Melbourne si è confermata palcoscenico privilegiato per il design internazionale, offrendo una piattaforma unica per promuovere la creatività italiana e aprire nuove opportunità di business. Un risultato che rispecchia la missione di Assocamerestero e delle Camere di Commercio Italiane nel mondo: sostenere l’internazionalizzazione delle imprese italiane e valorizzare il Made in Italy sui mercati globali.

(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia - Victoria and Tasmania)

Ultima modifica: Giovedì 9 Ottobre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

Notizie dai mercati esteri - Argentina

Rosario: epicentro agro-esportatore e nodo strategico industriale dell’Argentina

Il Gran Rosario, si consolida come uno dei principali centri portuali agro-esportatori del mondo. Situato strategicamente sulle rive del fiume Paraná, questo corridoio logistico concentra circa il 70% delle esportazioni agroindustriali dell’Argentina nel 2025.

Nella sua area di influenza operano oltre 20 terminal portuali, specializzati in cereali, sottoprodotti e oli, con un’infrastruttura che consente di spedire milioni di tonnellate verso i mercati internazionali con elevati standard di efficienza e competitività.

Questa concentrazione non è casuale: la regione combina vantaggi geografici, accesso diretto alla produzione agricola del nucleo pampeano e una rete multimodale di trasporti che collega strade, ferrovie e vie navigabili con i principali centri produttivi del Paese.

A Rosario e nella sua area metropolitana si trova oltre l’80% degli impianti di trasformazione delle oleaginose dell’Argentina, facendo della città il cuore dell’industria olearia e della macinazione della soia a livello globale. Questo cluster industriale non solo ha un forte impatto sulla bilancia commerciale e sulla creazione di occupazione qualificata, ma stimola, attualmente, anche l’aumento degli investimenti esteri.

 

Rosario: città di nuove soluzioni industriali e innovazione edilizia

Rosario si conferma come uno dei poli economici più vitali dell’Argentina, grazie a un tessuto imprenditoriale che sa coniugare esperienza e innovazione. La città, motore industriale e commerciale, ospita iniziative in grado di attrarre investimenti e generare valore aggiunto per l’intera regione adattandosi con rapidità alle esigenze del mercato attuale. In questo ambiente si inserisce l’esperienza di RF Construcciones, azienda santafesina che ha scelto di diversificare la propria attività lanciandosi nel settore delle abitazioni modulari.

Chabás, all’interno dell’area metropolitana rosarina, l’azienda ha investito in strutture produttive con l’obiettivo di aumentare capacità, efficienza e occupazione.

La proposta di RF Construcciones sono case modulari di 20, 36 e 48 m², realizzate in tempi rapidi e a costi certi, e risponde a una domanda crescente di soluzioni abitative pratiche e trasportabili. L’impiego di carpenteria interna, materiali isolanti di livello industriale e sistemi di montaggio flessibili rende il prodotto adatto tanto al mercato residenziale quanto a quello turistico. L’azienda ha già consolidato clienti in Córdoba, Patagonia e Neuquén, portando fuori provincia un know-how che nasce dall’ecosistema produttivo rosarino.

Con un portafoglio che include realtà di rilievo come AFA, Nestlé e Paladini, RF Construcciones rappresenta un esempio concreto di come l’imprenditorialità rosarina sia capace di innovare, esportare competenze e competere su scala nazionale creando nuove proposte di valore attraverso soluzioni agili e sostenibili.

 

Santa Fe: Centro logistico dell’agricoltura rigenerativa

La multinazionale Louis Dreyfus Company (LDC) ha avviato in Argentina il suo programma di agricoltura rigenerativa, già attivo negli Stati Uniti, in Brasile e in Messico. In una prima fase sono state coinvolte oltre 10.000 ettari con otto produttori della zona nucleo, con l’obiettivo di raggiungere entro il 2030 205.000 ettari e 400 produttori.

Il piano si fonda su prezzi differenziali, finanziamenti agevolati e supporto tecnico, rispondendo alle richieste dei mercati internazionali, in particolare di quello europeo, sempre più esigente sul fronte della sostenibilità.

