Mercoledì 19 Novembre 2025
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La Danimarca è conosciuta nel mondo come la patria dell’energia eolica. Le pale che svettano lungo le coste e nelle campagne hanno reso il Paese un simbolo della transizione verde.
Molto meno noto è invece il percorso del fotovoltaico: pur in crescita, il solare resta oggi una risorsa sottoutilizzata rispetto al suo potenziale. Secondo l’Agenzia danese per l’energia, la capacità installata ha superato i 4 gigawatt a metà del 2025 e oggi fornisce circa l’11% dell’elettricità nazionale. Si tratta di numeri importanti, ma ancora insufficienti se confrontati con gli obiettivi climatici fissati dal governo, che punta a quadruplicare la produzione di solare e vento a terra entro il 2030.
Il paradosso sta nel fatto che, nonostante il calo dei costi e l’ampio sostegno dell’opinione pubblica, diversi fattori continuano a frenare la diffusione del fotovoltaico. Per anni i comuni hanno dovuto affrontare procedure burocratiche complesse, come l’obbligo di costituire società intermediarie o di elaborare calcoli energetici complicati, che hanno reso più difficile installare pannelli su scuole, piscine o municipi. Anche le normative edilizie hanno spesso agito da freno: nelle valutazioni ufficiali, i pannelli non ricevono un pieno riconoscimento dei benefici futuri e in certi casi finiscono addirittura per peggiorare i bilanci climatici degli edifici. A questo si sommano le incertezze economiche, con operatori che denunciano il rischio di tariffe e oneri per l’uso della rete in forte aumento, e i limiti legali che vincolano i pannelli agli edifici su cui vengono installati, complicando modelli di finanziamento innovativi come leasing o consorzi. Infine, la rete elettrica nazionale non è ancora pronta ad assorbire senza difficoltà quantità crescenti di elettricità prodotta in modo variabile.
Paradossalmente, il freno non arriva dai cittadini. I danesi sono tra i più favorevoli d’Europa all’uso del fotovoltaico: oltre il 90% si dichiara a favore dell’installazione di pannelli su tetti industriali. È dunque evidente che il problema è più politico e regolatorio che culturale. Proprio per questo la riforma annunciata dal governo è stata accolta con favore: dal 2026 i comuni potranno installare pannelli senza dover passare per intermediari e senza calcoli ridondanti. Il costo stimato per lo Stato è di 400 milioni di corone, ma si prevede che nel lungo periodo i risparmi per le amministrazioni locali saranno ben superiori. Parallelamente, sono allo studio nuove regole per separare la proprietà dei pannelli da quella degli edifici, così da aprire la porta a strumenti di finanziamento più flessibili.
Gli esperti indicano tre priorità per accelerare la rivoluzione solare: procedure più snelle e uniformi, accesso facilitato al credito e soprattutto investimenti nella rete elettrica, con smart grid e sistemi di accumulo capaci di integrare la variabilità della produzione. In gioco non c’è soltanto la sostenibilità, ma anche l’autonomia energetica dei comuni e la possibilità di reinvestire i risparmi in welfare locale.
Il futuro del fotovoltaico in Danimarca non è scritto, ma la direzione è chiara. Il Paese ha già dimostrato con l’eolico di saper guidare la transizione a livello globale; se le riforme promesse saranno attuate con decisione, i tetti di città e campagne potranno presto brillare di pannelli solari, trasformando un potenziale ancora inespresso in una forza concreta. Il 2030 si avvicina e con esso la sfida di coprire interamente il fabbisogno elettrico con fonti rinnovabili. Per riuscirci, la Danimarca non potrà fare a meno del sole.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)
Nel primo semestre del 2025, l’economia della regione Nordeste ha consolidato un trend positivo, ma è il Ceará a distinguersi per performance leggermente superiori alla media regionale. È quanto emerge dall’ultimo studio dell’Escritório Técnico de Estudos Econômicos do Nordeste (Etene) del Banco do Nordeste (BNB), che monitora l’evoluzione economica dell’area mediante l’Indice di Attività del Banco Central per il Nordeste (IBCR-NE).
Secondo il rapporto, l’IBCR-NE ha registrato una crescita del 2,4% nella regione nei primi sei mesi dell’anno; su base annuale, l’aumento raggiunge il 3,8%, lievemente al di sotto della media nazionale che si attesta al 3,9%.
Il Ceará ha segnato un incremento del 2,6% nel semestre, superando così la media del Nord-Est, pur senza allontanarsi di molto da essa. Questo risultato conferma la presenza, nello Stato, di «fondamentali solidi», anche se il rapporto del BNB sottolinea la necessità di potenziare quei settori con maggiore valore aggiunto e di ridurre la dipendenza da mercati esteri.
L’analisi evidenzia notevoli divari all’interno della regione. Bahia emerge come la più dinamica, con una crescita semestrale del 3,9%, favorita da una base produttiva diversificata e condizioni climatiche favorevoli al comparto agricolo.
Al contrario, Pernambuco registra una flessione dello 0,3% nel semestre, a causa del minore dinamismo in agricoltura e industria, e di una evidente decelerazione nei servizi.
Per il resto del 2025, le prospettive per l’economia nordestina restano di crescita moderata. Elementi propulsivi includono il rafforzamento dell’agro-business, in particolare in Bahia e alcune aree del Ceará, investimenti in infrastrutture logistiche ed energetiche, e il progresso nei settori industriali e dei servizi con potenziale export.
Tuttavia, permangono rischi concreti: la forte dipendenza dalle condizioni climatiche, la volatilità dei prezzi internazionali, e la possibilità che politiche protezioniste nei mercati esteri ostacolino le esportazioni. Internamente, alcuni settori soffrono per l’accesso al credito e per la mancanza di diversificazione produttiva.
Articolo elaborato con informazioni tratte dal Diário do Nordeste
(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)
L’anno 2024 consacra la traiettoria della destinazione con livelli di attività senza precedenti. La città, completamente riqualificata e sostenuta da un’offerta in costante crescita di standing, raccoglie i frutti di una strategia internazionale incisiva. Un altro fattore chiave è il lavoro collettivo pienamente condiviso. La partnership operativa con Nice Shopping illustra un approccio centrato sull’esperienza complessiva. L’obiettivo: mettere in relazione ricettività, cultura, eventi e commercio per prolungare la durata media dei soggiorni, aumentare la spesa media e rendere più fluido il percorso tra quartieri, mare e colline. Questa logica di itinerari urbani «ad alto potenziale» giova tanto ai visitatori quanto agli attori economici locali, rafforza l’attrattività del territorio e arricchisce il percorso del visitatore.
