Venerdì 19 Dicembre 2025
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L’ultimo European Business School Ranking del Financial Times 2025 delinea in modo piuttosto netto la geografia della formazione manageriale in Europa: la Francia presidia stabilmente il vertice, mentre l’Italia si affida a una singola punta d’eccellenza e a una seconda linea ancora in fase di consolidamento. Nella Top 10 europea compaiono infatti cinque business school francesi, un dato che, più che un risultato episodico, descrive un vero ecosistema. Ai primi posti si collocano INSEAD e HEC Paris, rispettivamente al primo e al secondo posto; seguono ESCP Business School al quarto, ESSEC Business School al settimo ed EDHEC Business School al decimo. In pratica, metà delle prime dieci posizioni è occupata da istituzioni francesi, con una densità che nessun altro Paese europeo è in grado di eguagliare.
Il profilo italiano è differente: SDA Bocconi School of Management si posiziona al sesto posto ed è l’unica scuola italiana a giocare stabilmente nel club delle élite continentali. Dietro di lei, Polimi Graduate School of Management del Politecnico di Milano, intorno alla metà classifica europea, Luiss Business School e Bologna Business School presidiano con solidità la Top 100 ma con un peso complessivo molto inferiore rispetto al blocco francese. La fotografia è chiara: da un lato una filiera articolata di grandes écoles de management che esprime massa critica, dall’altro una configurazione italiana polarizzata, con un picco molto alto e un “secondo livello” ancora distante dai benchmark francesi.
Come funziona davvero il ranking FT
Per comprendere il significato di questo divario occorre guardare alle metriche del ranking. Il Financial Times valuta in modo integrato MBA, Executive MBA, Master in Management ed Executive Education, incrociando indicatori come progressione di carriera e retribuzione dei diplomati, intensità di internazionalizzazione, qualità della faculty, capacità di attrarre talenti globali e livello di interazione con il mondo corporate. Emergono in cima le scuole che possiedono un portafoglio completo di programmi, un posizionamento internazionale forte e una relazione strutturale con le imprese.
Da questo punto di vista, le business school francesi si presentano come piattaforme educative multidimensionali: campus in più Paesi, coorti fortemente internazionali, partnership sistemiche con grandi gruppi industriali e finanziari, una cultura dell’executive education altamente sviluppata, soprattutto sui programmi su misura per le aziende.
Il posizionamento italiano: una star e tre inseguitrici
L’Italia si muove su un terreno diverso. SDA Bocconi rappresenta una punta di eccellenza riconosciuta a livello globale, con MBA ed EMBA di riferimento e una tradizione consolidata nella formazione manageriale executive. Tuttavia, la continuità di sistema si interrompe già al secondo gradino: Polimi Graduate School of Management lavora con successo sull’ibridazione tra ingegneria, tecnologia e management, ma su una scala ancora inferiore rispetto alle principali scuole francesi; Luiss Business School sta rafforzando il proprio profilo internazionale sui temi di economia, policy e governance, ma sconta un ritardo in termini di brand globale e dimensione; Bologna Business School è fortemente radicata nel tessuto imprenditoriale emiliano e nella manifattura avanzata, ma rimane maggiormente focalizzata sul mercato nazionale ed europeo, con un raggio d’azione meno esteso rispetto ai grandi player transnazionali.
In sintesi, l’Italia dispone di una “star” allineata ai top player mondiali e di tre inseguitrici credibili, ma prive, nel complesso, della stessa potenza di fuoco del cluster francese.
Le leve strutturali del vantaggio francese
Le ragioni della leadership francese sono innanzitutto strutturali. La prima riguarda la scala dell’ecosistema: la Francia ha costruito nel tempo una rete di grandi scuole di management altamente selettive, distribuite sul territorio e al tempo stesso fortemente collegate tra loro e con il sistema delle imprese. Questa architettura genera un effetto di competizione-cooperazione che spinge tutte le scuole a investire in innovazione pedagogica, internazionalizzazione e servizi di carriera, ampliando costantemente il bacino di studenti, alumni e partner aziendali. In Italia, al contrario, il numero di business school con forte visibilità internazionale è limitato e la logica di sistema è molto meno esplicita.
La seconda leva è il portafoglio integrato di programmi: le business school francesi presidiano l’intera catena del valore formativo, dal Master in Management pre-experience agli MBA, dagli EMBA ai programmi executive open, fino ai percorsi totalmente customizzati per il top management delle imprese. Questo consente di intercettare bisogni diversi lungo tutta la vita professionale dei manager, di sviluppare relazioni profonde con il mondo corporate e, non da ultimo, di accumulare punteggio su tutti i segmenti considerati dal ranking. In Italia, salvo poche eccezioni, la copertura è più frammentata e meno bilanciata.
Una terza componente riguarda l’internazionalizzazione reale, non solo dichiarata.
Campus multipli in città chiave, programmi interamente in inglese, facoltà internazionali, network di alleanze accademiche e corporate su scala globale rendono le scuole francesi piattaforme autenticamente transnazionali. L’Italia ha avviato percorsi analoghi soprattutto con Bocconi e, in misura crescente, con Polimi e Luiss, ma i volumi complessivi e la visibilità all’estero sono ancora inferiori. A questo si aggiunge un tema di capacità di investimento:
il posizionamento premium delle principali scuole francesi consente politiche di tuition più elevate, la mobilitazione di capitali privati e la creazione di infrastrutture di ricerca, innovazione e placement difficilmente replicabili da istituzioni vincolate da logiche prevalentemente pubbliche o da mercati domestici di dimensioni più ridotte.
La partita italiana: dall’eccellenza al sistema
La domanda rilevante, per l’Italia, non è se competere con la Francia sul terreno delle singole eccellenze partita in cui SDA Bocconi è già protagonista ma come trasformare una somma di buone esperienze in un ecosistema riconoscibile. Il salto di qualità passa dal rafforzamento della “seconda linea” portando sistematicamente Polimi, Luiss e Bologna Business School in una fascia di classifica europea più alta, attraverso un mix di internazionalizzazione aggressiva, sviluppo di programmi executive di nuova generazione, investimenti in ricerca applicata e partnership stabili con le imprese.
In parallelo, il Paese potrebbe capitalizzare in modo molto più strategico i propri asset distintivi: moda, design, agroalimentare, turismo, cultura e manifattura avanzata hanno tutte le caratteristiche per diventare veri laboratori manageriali, capaci di generare offerte formative uniche a livello globale, se integrati in centri e piattaforme condivise tra più scuole.
Verso una nuova mappa europea
In questo scenario, la leadership francese non è un destino irreversibile ma il risultato di scelte coerenti nel tempo. La risposta italiana passa da una strategia che smetta di affidarsi alla sola forza di una singola istituzione e inizi a costruire un “sistema Italia” della formazione manageriale, dove più business school riescano a posizionarsi con continuità nello stesso campionato delle grandes écoles francesi. Solo così la mappa europea delle business school potrà, nel medio periodo, mostrare un equilibrio meno sbilanciato, con la Francia ancora protagonista ma con un’Italia finalmente in grado di giocare un ruolo sistemico e non soltanto di nicchia.
(Contributo editoriale a cura della Chambre de Commerce Italienne Nice, Sophia-Antipolis, Cote d'Azur)