La strategia si articola in cinque assi centrali: colture di servizio, integrazione della zootecnia nelle rotazioni, diversificazione delle colture, gestione responsabile dei nutrienti e gestione integrata dei parassiti. Per l’attuazione, LDC collabora con partner come Syngenta, Aapresid, Peterson, The Nature Conservancy e Banco Galicia, oltre a Nestlé Argentina, che integra materie prime a basso impatto ambientale.

Il terminale di LDC, che sarà il centro logistico per lo stoccaggio e la separazione dei lotti secondo il suo sistema di produzione, sarà a General Lagos, Santa Fe.

LDC promuove la camelina, coltura emergente per biocarburanti avanzati e proteine vegetali, con l’obiettivo di superare le 70.000 ettari nel breve periodo, rafforzando il ruolo dell’Argentina nella roadmap globale della sostenibilità.

(Contributo editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario​)

 

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

Notizie dai mercati esteri - Turchia

Le esportazioni turche a metà 2025 crescono rispetto all’anno precedente

Secondo i dati diffusi lo scorso 31 luglio da Turkstat, in collaborazione con il Ministero del Commercio, nel solo mese di giugno 2025 le esportazioni turche sono ammontate a USD 20,5 mld, registrando un incremento del 7,9% rispetto allo stesso mese del 2024. Le importazioni hanno invece raggiunto USD 28,7 mld, con una crescita del 15,2% su base annua.

Nei primi sei mesi del 2025, le esportazioni hanno totalizzato USD 131,4 mld, segnando un aumento del 4,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le importazioni, nello stesso intervallo, si sono attestate a 180,8 miliardi di dollari, in crescita del 7,2%.

Nel medesimo periodo, i principali mercati di destinazione dell’export turco sono stati: Germania (USD 10,9 mld), Regno Unito (8,2 mld), Stati Uniti (7,8 mld), Italia (6,7 mld) e Iraq (5,6 mld), che insieme hanno rappresentato il 29,8% del totale delle esportazioni turche.

Per quanto riguarda le importazioni, i principali Paesi fornitori sono stati: Cina (USD 24,0 mld), Federazione Russa (21,7 mld), Germania (14,6 mld), Stati Uniti (8,2 mld) e Italia (8,0 mld).

 

I ricavi del settore raggiungono nuovo record nei primi sei mesi del 2025, a fronte di un leggero calo dei visitatori stranieri

Stando ai dati pubblicati dal Ministero della Cultura e del Turismo lo scorso 31 luglio, nei mesi gennaio-giugno del 2025 la Turchia ha accolto 21.399.784 visitatori stranieri, riportando un leggero calo dell’1,13% rispetto allo stesso periodo nel 2024. Sommando i 4.989.047 cittadini turchi arrivati dall’estero, il totale ha raggiunto i 26.388.8312 arrivi.

Nei primi sei mesi dell’anno, Istanbul ha accolto il 40,35% dei visitatori stranieri (8.635.589 presenze), seguita da Antalya con il 27,12% (5.802.922 presenze). Al terzo posto Edirne con l’8,60% (1.840.660 presenze).

In termini di provenienza geografica, nei sei mesi in osservazione i turisti russi (12,19% del totale) si sono collocati al primo posto con 2.609.609 presenze, seguiti da tedeschi (2.423.577), inglesi (1.752.883) e iraniani (1.359.900).

Gli italiani che si sono recati per turismo in Turchia nei mesi di gennaio-giugno 2025 invece sono stati 345.170 (1,61% del totale), con un marcato incremento del 34,05% rispetto al primo semestre del 2024.

I ricavi del settore sono saliti al loro nuovo massimo storico nel primo semestre del 2025, con USD 25,8 mld (+7,6% su base annua).

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

Disuguaglianze di reddito e ricchezza: confronto tra Canada e Italia

Negli ultimi decenni, le disuguaglianze economiche sono tornate al centro del dibattito pubblico, sia nei Paesi avanzati che in quelli in via di sviluppo. Il divario tra ricchi e poveri, in termini di reddito e di ricchezza, è cresciuto in modo significativo, con effetti assai pesanti sulla coesione sociale, sulla crescita economica e sulla stabilità democratica. Questo articolo pubblicato da Policy Options analizza questo aumento preoccupante delle disparità all’interno del Canada, facendo anche un confronto con la situazione italiana, evidenziando analogie e differenze strutturali.