All’Ufficio del Turismo Metropolitano Nice Côte d’Azur, il direttore generale Jean-Sébastien Martinez traccia un quadro chiaro: la performance alberghiera non è mai stata così alta. Nel 2008 Nizza contava 8.500 camere per un tasso di occupazione annuale del 51%; nel 2024 si raggiungono 12.700 camere e il 72% di occupazione. Oltre la metà del parco alberghiero è oggi classificata 4–5 stelle, rendendo Nizza la seconda destinazione francese per offerta cinque stelle.
Più che una semplice congiuntura favorevole, si tratta di una peculiarità a livello nazionale: tra le grandi città francesi, Nizza si distingue per la maggioranza di visitatori internazionali (circa il 60% contro il 40% di francesi). Considerando le numerose seconde case europee (Svezia, Italia, Regno Unito, ecc.), la quota estera sfiora il 70% sulla provincia.
Il mercato turistico è molteplice e soprattutto decisamente diversificato. Gli Stati Uniti fanno la parte del leone (19% dei visitatori stranieri), seguiti da Regno Unito, Germania e Paesi scandinavi. Pioniere in questo ambito, l’Ufficio del Turismo di Nizza è il primo ad attrarre, attraverso diversi strumenti, turisti provenienti da Stati USA meno presidiati (Illinois, Texas…).
Per quanto riguarda la stagione invernale tra novembre 2024 e febbraio 2025, la Costa Azzurra ha registrato un’ottima dinamica. A Nizza, le notti internazionali sono aumentate del 10% rispetto all’inverno precedente, il tasso di occupazione alberghiera è cresciuto del 3% sul periodo, il ricavo per camera è salito del 7% e l’aeroporto Nice Côte d’Azur ha segnato un +16% di arrivi internazionali.
Questa performance si basa su una strategia di marketing efficace, sostenuta da Atout France (agenzia di sviluppo turistico), sui mercati prioritari.
Expedia (USA, Canada, Regno Unito, Scandinavia, Francia): +20% di ricerche per la Costa Azzurra in inverno e +5% di prenotazioni sulla stagione rispetto all’anno precedente, dopo una prima annualità già in forte crescita (+20%).
Altre operazioni di notorietà e conversione (Lastminute, eDreams) hanno completato il piano media in Francia, Italia e Belgio. Bilancio provvisorio: oltre 150 milioni di impression, quasi 20.000 notti e più di 6.500 biglietti aerei attribuiti alla campagna (campagna tuttora in corso).
Parallelamente, l’Ufficio del Turismo di Nizza intensifica il lavoro editoriale e mediatico attorno all’«esperienza inverno» sulla Costa Azzurra. Questo impegno alimenta in modo duraturo il posizionamento organico (SEO) dei contenuti stagionali e ne amplifica la portata organica sui social network e sui siti dei partner.
La strategia mira a fare della destinazione un punto di riferimento per un turismo sostenibile nelle quattro stagioni, attento ai residenti e agli ecosistemi. Alla vigilia di nuovi appuntamenti internazionali, tra cui i Giochi Olimpici invernali del 2030, l’obiettivo è accelerare lo slancio mantenendo al contempo la crescita sotto controllo.
In attesa dei bilanci turistici del 2025, le statistiche estive fanno registrare record, in particolare nel settore alberghiero, dove a giugno il tasso di occupazione raggiunge l’85%. La tendenza si conferma a luglio, sostenuta da un fitto calendario culturale e festivo (Jazz à Juan, Nice Jazz Festival, Patrouille de France a Mentone…). Sul litorale si sfiora l’87% di occupazione (+1 punto rispetto al 2024) e il RevPAR (ricavo per camera disponibile) è in aumento dell’8%.
A cinque anni dall’apertura alla concorrenza, Trenitalia si impone quale principale sfidante della SNCF. Dopo Parigi–Lione (fine 2021), l’impresa ferroviaria italiana ha avviato i servizi ad alta velocità Parigi–Marsiglia (3h30), inaugurati alla presenza di amministratori locali ed Edoardo Rixi, Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Trenitalia propone quattro andate e ritorno quotidiani con Frecciarossa, con fermate a Lione Saint-Exupéry, Avignone TGV e Aix-en-Provence TGV. Lione risulta così ampiamente servita (Part-Dieu, Perrache e aeroporto). In funzione del riempimento, alcune circolazioni saranno effettuate in doppia composizione. Le tariffe di lancio partono da 27 € a tratta.
Trenitalia mira a un tasso medio di riempimento del 60% nel primo anno sulla relazione Parigi–Marsiglia, pari a circa un milione di viaggiatori aggiuntivi. Sulla Parigi–Lione, il traffico 2024 è già aumentato del 40%. Renfe (compagnia ferrovia spagnola), dal canto suo, fatica ancora ad attivare partenze da Parigi verso la Spagna.
Per quanto riguarda il periodo estivo:
il 5 luglio, in direzione Marsiglia, Trenitalia indica 85 € (partenza alle 19:00) e 99 € (alle 14:46). La SNCF propone primi prezzi a 78 € (19:30 con InOui, 20:00 con Ouigo). Per partenze più anticipate nel pomeriggio, i prezzi SNCF crescono rapidamente (almeno 136 € alle 15:30), con alternative Ouigo da Marne-la-Vallée a partire da 110 € in giornata e 90 € alle 7:00.
Tale divario di prezzo si spiega nell’ambito dell’apertura alla concorrenza del mercato francese: i nuovi entranti beneficiano di riduzioni sui canoni di accesso all’infrastruttura ferroviaria, pari a circa −30% fino a maggio 2026, poi −17% fino a dicembre 2026, con ritorno alla tariffazione regolamentata nel 2027. Questo vantaggio consente di praticare prezzi più bassi e più stabili, rafforzando l’immagine di Trenitalia quale operatore dai listini regolari.
Combinando una fitta offerta di servizi, una politica tariffaria aggressiva e condizioni commerciali flessibili, Trenitalia intensifica la concorrenza su un asse premium, anche grazie alle numerose classi (Standard, Business, Meeting, Executive). La capacità di mantenere tali livelli di prezzo oltre il 2026, una volta ridotte e poi eliminate le agevolazioni, costituirà uno dei nodi centrali della competizione con la SNCF.
Dal 9 al 13 giugno 2025, Nizza ha assunto il ruolo di capitale mondiale dell’oceano. Co-organizzata dalla Francia e dal Costa Rica, la Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani (UNOC) ha riunito oltre 12.000 partecipanti provenienti da 175 paesi: responsabili politici, scienziati, ONG, rappresentanti di popoli indigeni, imprese, enti locali e finanziatori. Al centro degli scambi, una stessa ambizione: rendere concreta, misurabile e verificabile l’attuazione dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile dedicato alla «vita sott’acqua».
