Giovedì 3 Luglio 2025
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La Danimarca spicca su molti altri Paesi europei per il suo impegno nella transizione ecologica e nella produzione di energia da fonti sostenibili: il Paese scandinavo, a partire dalla drammatica crisi petrolifera del 1973, ha messo in opera, nel corso dei decenni, una politica energetica rivelatasi lungimirante, che ha puntato fortemente sulla produzione di energia da fonti rinnovabili (86.4% del mix di generazione energetica). È, dunque, sulla scorta di questo impegno di lunga durata se il governo danese può annunciare di puntare a raggiungere l’obiettivo di rendere il Paese carbon neutral entro il 2050, senza che ciò sembri una mera dichiarazione simbolica ma, al contrario, un obiettivo concreto, al punto che questo stesso obiettivo è stato spostato al 2045 nel dicembre dello scorso anno.
Nel quadro di tale impegno, il governo danese ha concesso, lo scorso febbraio, tre licenze per conservare fino a 13 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, a partire dal 2030, nelle cave di arenaria di vecchi giacimenti petroliferi e gassosi situati nel Mare del Nord. Le licenze sono state concesse a tre colossi energetici: la francese TotalEnergies, l’inglese Ineos e la tedesca Wintershall DEA.
Ineos e Wintershall, stando a quanto annunciato dal Ministero per il Clima e l’Energia danese, inizieranno a stoccare CO2 a partire dal 2025, nell’ambito del progetto condiviso Greensand, con un’iniziale contributo di 1.5 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, che aumenteranno gradualmente fino a toccare gli 8 milioni entro il 2030. Il progetto Bifrost di TotalEnergies inizierà con 3 milioni di tonnellate all’anno nel 2027 per raggiungere le 5 nel 2030.
L'Indagine Geologica di Danimarca e Groenlandia ha dimostrato che il sottosuolo danese, sia onshore che offshore, è particolarmente adatto per lo stoccaggio di anidride. Si è stimato che il potenziale di stoccaggio del sottosuolo danese raggiunga i 22 miliardi di tonnellate – corrispondenti a un numero compreso tra 500 e 1000 anni di emissioni danesi agli attuali livelli – il che assicura un futuro florido a questa industria nel Paese, che ha già stipulato accordi con altri Paesi: in particolare, a settembre Danimarca e Belgio hanno siglato un accordo affinché quest’ultimo possa stoccare le sue emissioni di carbonio all’interno delle riserve danesi.
Benché, in comparazione, sia decisamente più costoso ridurre le emissioni tramite l’impiego di tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 rispetto all’investimento in fonti rinnovabili, la tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage) si rivela estremamente utile perché permette di ridurre emissioni di settori ad alto tasso inquinante che difficilmente possono essere riconvertiti in “green” – si pensi all’industria chimica, a quella cementizia o alla siderurgica.
In conclusione, la Danimarca, nel quadro di un consolidato percorso pluriennale green, sta iniziando un progetto a lungo termine di stoccaggio di anidride carbonica che mira a rendere la Danimarca un hub europeo. La scala di questo progetto, nonché l’eccellente track record danese, lo rendono di particolare interesse per le imprese operanti in questo settore.
Fonte: https://bit.ly/3ZZdAGB
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)
Il budget ha allentato le regole sull'immigrazione per aiutare i datori di lavoro nel settore edile a trovare manodopera. Il saldo migratorio verso il Regno Unito - una questione politica importante prima del referendum UE del 2016 - è salito a un livello record di circa 500.000 nel 2022.
Una revisione sulla carenza di lavoratori nel settore dell'ospitalità e delle costruzioni ha rivelato che i posti di lavoro disponibili sono aumentati notevolmente in entrambi i settori, rispetto ai livelli pre-pandemia. In un'intervista alla BBC, al cancelliere Jeremy Hunt è stato chiesto se il cambiamento riguardante i lavoratori edili fosse "un atto di tradimento verso Brexit e i britannici che avevano votato per lasciare l'UE”. La risposta è stata “No, l’obiettivo di coloro che hanno votato per la Brexit è creare un'economia che non dipenda da una migrazione non controllata e poco qualificata", ha affermato Hunt.