Il caso canadese: una disuguaglianza crescente

Negli anni recenti, il Canada ha registrato una crescita allarmante delle disparità economiche, sia in termini di reddito che di ricchezza. Secondo l’articolo pubblicato da Policy Options, nel quarto trimestre del 2023 il 40% più ricco della popolazione canadese possedeva quasi il 65% del reddito disponibile, mentre il 40% più povero rimaneva sotto il 19%. Questo divario di 47 punti percentuali non è da sottovalutare, specialmente tenendo a conto che è aumentato di oltre un punto e mezzo in un solo anno.

Ancora più marcata è la concentrazione della ricchezza: il 20% più ricco possiede oltre due terzi della ricchezza nazionale. Il dato più eclatante è che l’1% più ricco detiene da solo il 26% della ricchezza complessiva, lasciando le briciole al resto della popolazione. Le famiglie appartenenti al quintile più alto possiedono mediamente oltre 3 milioni di dollari canadesi, mentre le famiglie più povere hanno un patrimonio medio inferiore ai 15.000 dollari, scarsi per sostenere un intero nucleo famigliare.

Questa tendenza ricade negativamente sul piano sociale: la povertà assoluta in Canada è aumentata fino al 9,9% nel 2022, e l’insicurezza alimentare ha colpito quasi un quarto della popolazione nel 2023. Nonostante la crescita economica e l’occupazione relativamente stabile, una parte sempre più ampia della popolazione non riesce a soddisfare i propri bisogni primari.

Le cause di questa disuguaglianza sono molteplici: politiche fiscali poco redistributive, un sistema assistenziale frammentato e insufficienti investimenti pubblici nei servizi essenziali. In particolare, i trasferimenti governativi, come quelli previsti per i minori o per i disoccupati, spesso non sono adatti ad affrontare l’attuale inflazione. Inoltre, persistono barriere sistemiche che colpiscono in modo sproporzionato le comunità indigene, le donne e i migranti.

Gli esperti suggeriscono una serie di riforme, tra cui il rafforzamento dei trasferimenti fiscali, la ristrutturazione del sistema di imposte sul patrimonio e l’introduzione di politiche più incisive per migliorare l’accesso all’istruzione, alla sanità e al mercato del lavoro. In sintesi, la disuguaglianza economica in Canada non è solo un fenomeno sociale, ma rappresenta una minaccia strutturale alla crescita sostenibile.

Il contesto italiano: sfide strutturali e squilibri persistenti

Anche in Italia la disuguaglianza economica rappresenta un problema grave e persistente. Sebbene i livelli di disuguaglianza di reddito siano inferiori rispetto al Canada, l’Italia presenta squilibri altrettanto critici, soprattutto in termini di ricchezza e povertà territoriale. Secondo Eurostat, il coefficiente di Gini, il quale misura le disparità economiche all’interno di un Paese, si attesta intorno a 34 punti in Italia, ben al di sopra della media europea. Ma sul fronte della ricchezza l’Italia mostra i dati più allarmanti: il 10% più ricco possiede quasi la metà della ricchezza netta totale. La componente finanziaria è ancora più concentrata, con livelli di Gini che superano lo 0,75. In sostanza, in pochi detengono le ricchezze del Paese, mentre il resto della popolazione possiede patrimoni modesti o inesistenti.

La povertà assoluta nel nostro Paese ha raggiunto il suo massimo storico nel 2023, con quasi 10% della popolazione, pari a circa 5,75 milioni di persone, che vive in condizioni di grave deprivazione materiale. Inoltre, un altro divario allarmante riguarda il Sud Italia e il centro-Nord, dato che nelle regioni meridionali si registrano tassi di povertà assoluta superiori al 12%, contro il 9-10% delle regioni del Centro-Nord. Perché’ persiste questa disparità sociale? Il mercato del lavoro italiano è segnato da scarsa produttività, salari bassi e ampia diffusione di contratti precari. Come se non bastasse, Il tasso di disoccupazione giovanile supera il 34%, e molti ragazzi, pur lavorando, rimangono in condizioni di povertà relativa. Purtroppo, l’Italia ha un sistema fiscale che tende a favorire i redditi alti e i grandi patrimoni: la tassazione su capitali, successioni e immobili è bassa, mentre quella sul lavoro è elevata, contribuendo a un effetto regressivo complessivo.