L’annuncio più strutturante riguarda l’accordo BBNJ (Biodiversity Beyond National Jurisdiction), la cui entrata in vigore è attesa nel 2026. Questo trattato colma un vuoto giuridico per l’alto mare che costituisce quasi il 64% dell’oceano mondiale disciplinando la creazione di aree protette, la valutazione degli impatti delle attività, la condivisione dei benefici legati alle risorse genetiche marine e il rafforzamento delle capacità degli Stati.
Sulla scia di questa prospettiva, diversi paesi hanno ufficializzato l’estensione o la creazione di aree marine protette nel Mediterraneo, nel Pacifico meridionale, in Africa occidentale e nei Caraibi, segno che la traiettoria volta a proteggere il 30% degli spazi marini entro il 2030 si radica ormai nelle politiche pubbliche.
Queste firme contribuiranno a sradicare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Le delegazioni hanno infatti sostenuto dispositivi che rafforzano la tracciabilità, la cooperazione tra organizzazioni regionali e l’applicazione rigorosa dell’Accordo della FAO sulle misure dello Stato di approdo, così da prosciugare gli sbocchi commerciali delle catture illecite.
La posta in gioco è vitale per molti paesi costieri del Sud, dove le pescherie artigianali incidono al contempo su occupazione, alimentazione e coesione sociale.
È stato affrontato anche il tema del trasporto marittimo, che assicura la gran parte degli scambi mondiali (circa il 90% dei volumi) e rappresenta quasi il 3% delle emissioni di gas a effetto serra, occupando un posto centrale nel dibattito.
Diversi Stati hanno sostenuto presso l’Organizzazione marittima internazionale un pacchetto di misure vincolanti che combini tariffazione del carbonio, traiettorie di riduzione compatibili con il 2050 e incentivi all’adozione di carburanti e tecnologie più puliti, per accelerare la transizione senza disorganizzare le catene logistiche.
L’inquinamento da plastica è stato al cuore delle discussioni, cristallizzando un ampio consenso a favore di un trattato mondiale ambizioso. L’«Appello di Nizza», sottoscritto da 96 paesi, fissa una direzione chiara: eliminare progressivamente questo tipo di inquinamento entro il 2040 agendo su quattro leve complementari:
riduzione alla fonte e sobrietà della produzione, eco-progettazione, finanziamento di infrastrutture di economia circolare, governance adattativa che integri lo stato delle conoscenze scientifiche. Questa dinamica dovrebbe consentire di ricomporre le posizioni prima della ripresa ufficiale dei negoziati internazionali.
La conferenza si è conclusa con oltre 800 impegni volontari, provenienti da Stati, enti locali, istituti di ricerca, fondazioni e imprese. I giovani, gli attori della società civile e i rappresentanti indigeni hanno tuttavia ricordato che la credibilità del processo dipenderà dalla traduzione operativa: finanziamenti stabili, trasferimenti di tecnologia, monitoraggio trasparente e valutazione indipendente dei risultati.
Questo volontarismo risponde a una realtà biofisica implacabile. L’oceano, che assorbe tra un quarto e un terzo della CO₂ emessa dalle attività umane, è indebolito dalle ondate di calore marine, dell'acidificazione e della deossigenazione. Gli ecosistemi costieri e d’altura subiscono inoltre pressioni di origine terrestre: plastiche (macro e micro), residui farmaceutici, pesticidi, nutrienti. Eppure i servizi offerti dagli ambienti marini sorreggono interi settori delle nostre società: oltre tre miliardi di persone dipendono dalle risorse ittiche per il proprio sostentamento, l’80% delle merci transita via mare e l’«economia blu», in termini di valore, equivale a una quinta potenza mondiale.
In questo contesto, il multilateralismo è apparso come l’unica via realistica per gestire beni comuni che ignorano le frontiere. Nei prossimi mesi resteranno determinanti diversi dossier: finalizzare le ratifiche del BBNJ, concludere un accordo mondiale giuridicamente vincolante sulla plastica, uscire dall’impasse in seno all’OMC sul divieto dei sussidi che favoriscono la sovrapesca, regolamentare rigorosamente lo sfruttamento minerario dei grandi fondali.
L’Unione europea, forte di 22 Stati membri marittimi e della più vasta zona economica esclusiva al mondo, ha colto l’occasione dell’UNOC per svelare il 5 giugno 2025 il suo Patto europeo per gli oceani. Questo quadro preannuncia una «legge sugli oceani» nel 2027, destinata a iscrivere nel diritto europeo obiettivi verificabili: 30% di aree marine protette entro il 2030 (di cui il 10% sotto protezione rigorosa), in coerenza con la legge del 2024 sul ripristino della natura (almeno il 20% degli ambienti marini degradati ripristinati entro il 2030, con orizzonte al 2050 per il resto) e una migliore coordinazione delle competenze tra livello europeo e Stati rivieraschi.
Tuttavia, malgrado questo grande evento, oggi appena il 9% dell’oceano mondiale beneficia di una protezione effettiva secondo diverse ONG. Per proseguire in questo slancio, divenuto una necessità, servono piani nazionali credibili, budget identificati e meccanismi di controllo accompagnati da conseguenze in caso di mancato rispetto.
La prima COP sull’alto mare, attesa per la fine del 2026, costituirà un banco di prova: dovrà trasformare l’accordo politico in norme operative e in risultati misurabili.
Allora l’oceano: regolatore del clima, serbatoio di biodiversità e ossatura dell’economia mondiale; potrà finalmente continuare a svolgere appieno il proprio ruolo al servizio delle generazioni presenti e future.
Venerdì 9 Maggio 2025
Malgrado una stagione 2024 abbia avuto un leggero ribasso di prenotazioni, il settore alberghiero outdoor si mantiene ad un alto livello e continua ad espandersi. Questo tipo di hotellerie resta sempre in balia delle condizioni metereologiche, infatti, per il mese di agosto 2024, c’è stato un calo della domanda (-0,35%). Tuttavia, i campeggi francesi continuano ad affermarsi come mercato turistico, con 141 milioni di soggiorni durante lo scorso anno. Da considerare è che molti di questi sono inglobati in grandi gruppi o catene, come Flower Campings o l’European Camping Group.
La clientela dei campeggi varia, parte dai grandi operatori ai piccoli gruppi. Mentre, a livello di offerta, dopo le strutture più grandi, vengono ora presi di mira gli esercizi con 150 posti o meno. Da parte del consumatore c’è una particolare attenzione ai prezzi di soggiorno, ragione per la quale, è ipotizzabile che, le piazzole - per montare una tenda - stanno vivendo una rinascita di popolarità a scapito delle case mobili.
Infine, si prospetta un andamento del +1% per la stagione 2025.
Nel 2024, le ciffre d’affari del mercato del gelato diminuirono del 4,7% a 1,48 miliardi di euro, ma aumentò il numero di chi cedette alla tentazione, furuno 60.000 i nuovi consumatori di gelato. Si crede che per il 2025, le prospettive siano migliori, infatti le vendite di gelati sono aumentate del 10% in Francia all'inizio del 2025, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Per il mese di gennaio e febbraio la ciffra d’affari è stata di 88,2 millioni, presumibilmente tale crescita è dovuta al bel tempo sul Paese.
Un’altro motivo d’ottimismo è l’aumento delle referenze di gelati lanciati sul mercato nel 2024, tali novità rappresentano la leva consumistica. In particolare, i produttori scommettono sui ghiaccioli, che rimangono i protagonisti, con il 26% della quota di mercato. Tra i trend gustativi, troviamo i gelati fatti con i frutti esotici e frutta secca, ma anche quelli in formato “biscotto”. Per incontrare le aspettative dei consumatori golosi, ma attenti alla linea, i formati “mini” o “a morsi” sono favoriti.
Lunedì 10 Marzo 2025
Al Salone dell’Agricoltura di Parigi, il compartimento vitivinicolo ha svelato una strategia comune per far fronte al calo della consumazione di vino e al cambiamento climatico. In particolare, la filiera vuole modernizzare l’immagine del vino e attirare più giovani. Le aziende si sono dimostrate unite per rilanciare il settore e tale azione si è rivelata colletiva ed inedita.
Il piano che è stato lanciato dura 18 mesi e riguarda l’estirpo di 100.000 ettari, ovvero il 10% del vigneto nazionale. Con un premio fino a 4.000 euro per ettaro. Inoltre, a breve partirà una seconda campagna, con 5.500 domande presentate, per oltre 27.000 ettari. Si tratta di un bilancio di 110 milioni di euro, finanziato dallo Stato e dalle istituzioni del settore.
Ulteriormente, i viticoltori, insieme ai distributori di vino, vorrebbero migliorare l’offerta proposta nei punti vendita. In generale, il piano si basa sul modello dello champagne che conosce lo stock necessario e la consumazione dei suoi clienti. Infine, per le esportazioni, che rappresentano l'80% delle vendite, il settore vuole "lavorare in pack", ad esempio presentando attività colletive, come “Vini di Francia” e garantire, quindi, una solida alleanza tra i viticoltori francesi.
Nel 2024, il forte aumento dei volumi ha permesso di compensare il calo dei prezzi sul mercato internazionale. L’Italia, la Germania e il Belgio sono nella Top 3 dei consumatori d’eletricità francese. Le esportazioni sono arrivate al record di 101,3 terawattora e il saldo netto è stato di 89 TWh, superando il precedente record, che risaliva al 2002 (76 TWh).
Nel 2024, il valore totale delle esportazioni francesi di elettricità ha raggiunto il livello di 5 miliardi di euro. In questo panorama economico, l’Italia risulta la prima acquirente di energia eletrica francese, importando il 32%. Inoltre, la bilancia commerciale, incrociando queste esportazioni e importazioni, sfiora anch'essa i 5 miliardi di euro. Questo è dovuto al fatto che durante i rari periodi di importazioni, la Francia ha potuto acquistare dai suoi vicini europei una produzione a basso tenore di carbonio abbondante e poco costosa.
Tuttavia, da rimarcare è che il guadagno derivante dall'elettricità rimane molto ridotto rispetto al costo dell'importazione di combustibili fossili per alimentare gli usi non elettrificati. Infatti, nel 2024, le importazioni di combustibili fossili costarono più di 64 miliardi di euro. I combustibili fossili rappresentano ancora quasi il 60% del consumo finale di energia della Francia, con la speranza di ridurli a zero entro il 2050.
L’entità Océan du Groupe Labeyrie Fine Foods ha aperto un nuovo stabilimento nella Loira a Saint-Aignan-de-Grandlieu, frutto di un investimento di 18 milioni di euro. Questo sito ittico, con le sue capacità produttive ottimizzate, si posiziona come uno dei più moderni in Europa. Tuttavia, oltre alla potenza economica industriale, il progetto testimonia l’impegno del Gruppo in favore della sostenibilità. L'installazione di una caldaia a gas abbinata a un sistema di recupero del calore riduce le emissioni di gas serra di circa il 20%, ottimizzando al contempo il consumo energetico.
Con l'aumento della produzione del 50 % negli ultimi 5 anni, i gamberetti sono al centro dell'attività del sito, in tutte le loro forme: interi, sgusciati o lavorati. Distribuiti con il marchio Delpierre, questi prodotti si possono trovare nei supermercati, nelle pescherie e nei ristoranti. Infine, per stare al ritmo della domanda, la struttura beneficia di due ligne di produzione e tre ligne di approvvigionamento arrivando a una capacità annuale di 18 000 tonnelate. Inoltre, il complesso ha 250 salariati a contratto indeterminato e ne assume ulteriori 130 nei periodi di forte attività.
(Contributo editoriale a cura della Chambre de Commerce Italienne Nice, Sophia-Antipolis, Cote d'Azur)
Negli ultimi giorni, il baht thailandese si è rafforzato fino a raggiungere 31,58 per un dollaro, il suo valore più alto degli ultimi quattro anni. Questo apprezzamento è stato alimentato principalmente dall’indebolimento del dollaro e dalle aspettative del mercato su un possibile allentamento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve statunitense. Inoltre, il baht ha beneficiato di una situazione interna relativamente stabile e di significativi afflussi di capitali esteri nel mercato obbligazionario thailandese, con investitori che hanno portato oltre 10 miliardi di baht in due soli giorni. Questo dimostra che la Thailandia continua ad attrarre la fiducia degli investitori internazionali, un aspetto positivo per la stabilità finanziaria del paese.
Gli esperti sottolineano però che un baht troppo forte può rappresentare un problema per gli esportatori, poiché riduce i margini di profitto sui prodotti venduti all’estero e può portare i produttori a rinviare ordini importanti. L’aumento della valuta influisce anche sui prezzi agricoli e sulle esportazioni alimentari, che potrebbero crescere solo del 3% o addirittura diminuire se la valuta continua a rafforzarsi.
Allo stesso tempo, il rapido apprezzamento non riflette interamente l’economia reale: gran parte è guidata da speculazioni su oro e criptovalute. La Thailandia possiede grandi quantità di oro, che, quando venduto in valuta estera e riconvertito in baht, crea una maggiore domanda di moneta locale e contribuisce all’aumento del tasso di cambio. Nonostante questi rischi, l’apprezzamento del baht ha anche lati favorevoli. Per esempio, i consumatori e gli importatori locali beneficiano di un potere d’acquisto più forte, perché la valuta più forte riduce il costo delle importazioni. Inoltre, l’afflusso di capitali esteri e la fiducia degli investitori indicano che la Thailandia rimane un paese attraente per gli investimenti finanziari.