Il sistema di welfare italiano, sebbene garantisca alcune prestazioni universali, è frammentato e inefficiente. Questa situazione limita la coesione sociale e riduce il potenziale di crescita economica, aggravando le divergenze tra aree urbane e rurali, tra Nord e Sud, tra generazioni e tra gruppi sociali.

Analisi macroeconomica e implicazioni

Mettendo a confronto Canada e Italia, si evidenziano alcune somiglianze ma anche significative differenze. Entrambi i Paesi mostrano un crescente divario tra classe benestante e quella popolare, con un’alta concentrazione di ricchezza nelle mani di una piccola élite. Tuttavia, in Italia il fenomeno è reso più complesso da problemi strutturali storici, come il dualismo territoriale, la debolezza del mercato del lavoro e la fragilità del welfare. Queste disuguaglianze influenzano direttamente e negativamente la crescita del PIL.

Quando una grande fetta della popolazione ha accesso limitato a risorse e opportunità, si abbassa la domanda interna, aumentano le spese sanitarie e si deteriora la fiducia nelle istituzioni. In entrambe le nazioni, l’aumento della ricchezza finanziaria non si traduce automaticamente in investimenti produttivi, ma stimola frequentemente la speculazione e l’instabilità. Nel contesto canadese, l’introduzione di una tassa patrimoniale e il potenziamento dei trasferimenti universali sono al centro del dibattito pubblico, come l’assegno per i figli e i sussidi per le famiglie a basso reddito. In Italia, invece, la riforma fiscale è ancora in stand-by a causa di resistenze politiche e dall’assenza di una visione coerente. Malgrado varie raccomandazioni internazionali, non è stata ancora implementata una tassa sul patrimonio né sono stati risanai gli squilibri fiscali che favoriscono autonomi e grandi patrimoni.

Una delle principali debolezze italiane è la mancata coordinazione tra politiche sociali, fiscali e territoriali. In Canada, pur con i suoi limiti, esistono standard minimi garantiti in tutto il Paese grazie alla struttura federale. In Italia, invece, le politiche di assistenza sono spesso delegate a enti locali con risorse e capacità amministrative molto diverse, il che alimenta le disparità. L'assenza di un autentico sistema di redistribuzione, la mancanza di politiche strutturali per i giovani e la debolezza delle istituzioni periferiche rischiano di rendere l’Italia sempre più vulnerabile ai cicli economici negativi. Al contrario, interventi mirati e progressivi potrebbero contribuire a rafforzare la resilienza dell’economia e promuovere un modello di sviluppo più inclusivo.

Prospettive e raccomandazioni

Affrontare la disuguaglianza non significa soltanto lottare contro la povertà, ma anche favorire la stabilità e la crescita nel lungo periodo. I dati attestano chiaramente che l’attuale distribuzione di ricchezza e reddito nei due Paesi sta ostacolando lo sviluppo sociale e economico. Per il Canada, le indicazioni principali includono un rafforzamento dei programmi sociali, un ripensamento del sistema fiscale in senso progressivo e una maggiore attenzione alle disparità etniche e di genere. Per l’Italia, invece, è fondamentale:

  • • Introdurre una reale riforma fiscale progressiva, che includa una tassazione sulla ricchezza netta e aumenti l’efficienza del sistema.
  • • Potenziare i trasferimenti sociali, con misure universali e condizionate, per proteggere i gruppi più vulnerabili.
  • • Investire in istruzione, formazione e infrastrutture, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno.
  • • Promuovere un modello di welfare moderno, centrato sulla persona, integrando sanità, scuola, lavoro e assistenza.
  • • Ridurre le barriere strutturali che colpiscono i giovani, le donne e le famiglie a basso reddito nell’accesso al lavoro e ai servizi.