Le autorità, tra cui la Bank of Thailand, sono pronte a intervenire per ridurre la volatilità e garantire che il baht non si discosti troppo dal suo valore reale, preservando la competitività delle imprese thailandesi sui mercati internazionali. L’obiettivo è trovare un equilibrio: mantenere il baht sufficientemente forte da proteggere il potere d’acquisto dei consumatori e attrarre investimenti, ma non così forte da penalizzare esportatori e agricoltori.
In sintesi, il momento attuale mostra una Thailandia attrattiva per gli investitori e con una valuta forte, ma anche con sfide significative per i settori export-oriented. La gestione della valuta e delle speculazioni sarà cruciale per assicurare una crescita equilibrata e sostenibile nei prossimi mesi.
La Thailandia continua a essere una meta strategica per le imprese europee che vogliono espandere le proprie operazioni nel Sud-Est asiatico, soprattutto in un contesto di instabilità economica globale. Secondo l’EU-Asean Business Council (EU-ABC), l’ASEAN si conferma per il terzo anno consecutivo come la regione con le migliori opportunità economiche per le aziende europee, superando India e Cina.
Nonostante le incertezze legate al commercio internazionale, la fiducia delle imprese europee nella regione rimane solida. Molte aziende prevedono di espandere le operazioni in paesi chiave come Vietnam, Indonesia, Malesia e Thailandia, anche di fronte alle tariffe statunitensi del 19-20%. Proprio a causa di queste tariffe, alcune aziende stanno valutando di rivedere o spostare le proprie catene di approvvigionamento e, in questo contesto, il Sud-Est asiatico è la destinazione principale, seguito da India, Europa e Cina.
Nonostante alcune sfide legate allo scenario globale e al ritmo dell’integrazione regionale dell’ASEAN, il quadro rimane fortemente incoraggiante. Dalla EU-Asean Business Sentiment Survey emerge che la grande maggioranza delle imprese europee intervistate guarda con fiducia al futuro della regione: circa l’80% delle imprese partecipanti al sondaggio ritiene che rafforzare il legame con l’ASEAN sia indispensabile per mantenere alta la competitività europea.
Le aziende sottolineano che un accordo commerciale UE-ASEAN rappresenterebbe un passo strategico per rafforzare i legami economici, ridurre ostacoli e costi e offrire alle aziende europee le stesse condizioni vantaggiose di cui già beneficiano partner come Giappone, Cina o Australia. In questo modo l’Europa potrebbe partecipare pienamente al dinamismo della regione e sfruttarne le enormi potenzialità. Come ha spiegato Chris Humphrey, direttore esecutivo dell’EU-ABC, le imprese europee restano fortemente orientate a crescere nel Sud-Est asiatico e, con un sostegno più deciso delle istituzioni europee, potrebbero sfruttare al massimo le enormi potenzialità di questo mercato in espansione.
In sintesi, l’ASEAN e in particolare la Thailandia offrono grandi prospettive di sviluppo per le imprese europee, ma per sfruttarle al massimo sono necessari passi concreti verso l’integrazione regionale e la rimozione delle barriere commerciali.
(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)
Il mercato vinicolo australiano ha conosciuto negli ultimi anni una fase di profonda trasformazione, accelerata dalla pandemia ma consolidata nelle dinamiche successive. Secondo i dati Wine Australia 2024, il consumo interno si attesta stabilmente intorno ai 27 litri pro capite annui, con una crescita significativa dei segmenti premium e super premium, che rappresentano ormai oltre il 20% delle vendite complessive.
Parallelamente, si registra una progressiva riduzione del consumo di vino da tavola a basso prezzo, segno di una maggiore attenzione del consumatore alla qualità, all’origine e alla sostenibilità dei prodotti. L’interesse verso i vini biologici e a basso impatto ambientale è in forte espansione: le ricerche condotte da IBISWorld 2025 confermano che la categoria del vino biologico cresce a un ritmo superiore al 10% annuo, in linea con un orientamento sempre più marcato della popolazione australiana verso stili di vita salutistici e responsabili. In questo scenario, i vini europei, e in particolare quelli italiani, stanno assumendo un ruolo di primo piano.
Secondo i dati UN Comtrade e Wine Australia, l’Italia si colloca stabilmente tra i primi cinque Paesi fornitori di vino in Australia, con un valore di export che nel 2024 ha superato i 90 milioni di dollari australiani, evidenziando un trend positivo rispetto al periodo pre-pandemico. La forza del vino italiano nel mercato australiano risiede nella capacità di combinare riconoscibilità internazionale, autenticità territoriale e una gamma estremamente diversificata di prodotti: il Prosecco continua a guidare la crescita, trainato dall’interesse delle giovani generazioni e dalla popolarità del consumo “casual” e conviviale; i vini rossi toscani mantengono una forte posizione di prestigio, intercettando la domanda dei segmenti premium; i varietali autoctoni come il Nero d’Avola o il Montepulciano stanno trovando uno spazio sempre più rilevante, grazie alla loro versatilità e al fascino esercitato dalle tradizioni regionali italiane.
L’Italia rappresenta inoltre un partner privilegiato per l’Australia non solo dal punto di vista commerciale, ma anche culturale ed enogastronomico: il vino italiano si inserisce in un contesto in cui la cucina mediterranea è ormai parte integrante del lifestyle urbano australiano, con oltre un milione di cittadini di origine italiana che continuano a svolgere un ruolo di ponte tra i due Paesi.
Tale legame si riflette anche nelle collaborazioni istituzionali e promozionali, come dimostrano le iniziative organizzate dall’Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia e dall’Agenzia ICE, volte a rafforzare la percezione del vino italiano come simbolo di eccellenza e sostenibilità. Alla luce di queste dinamiche, le prospettive per i produttori italiani risultano particolarmente favorevoli: la presenza di un consumatore evoluto, disposto a riconoscere e premiare la qualità, rende l’Australia un mercato strategico su cui investire con politiche mirate di branding, storytelling e posizionamento di gamma. In un contesto globale sempre più competitivo, il vino italiano in Australia non è soltanto un prodotto commerciale, ma un ambasciatore di cultura, identità e stile di vita che rafforza le relazioni economiche e sociali tra i due Paesi.
(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia inc.)
I leader mondiali discuteranno di clima, foreste ed energia pulita
Alla vigilia della 30ª Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, COP-30, le discussioni sul futuro del pianeta stanno prendendo piede! Temi essenziali come la riduzione delle emissioni, gli investimenti nelle energie rinnovabili, la salvaguardia delle foreste e della biodiversità e la giustizia climatica saranno al centro dell'incontro, che riunirà leader mondiali, scienziati e rappresentanti della società civile a Belém, Pará.
Tuttavia, questa battaglia ambientale dura da molto tempo e si è consolidata nel 1997. In quell'anno, un trattato internazionale ha stabilito impegni più severi per ridurre le emissioni di gas che aggravano l'effetto serra, ritenuto la causa dell'aumento anomalo della temperatura media del pianeta.