In sintesi, la disuguaglianza non è una fatalità, ma il frutto di precise scelte politiche. Guardando al Canada, l’Italia può trarre spunti utili, ma deve affrontare le proprie fragilità con una strategia coerente, ambiziosa e inclusiva. Solo così si potrà costruire un’economia solida, giusta ed efficiente nell’offrire opportunità reali a tutti i cittadini.

(Contenuto editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce in Canada - West)

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

Notizie dai mercati esteri - Australia

La domanda di moda di alta gamma cresce in Australia: focus sui consumatori HNWI

Nel mese di agosto 2025 il Governo del Nuovo Galles del Sud ha presentato la prima strategia istituzionale dedicata al settore moda, la NSW Fashion Sector Strategy 2025–2028. Si tratta di un documento di portata storica, in quanto riconosce ufficialmente la moda non solo come fenomeno culturale, ma anche come comparto economico di rilievo strategico per lo Stato. Secondo i dati resi noti, il settore moda e tessile contribuisce con circa 9,7 miliardi di dollari australiani al PIL del NSW e genera esportazioni per 7,2 miliardi di dollari all’anno, corrispondenti a circa l’1,7% del totale nazionale. È inoltre un ambito fortemente caratterizzato dall’occupazione femminile: il 77% della forza lavoro del comparto è costituito da donne, a conferma della centralità sociale oltre che economica del settore. 

La strategia, articolata su sei direttrici principali, mira a rafforzare l’intera filiera. In particolare, essa prevede la creazione di un Fashion Hub a Sydney in collaborazione con l’University of Technology e il City Council, concepito come spazio di innovazione e connessione tra imprese, creativi e istituzioni; l’avvio di uno studio di fattibilità per una Smart Factory dedicata alla manifattura avanzata, che possa integrare progettazione, produzione e distribuzione; e un investimento rinnovato sull’Australian Fashion Week, che si intende valorizzare quale piattaforma internazionale di riferimento per stilisti ed operatori del settore. Parallelamente, il Governo ha annunciato nuovi programmi di sostegno all’export, volti ad accompagnare i designer emergenti nei mercati globali, con particolare attenzione agli showroom europei, e ha stanziato fondi per la formazione, la revisione delle competenze e l’inclusione dei talenti delle comunità First Nations. 

In questo contesto, le opportunità per i marchi italiani appaiono particolarmente significative. Il mercato australiano è infatti caratterizzato da una domanda crescente di beni di lusso e di artigianalità europea, alimentata da una fascia di consumatori ad alto reddito (HNWI) sempre più attenta alla qualità, all’heritage e all’esclusività. La creazione di poli come il Fashion Hub e l’implementazione di programmi di export aprono spazi concreti per una presenza strutturata del Made in Italy, sia attraverso l’inserimento in piattaforme collaborative e di incubazione, sia tramite la partecipazione diretta a fiere e manifestazioni di risonanza internazionale come l’Australian Fashion Week. 

Le iniziative legate alla Smart Factory appaiono inoltre particolarmente affini al know-how italiano in materia di manifattura di precisione, sostenibilità e innovazione tecnologica. In prospettiva, collaborazioni tra istituzioni formative australiane e scuole di moda italiane – come Polimoda, Marangoni o IED – potrebbero consolidare un ponte formativo e culturale di reciproco beneficio, contribuendo a qualificare ulteriormente la manodopera locale e, al contempo, a diffondere il modello italiano di eccellenza artigianale. 

In definitiva, la nuova strategia del NSW definisce un quadro di politiche pubbliche volto a trasformare la moda in un settore trainante dell’economia creativa australiana. Per l’Italia, essa costituisce un’occasione privilegiata di investimento e di posizionamento strategico, offrendo la possibilità di rafforzare la propria leadership culturale ed economica nel segmento del lusso e di consolidare i legami bilaterali attraverso progetti di innovazione, formazione e internazionalizzazione. 

 

Moda sostenibile: nuove opportunità per i brand italiani nel mercato australiano

Il mercato australiano della moda sostenibile è in rapida ascesa; Il comparto “green” (o slow fashion) vale attualmente circa 1,98 miliardi di AUD e si prevede cresca intorno al 7 % annuo fino al 2028. Più del 60% dei consumatori australiani oggi preferisce acquistare da brand impegnati nella sostenibilità ambientale e oltre il 41% dichiara di aver già acquistato capi “ecofriendly”. 