Il Protocollo di Kyoto, il primo accordo globale contro l'inquinamento, è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, stabilendo obiettivi di riduzione delle emissioni per i paesi sviluppati. Il suo nome deriva dal fatto che è stato firmato nella città giapponese di Kyoto.
La proposta prevedeva che i paesi più inquinanti promuovessero maggiori tagli alle proprie emissioni.
Almeno 30 nazioni industrializzate si sono impegnate a ridurre le proprie emissioni di gas nocivi di circa il 5% entro il 2012, rispetto ai livelli del 1990.
Alexandre Prado, responsabile dei Cambiamenti Climatici presso il WWF Brasile, il World Wildlife Fund, spiega come si è svolto questo processo.
Tra le altre innovazioni, l'accordo ha creato un mercato dei crediti di carbonio, in cui i paesi con emissioni ridotte hanno iniziato a guadagnare crediti e a venderli ai paesi più inquinanti.
Il Protocollo di Kyoto ha istituito un sistema rigoroso per il monitoraggio, la revisione e la verifica dell'accuratezza delle registrazioni di queste transazioni.
Il Protocollo ha inoltre aiutato i paesi ad adattarsi agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e ha facilitato lo sviluppo e l'implementazione di tecnologie per aumentare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici.
Secondo l'ambientalista Alexandre Prado, grazie al trattato internazionale, il Brasile ha compiuto progressi nella legislazione ambientale.
Nel 2015, il mondo ha compiuto un altro passo avanti sulle questioni climatiche. L'Accordo di Parigi ha sostituito il Protocollo di Kyoto ed è tuttora il documento in vigore. Nei suoi primi sette anni, non meno di 194 paesi hanno firmato l'accordo, impegnandosi a ridurre le emissioni per mantenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali.
Ora, ci si aspetta che tutte queste questioni, così come le discussioni sui finanziamenti per i paesi in via di sviluppo, acquisiscano importanza alla COP-30.
La proposta è di rafforzare gli obiettivi di decarbonizzazione, i progressi nella sostenibilità e l'economia verde stabiliti dall'Accordo di Parigi.
Tutto questo, in circa due mesi, quando si aprirà la COP-30. Tra il 10 e il 21 novembre, la Conferenza rivolgerà l'attenzione del mondo al Brasile settentrionale, che ospita un gioiello ambientale: la regione amazzonica, parte della più grande foresta pluviale tropicale del mondo.
Fonte: Rádio Agência | Agência Brasil
Indirizzi di San Paolo e Rio de Janeiro figurano nell'attuale edizione del premio italiano 50 Top Pizza World, tra cui una pizzeria di San Paolo tra le prime 3
Sei pizzerie brasiliane sono tra le 100 migliori al mondo. Anche San Paolo e Rio de Janeiro sono presenti nella classifica italiana 50 Top Pizza World 2025, che elegge ogni anno le migliori pizzerie del mondo. Il risultato è stato annunciato durante un evento a Napoli, l’8 settembre.
La pizzeria brasiliana più in alto nella classifica è Leggera Pizzeria Napoletana, al terzo posto. André Guidon dirige le attività di Leggera, che si estendono su due sedi a San Paolo, una a Perdizes e l'altra a Jardins. Il marchio si concentra sulla pizza napoletana, cotta nel forno a legna a 450°C con impasto a lievitazione naturale.
"È un onore salire sul palco con grandi maestri della pizza. Essere qui è incredibile", ha detto André durante la cerimonia.
Al 31° posto si piazza Ferro e Farinha, l'unica pizzeria di Rio de Janeiro in classifica. La pizzeria è guidata dallo chef Sei Shiroma, che ha iniziato a vendere pizze da un veicolo convertito in giro per la Città Meravigliosa. Oggi la pizzeria ha cinque sedi: a Botafogo, Ipanema, Barra da Tijuca e due a Leblon.
Al 36° posto, ex aequo: QT Pizza Bar e A Pizza da Mooca occupano entrambi la stessa posizione. Entrambi hanno sede a San Paolo. QT si trova nel quartiere di Cerqueira César, vicino a Oscar Freire, ed è gestito dall'imprenditore Matheus Ramos. Nel 2024, Ramos è stato nominato "Pizzaiolo dell'Anno" dallo stesso premio. A Pizza da Mooca ha tre sedi a San Paolo: a Mooca, a Pinheiros e una aperta lo scorso dicembre a Vila Mariana. Il marchio è gestito dallo chef Fellipe Zanuto.
Un altro rappresentante di San Paolo è presente nella lista: Unica Pizzeria, che si piazza al numero 50. Gestito da Mauro Clemente, il ristorante si trova a Campo Belo e punta sulla pizza napoletana come protagonista del menù.
Infine, la pizzeria Veridiana Pizzaria di San Paolo si classifica al 96° posto. Ha tre sedi, a Perdizes, Higienópolis e Jardins. Insieme, i ristoranti servono circa 30.000 clienti al mese nelle loro sale, oltre a circa 15.000 ordini di consegna a domicilio. Quest'anno, la pizzeria celebra il suo 25° anniversario attraverso collaborazioni con chef rinomati.
Ad aprile, la sezione regionale del premio, 50 Top Pizza Latin America, che premia le migliori pizzerie dell'America Latina, ha selezionato 25 locali nazionali per la sua classifica. In quell'occasione, la Leggera Pizzeria Napoletana è stata nominata Migliore Pizzeria dell'America Latina per la seconda volta consecutiva.
Le 10 migliori pizzerie del mondo
Delle prime 10 pizzerie nella classifica delle 50 migliori pizzerie del mondo 2025, cinque si trovano in Italia. Anche Brasile, Stati Uniti, Inghilterra e Giappone hanno delle rappresentanze.
Scopri di seguito le 10 migliori pizzerie della classifica 50 Top Pizza World 2025:
Secondo l'organizzazione, la classifica si basa sui voti degli ispettori anonimi coinvolti nell'assegnazione del premio, che pagano il conto come qualsiasi altro cliente. Vengono valutati i seguenti parametri: cibo, servizio, struttura, atmosfera, tempi di attesa, menu e bevande.
Consulta la classifica completa sul sito web dei premi.
Fonte: CNN Viagem & Gastronomia
(Contenuto editoriale a cura della Câmara de Comércio Italiana de São Paulo - ITALCAM)
Il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore in Germania la Legge sulla due diligence delle catene di fornitura (Lieferkettengesetz – LkSG), che impone alle imprese di prevenire violazioni dei diritti umani e ambientali lungo le proprie filiere. Sono soggette a tale legge le aziende con amministrazione centrale, sede principale, amministrativa o legale in Germania. Inizialmente l’obbligo si applicava alle imprese con almeno 3.000 dipendenti in Germania, soglia ridotta a 1.000 dal 1° gennaio 2024.