Il contesto favorisce i brand italiani: noti non solo per la loro artigianalità, ma anche per l’utilizzo di materiali naturali, che possono trovare spazio sia nelle boutique indipendenti che nell’ecommerce, rispondendo alla crescente domanda di trasparenza e qualità. Inoltre, i consumatori australiani mostrano interesse verso prodotti duraturi e tracciabili, perfettamente in linea con le eccellenze italiane in slow fashion.  

A livello infrastrutturale e strategico, l’industria australiana sta spingendo verso pratiche circolari: alcuni marchi adottano tessuti organici, programmi di riciclo, economie rigenerative e sharing; inoltre, nuove iniziative governative e normative promuovono la sostenibilità nelle filiere. Questo contesto facilita l’ingresso di marchi italiani che offrono moda responsabile e di alta qualità. 

I brand italiani più interessanti da valorizzare includono nomi come Manteco (tessuti riciclati), Orange Fiber (fibre da sottoprodotti agrumi), Brunello Cucinelli, Etro, oltre ad altri emergenti del Made in Italy sostenibile. Questi esempi dimostrano come l’eccellenza estetica possa sposarsi alla sostenibilità. 

Per i consumatori australiani, dove il costo della vita spinge molti verso il second hand, l’offerta italiana può rappresentare in questo senso una risposta di valore e durata, a fronte dell’omologazione sempre più marcata del fast fashion. 

 

(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia inc.)

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

Notizie dai mercati esteri - Brasile

Il Brasile, motore trainante dell’Investimento Diretto Estero in America Latina

Nel 2024, i flussi di Investimento Diretto Estero (IDE) in America Latina e nei Caraibi sono aumentati del 7,1%, raggiungendo complessivamente 188,962 miliardi di dollari . Sebbene il tasso di IDE nella formazione lorda di capitale fisso (13,7%) e nel rapporto col PIL (2,8%) resti sotto i livelli della scorsa decade (rispettivamente 16,8% e 3,3%), il trend è positivo.

Il Brasile emerge come primo destinatario regionale, con un incremento di IDE pari al +13,8%, rappresentando il 38% del totale regionale. Segue il Messico con +47,9% e una quota del 24%. Decisivo è stato il ruolo del Brasile nel sostenere la ripresa degli investimenti nella regione.

L’analisi di settore rivela un aumento degli investimenti nella manifattura (43,6%), mentre i servizi si attengono al 40,4%; le risorse naturali, invece, rappresentano il 16% del totale. La crescita è trainata principalmente da multinazionali già presenti sul territorio, tramite reinvestimento degli utili; al contrario, i nuovi ingressi di capitale rimangono stagnanti.

Nel contesto dei minerali critici per la transizione energetica, la CEPAL evidenzia che tra il 2005 e il 2024 sono stati annunciati 1.152 progetti per un valore complessivo di 230 miliardi di dollari, di cui l’84% riguarda Cile, Perù, Brasile e Argentina. Solo il 24% dei progetti attiene a minerali chiave, ma ne rappresenta il 42% del valore complessivo. Canada, Regno Unito, Cina e Australia sono tra i maggiori investitori.

Tuttavia, la regione stenta a tradurre le sue risorse in valore aggiunto: il 62% delle esportazioni di minerali critici rimane grezzo o minimally raffinato. La CEPAL sottolinea l’urgenza di rafforzare capacità tecniche, operative, politiche e prospettiche (TOPP) per favorire una governance più strategica del settore.

Infine, la trasformazione digitale rappresenta una sfida e un’opportunità: nonostante i progressi, solo il 7% dell’IDE globale legato alla digitalizzazione arriva nella regione. Messico e Brasile raccolgono rispettivamente il 32% e il 29% degli annunci di progetti tra il 2005 e il 2024; se si considerano anche Argentina, Cile e Colombia, si arriva oltre l’80% del totale regionale.

 Il settore delle comunicazioni assorbe la maggiore parte degli investimenti, cruciale per infrastrutture quali data center e reti ad alta velocità, mentre software e servizi IT, pur numericamente predominanti nei progetti, rappresentano una fonte chiave di occupazione qualificata.

Articolo scritto sulla base dei dati CEPAL 2025

Porti del Nordest brasiliano in volo: minerale, petrolio e soia spingono la ripresa nel primo semestre

Nel primo semestre del 2025, i porti della regione Nordest del Brasile hanno raggiunto una performance sorprendente: ben 150,5 milioni di tonnellate di merci movimentate, superando di 1,2 milioni di tonnellate il risultato del medesimo periodo dell’anno precedente . Un dato che traduce in crescita, sviluppo e una netta accelerazione per le dinamiche economiche dell’intera regione.

Il Terminal Marítimo di Ponta da Madeira, nel Maranhão, si conferma il pivot dell’attività portuale, con 75,2 milioni di tonnellate movimentate, dominando per volumi la scena regionale. Non da meno il Porto di Itaqui, sempre nello Stato del Maranhão, che ha veicolato 17,2 milioni di tonnellate, con una composizione rilevante di combustibili e cereali

A Pernambuco, il Complesso Industriale Portuale di Suape – crocevia strategico per l’export automobilistico – ha totalizzato 10,9 milioni di tonnellate, esportando 37.668 veicoli solo nel primo semestre . In Bahia, il Terminal Aquaviário di Madre de Deus, specializzato in derivati petroliferi, ha raggiunto 9,9 milioni di tonnellate, mentre il Porto di Pecém, in Ceará, ha movimentato 9,5 milioni di tonnellate di merci varie.

Questi numeri raccontano un quadro articolato: il minerale ferroso dal Maranhão, il petrolio in uscita dalla Bahia, i veicoli in partenza da Suape, e i fertilizzanti e cereali da Pecém. Una sinergia logistica che incarna l’integrazione profonda tra la regione portuale e le catene produttive nazionali.

I dati non sono mera statistica, ma traduzione concreta in occupazione, entrate e dinamismo delle filiere produttive locali. Il Maranhão, ad esempio, ha visto crescere il suo PIL del 1,9% nel primo trimestre del 2025, un risultato superiore alla media nazionale, risultato attribuito per larga parte alla performance dei porti.

È evidente come il settore agrario, la miniera e l’energia – settori chiave ancora più fondamentali per l’economia nordestina – dipendano in maniera cruciale da un sistema portuale efficiente: consente di ridurre i costi logistici, espandere la propria competitività e rafforzare la presenza sul commercio estero e sul mercato interno .

I porti del Nordest si confermano quindi pilastri strategici della logistica brasiliana, con impatti che travalicano i confini regionali: rappresentano il crocevia essenziale tra l’economia brasiliana e i principali flussi commerciali globali. Questa robusta performance semestrale suggella la centralità del Nordest nel disegno macroeconomico del Paese.

In conclusione, il Nordest brasiliano, forte dei suoi terminali portuali, si pone oggi come motore di crescita integrata, una cornice in cui infrastrutture, produzione e commercio estero dialogano in sinergia, disegnando uno scenario di sviluppo sostenuto e orientato al futuro.

Nel primo semestre del 2025, i porti della regione Nordest del Brasile hanno raggiunto una performance sorprendente: ben 150,5 milioni di tonnellate di merci movimentate, superando di 1,2 milioni di tonnellate il risultato del medesimo periodo dell’anno precedente . Un dato che traduce in crescita, sviluppo e una netta accelerazione per le dinamiche economiche dell’intera regione.

Il Terminal Marítimo di Ponta da Madeira, nel Maranhão, si conferma il pivot dell’attività portuale, con 75,2 milioni di tonnellate movimentate, dominando per volumi la scena regionale. Non da meno il Porto di Itaqui, sempre nello Stato del Maranhão, che ha veicolato 17,2 milioni di tonnellate, con una composizione rilevante di combustibili e cereali

A Pernambuco, il Complesso Industriale Portuale di Suape – crocevia strategico per l’export automobilistico – ha totalizzato 10,9 milioni di tonnellate, esportando 37.668 veicoli solo nel primo semestre . In Bahia, il Terminal Aquaviário di Madre de Deus, specializzato in derivati petroliferi, ha raggiunto 9,9 milioni di tonnellate, mentre il Porto di Pecém, in Ceará, ha movimentato 9,5 milioni di tonnellate di merci varie.