La LkSG si fonda su convenzioni internazionali e tutela sia i diritti umani (lavoro minorile, lavoro forzato, schiavitù, sicurezza sul lavoro, libertà di associazione, parità di trattamento, sfratti illegittimi), sia l’ambiente (divieto di utilizzo di mercurio e POP, gestione, importazione ed esportazione di rifiuti pericolosi).
Le imprese devono rispettare nove obblighi di due diligence, tra cui: gestione e analisi dei rischi, nomina di un responsabile per i diritti umani, dichiarazione di politica aziendale, misure preventive e correttive, procedure di reclamo, obblighi verso fornitori diretti e indiretti, oltre a documentazione e rendicontazione annuale al BAFA (Ufficio federale per gli affari economici e il controllo delle esportazioni).
Il 29 agosto 2025 il Ministero del Lavoro ha pubblicato un disegno di legge di modifica della LkSG, in vista del recepimento della Direttiva europea sulla due diligence di sostenibilità delle imprese (CSDDD). La novità principale è l’eliminazione dell’obbligo di rendicontazione previsto dalla LkSG, con effetto retroattivo. Restano però in vigore tutti gli altri obblighi, compreso quello di documentazione. L’obbligo di reporting annuale rimarrà invece valido per le imprese soggette alla CSDDD.
Un ulteriore elemento centrale delle modifiche proposte è la riduzione delle ipotesi di sanzioni pecuniarie.
In attesa del recepimento della CSDDD, la LkSG continua a rappresentare un passaggio fondamentale nel percorso della Germania verso una maggiore responsabilità delle imprese lungo le catene globali di fornitura. Le modifiche in discussione mostrano la volontà del legislatore di ridurre gli oneri burocratici e di venire maggiormente incontro alle esigenze delle aziende.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio italo-tedesca di Monaco di Baviera - ITALCAM)
L’Italia si conferma un partner commerciale di primo piano per l’Australia nel settore agroalimentare, con esportazioni in costante crescita. Nel 2024, secondo i dati ISTAT e ABS, l’import australiano di prodotti alimentari italiani ha registrato un incremento del 9% rispetto all’anno precedente, superando i 980 milioni di AUD. Tra le categorie più apprezzate spiccano vino, pasta, olio extravergine di oliva e formaggi DOP come Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Gorgonzola. Questi prodotti si distinguono per qualità, autenticità e legame con il territorio, valori sempre più ricercati dai consumatori locali.
L'interesse per il Made in Italy è particolarmente forte nella fascia urbana e metropolitana, dove il consumatore australiano medio è attento a ciò che acquista: legge le etichette, conosce le certificazioni e premia le aziende che dimostrano trasparenza e impegno verso la sostenibilità ambientale. In questo contesto, crescono la domanda di prodotti biologici, a filiera corta e con packaging eco-friendly. Anche le scelte alimentari si evolvono: si affermano nuovi modelli di consumo flessibili, con una maggiore apertura verso alimenti plant-based, senza glutine o lactose-free, offrendo nuove opportunità per l’agroalimentare italiano.
A livello distributivo, la GDO (grande distribuzione organizzata) resta il canale dominante per i volumi, con catene come Woolworths, Coles e IGA che ampliano l’offerta di prodotti italiani, anche attraverso private label. Parallelamente, il canale Horeca (Hotel, Restaurant, Catering) continua a rappresentare uno spazio strategico per i prodotti premium, grazie alla presenza consolidata della cucina italiana nei ristoranti e pizzerie del paese.
Le nuove PMI italiane interessate al mercato australiano possono trovare spazio soprattutto in nicchie ad alto valore aggiunto, puntando su autenticità, storytelling e tracciabilità. È fondamentale scegliere con cura partner distributivi locali, investire in attività promozionali e presidiare fiere settoriali come Fine Food Australia o Melbourne Food & Wine Festival. Anche il canale digitale offre nuove possibilità: la presenza online, l’e-commerce diretto o tramite marketplace e una comunicazione mirata sono strumenti essenziali per costruire brand awareness e fidelizzare il consumatore australiano.
In uno scenario commerciale favorevole e in evoluzione, l’agroalimentare italiano può rafforzare ulteriormente la propria posizione, a patto di adattarsi alle specificità del mercato e valorizzare il proprio heritage in chiave contemporanea. Qualità certificata, sostenibilità e innovazione sono oggi le leve competitive più efficaci per cogliere le opportunità offerte dall’Australia.
(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia inc.)
Il calo drastico dei turisti cinesi, che rappresentavano il 70% della clientela, insieme all’aumento dei costi operativi, ha compromesso la stabilità del modello di business di King Power, colosso thailandese del duty-free. Tra gennaio e maggio 2025 i visitatori cinesi sono diminuiti di quasi un terzo, riducendo drasticamente i ricavi. Per questo, l’azienda è stata costretta a chiudere diversi punti vendita (a Samut Prakan, Pattaya, Mahanakhon e a Bangkok), valutando anche nuove ristrutturazioni.
Oltre al calo del turismo cinese, King Power è colpito anche dal cambiamento delle abitudini dei viaggiatori: i negozi duty-free non esercitano più l’attrattiva di un tempo, superati da nuove forme di acquisto online più convenienti e da stili di viaggio diversi. L’azienda ha persino chiesto di rinegoziare i contratti con Airports of Thailand per i negozi duty-free negli aeroporti principali, segnale che anche queste attività non sono più redditizie, cosa che ha sorpreso e preoccupato gli investitori.
Il CEO Nitinai Sirismatthakarn ammette che l’azienda deve ripensarsi, pur ribadendo che il core business resterà il duty-free.King Power sta puntando a diversificare le proprie attività, esplorando mercati specifici e sviluppando nuove collaborazioni e soluzioni innovative. Un piano strategico rivisto sarà presentato entro pochi mesi.
In sintesi, King Power si trova a un bivio: o riuscirà a reinventarsi adattandosi alle nuove condizioni globali, oppure rischierà di perdere il ruolo di leader nel travel retail thailandese. I prossimi mesi saranno decisivi per capire se rimarrà il “Re del Duty Free” o se verrà superata da nuovi concorrenti.
Anutin Charnvirakul è diventato il nuovo primo ministro della Thailandia dopo la rimozione di Paetongtarn Shinawatra, ex leader della coalizione di governo. La sua ascesa politica è stata lunga e strategica: negli ultimi anni Anutin ha consolidato il suo potere attraverso il partito Bhumjaithai, radicato nelle comunità agricole del nord-est del paese. Pur avendo ottenuto solo 70 seggi su 500 nelle elezioni, il partito ha giocato un ruolo chiave nelle alleanze di governo, bloccando l’ascesa del Partito Move Forward e partecipando a diversi governi di coalizione.