Questi numeri raccontano un quadro articolato: il minerale ferroso dal Maranhão, il petrolio in uscita dalla Bahia, i veicoli in partenza da Suape, e i fertilizzanti e cereali da Pecém. Una sinergia logistica che incarna l’integrazione profonda tra la regione portuale e le catene produttive nazionali.

I dati non sono mera statistica, ma traduzione concreta in occupazione, entrate e dinamismo delle filiere produttive locali. Il Maranhão, ad esempio, ha visto crescere il suo PIL del 1,9% nel primo trimestre del 2025, un risultato superiore alla media nazionale, risultato attribuito per larga parte alla performance dei porti.

È evidente come il settore agrario, la miniera e l’energia – settori chiave ancora più fondamentali per l’economia nordestina – dipendano in maniera cruciale da un sistema portuale efficiente: consente di ridurre i costi logistici, espandere la propria competitività e rafforzare la presenza sul commercio estero e sul mercato interno .

I porti del Nordest si confermano quindi pilastri strategici della logistica brasiliana, con impatti che travalicano i confini regionali: rappresentano il crocevia essenziale tra l’economia brasiliana e i principali flussi commerciali globali. Questa robusta performance semestrale suggella la centralità del Nordest nel disegno macroeconomico del Paese.

In conclusione, il Nordest brasiliano, forte dei suoi terminali portuali, si pone oggi come motore di crescita integrata, una cornice in cui infrastrutture, produzione e commercio estero dialogano in sinergia, disegnando uno scenario di sviluppo sostenuto e orientato al futuro.

Informazioni da Agência Brasil

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025
Martedì 9 Settembre 2025

Contesto e panorama dell’immigrazione economica in Canada

Negli ultimi anni, l’immigrazione economica ha rappresentato una leva cruciale per lo sviluppo economico e demografico del Canada. Nel solo 2021, il Paese ha accolto oltre 435.000 nuovi immigrati, di cui più della metà rientrava nella categoria “economic immigrants”, ovvero persone selezionate per le loro competenze professionali e livello di istruzione. Questa tipologia di immigrazione ha un impatto diretto sul PIL, sull’innovazione e sulla sostenibilità del sistema pensionistico canadese, in particolare in un contesto di invecchiamento della popolazione nativa. Il Canada, senza questi flussi, rischierebbe un calo demografico e un rallentamento della crescita.

All’interno di questo quadro, anche gli italiani – seppur in numeri contenuti rispetto al passato – continuano a migrare verso il Canada, attratti da opportunità lavorative e di studio. Secondo i dati più recenti, circa 12.000 italiani si sono stabiliti in Canada negli ultimi 13 anni. Nella provincia della British Columbia, una delle destinazioni più dinamiche e multiculturali del Paese, gli immigrati rappresentano quasi il 30% della popolazione. La comunità italiana, radicata già dal XX secolo, oggi è composta da professionisti, imprenditori e studenti che contribuiscono attivamente al tessuto economico e sociale della regione.

La British Columbia, con un PIL che supera i 350 miliardi di dollari canadesi, trae grandi benefici da questi flussi: il sistema produttivo si rafforza grazie all’arrivo di lavoratori qualificati in settori come tecnologia, sanità e formazione. Inoltre, gli immigrati in BC mostrano tassi di imprenditorialità superiori alla media nazionale, contribuendo a creare nuove aziende e posti di lavoro.

Anche per l’Italia, questi scambi migratori rappresentano una duplice opportunità: da un lato si apre un canale per l’internazionalizzazione dei giovani talenti e delle competenze, dall’altro si rafforzano le relazioni economiche e culturali tra i due Paesi. Tuttavia, l’Italia deve affrontare il rischio del brain drain, cioè la perdita di capitale umano qualificato, a meno che non riesca a incentivare programmi di rientro o collaborazioni con le comunità italiane all’estero.

(Contenuto editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce in Canada - West)

Ultima modifica: Martedì 9 Settembre 2025