La notorietà di Anutin è cresciuta grazie al suo ruolo di ministro della salute, sia per la gestione della pandemia di COVID-19 sia per aver promosso la legalizzazione della cannabis nel 2022, che gli ha conferito un’immagine di politico innovativo e pragmatico. Proveniente da una famiglia influente, con studi in ingegneria negli Stati Uniti e una carriera nel settore imprenditoriale come presidente della società di costruzioni di famiglia, Anutin unisce competenze manageriali e connessioni politiche.
Ora, come primo ministro, dovrà affrontare sfide importanti: una crescita economica rallentata, tensioni con la vicina Cambogia dopo un recente conflitto al confine e la possibile instabilità politica interna. La sua esperienza e la rete di alleanze costruita nel tempo saranno determinanti per guidare la Thailandia in questo periodo delicato.
(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)
Il valore complessivo dello scambio commerciale estero di merci della Serbia per il periodo gennaio–luglio 2025 ammonta a:
– 43.749,80 milioni di euro, con una crescita del 9,50% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
L’esportazione di merci, espressa in euro, ha raggiunto un valore di 19.322,60 milioni, con un aumento del 9,80% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
L’importazione di merci ha raggiunto un valore di 24.427,10 milioni, con un aumento del 9,30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Espresso in euro, il deficit ammonta a 5.104,50 milioni, con un aumento del 7,80% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La copertura delle importazioni con le esportazioni è pari al 79,10%, superiore rispetto alla copertura registrata nello stesso periodo dell’anno scorso, che era pari al 78,80%.
Lo scambio commerciale estero di merci è stato maggiore con i Paesi con cui la Serbia ha accordi di libero scambio. I Paesi membri dell’Unione Europea rappresentano il 58,20% dello scambio totale.
Il secondo partner commerciale più importante sono i Paesi CEFTA, con i quali la Serbia registra un surplus commerciale di 1.823,10 milioni di dollari, risultato principalmente dell’esportazione di: cereali e derivati, veicoli stradali, petrolio e derivati, bevande, prodotti medici e farmaceutici.
Espresso in euro, l’esportazione verso i Paesi CEFTA è pari a 2.837,50 milioni, mentre l’import è di 1.192,70 milioni (un surplus di 1.644,80 milioni di euro e una copertura dell’importazione con l’esportazione pari al 237,90%).
Produzione industriale
La produzione industriale nel settore dell'industria di trasformazione è aumentata del 4,2% nel periodo gennaio–maggio 2025, rispetto allo stesso periodo del 2024, mentre la produzione nel maggio del 2025 è aumentata del 7,0% rispetto al maggio del 2024. La maggiore crescita della produzione è stata registrata nella produzione di computer, prodotti elettronici e ottici e nella produzione di autoveicoli, del 23,6% e 18,2%, rispettivamente. Si è verificata una crescita del 10,2% nella produzione di metalli di base, e la produzione di mezzi di trasporto diversi da autoveicoli è aumentata del 5,1%, mentre il calo più significativo della produzione industriale è stato registrato nel settore della riparazione e installazione di macchinari e attrezzature (-21,3%).
Riserve
Nel maggio del 2025, rispetto al maggio del 2024, le riserve dei prodotti finali nel settore dell’industria di trasformazione sono aumentate del 5,6%. La maggiore crescita delle riserve è stata registrata nella produzione di autoveicoli (55,9%), e nella produzione di computer (47,7%). Al contrario, il maggiore calo delle riserve (del 9,1%) è stato registrato nella produzione di altri macchinari e attrezzatura.
Prezzi
I prezzi alla produzione dei prodotti industriali nel settore dell’industria di trasformazione nel periodo gennaio–giugno 2025 sono aumentati del 0,7%, rispetto allo stesso periodo del 2024, e nel giugno 2025, rispetto al giugno 2024, i prezzi sono aumentati del 1,1%. I prezzi della produzione di metalli di base sono diminuiti di 1,6%, mentre nella produzione di autoveicoli e prodotti elettronici sono aumentati del 5,5% e 5,1%, rispettivamente.
Occupazione
Nel primo trimestre del 2025 sono stati registrati 199.085 occupati nell’industria metalmeccanica e elettrica, nelle miniere di metallo e nella matellurgia. Il numero maggiore di occupati è stato registrato nella produzione di autoveicoli (66.401), con una diminuzione del 3,0% rispetto all’anno scorso. Al contrario il numero minore di occupati è stato registrato nella produzione di altri mezzi di trasporto (2.509). Il maggiore aumento interannuale del numero di occupati in un settore è stato registrato nella riparazione e montaggio di macchinari e attrezzature (8,5%), e nella produzione di altri mezzi di trasporto (2,5%).
Retribuzione
Nel periodo gennaio–aprile 2025, la maggiore retribuzione media è stata registrata nella produzione di metalli di base (170.934 din) con una crescita nominale del 15,8%, mentre nello stesso periodo le retribuzioni nel settore indicato sono aumentate in termini reali del 10,9%. Le retribuzioni inferirori sono state regitrate nella produzione di prodotti di metallo (inferiori del 13,6% rispetto alla media in Serbia) e di altri mezzi di trasporto (inferiori del 12,5% rispetto alla media).
Scambio commerciale estero
Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica, nel periodo gennaio–maggio 2025, le esportazioni di metallo, prodotti di metallo, attrezzatura elettrica, macchinari, autoveicoli e altri mezzi di trasporto sono ammontate a 5,5 miliardi di euro (39,7% delle esportazioni totali della Repubblica di Serbia). Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, è stata registrata una crescita del 16,7%. Nello stesso periodo, le importazioni hanno raggiunto 4,7 miliardi di euro (27,0% delle importazioni totali). È stato registrato un surplus nello scambio commerciale estero di 736,3 milioni di euro. La maggior parte delle esportazioni riguarda autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, per un valore di 1,7 miliardi di euro, con una crescita annua del 29,5%, così come i metalli di base (1,2 miliardi di euro, con una crescita del 9,0%). Il maggior deficit è stato registrato nel settore della produzione di macchinari e attrezzature non specificati, con 351,3 milioni di euro.
Investimenti diretti esteri
Secondo i dati preliminari della Banca Nazionale di Serbia, nel primo trimestre del 2025, il totale netto degli investimenti diretti esteri nella Repubblica di Serbia è ammontato a 712,4 milioni di euro. Nel primo trimestre del 2025 nella produzione di metallo, prodotti di metallo, attrezzatura elettrica, macchinari, autoveicoli e altri mezzi di trasporto, gli investimenti diretti esteri sono ammontati a 14,8 milioni di euro (una diminuzione di 11,3 volte rispetto allo stesso periodo del 2024). Il maggior afflusso è stato registrato nella produzione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (8,3 milioni di euro), nonchè nella produzione di computer (2,5 milioni di euro).
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italo-Serba)