Il partito laburista ha accettato la necessità di lavoratori stranieri qualificati, ma ha promesso un piano per formare i lavoratori britannici.
La libertà dei cittadini dell'UE di vivere e lavorare in Regno Unito - e dei cittadini britannici di fare lo stesso in qualsiasi paese dell'UE - senza bisogno di un visto è terminata nel 2021 in seguito al voto sulla Brexit. Alcuni sostenitori della Brexit hanno sottolineato che l'uscita dall'UE ha dato al Regno Unito un maggiore controllo sulla politica migratoria. Alla fine del 2020, il governo ha lanciato un sistema di immigrazione a punti post-Brexit, per migranti UE ed extra UE. L'Office for National Statistics (ONS) ha riferito che la migrazione netta - la differenza tra le persone in arrivo e in partenza - si è attestata a poco più di 500.000 nell'anno terminato a giugno 2022, rappresentando un record e un aumento di 331.000 rispetto all'anno precedente (terminato a giugno 2021).
Fonte: https://bbc.in/3JQnHrO
(Contenuto editoriale a cura di The Italian Chamber of Commerce and Industry for the United Kingdom)
CCR Steel è il primo marchio di profilati Steel Framing prodotto al 100% a Rosario e nella provincia di Santa Fe. Si tratta di un metodo di costruzione a secco che raccoglie sempre più seguaci e l'azienda è in piena espansione a livello nazionale e mira ad espandersi a livello internazionale. Matias Virgilio, direttore dell'azienda di Chapas Rosario e fondatore del marchio CCR Steel, afferma che tra i molteplici vantaggi di questo tipo di costruzione vi sono: la velocità di esecuzione, i costi più accurati, la garanzia di una durata uguale o persino maggiore rispetto alla costruzione tradizionale bagnata, il risparmio fino al 40% di energia destinata alla climatizzazione grazie al maggiore isolamento termico e un maggiore isolamento idraulico e comportamento acustico.
Lo Steel Framing, sistema di costruzione aperto composto da un reticolo di profili strutturali in lamiera d'acciaio zincata con montaggio a secco, consente la costruzione di diverse strutture come abitazioni, mezzanini, recinzioni esterne, edifici commerciali e industriali, tra gli altri. Questo sistema si adatta a una grande varietà di progetti e ha generato una grande domanda negli ultimi mesi, con diversi vantaggi che posizionano questa proposta al di sopra della costruzione tradizionale quando si sceglie un'opzione. Inoltre, questo sistema consente di ridurre l'impronta di carbonio del 25% rispetto alla costruzione tradizionale bagnata. La sua capacità di isolare il freddo e il calore contribuisce all'efficienza energetica e rende la struttura adatta a tutti i tipi di clima.
Sviluppo e innovazione contribuiscono a fortificare ed ampliare la rete di contatti commerciali esistenti tra Argentina e Italia per i settori edilizia e costruzioni in ambito pubblico e privato.
(Contenuto editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)
L'azienda Rosarina Corven ha investito oltre 4 milioni di dollari per avviare un nuovo impianto di verniciatura nella fabbrica di ammortizzatori nella sua sede di Rosario. L’investimento consentirà all’azienda di aumentare la capacità produttiva, di accrescere il volume delle esportazioni e di prendere in considerazione l'ingresso nel mercato di altre attrezzature.
Il nuovo impianto di verniciatura consiste nel trasportatore aereo di tipo birotaia che percorre diverse istanze della verniciatura, asciugatura e trattamento degli ammortizzatori, sviluppato congiuntamente con un’azienda europea leader nella progettazione e produzione di convogliatori aerei. L’applicazione di tecnologie di ultima generazione aumenterà l'efficienza nel processo nell’impianto automobilistico e faciliteranno lo sviluppo di nuove attività nella catena del valore, consentendo la diversificazione dell'azienda.
(Contenuto editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)
Il tasso d’inflazione annuo ha registrato in febbraio una leggera frenata. Lo indicano i dati diffusi dall’Ufficio di Statistica Ceco.
In febbraio i prezzi sono cresciuti, nel confronto anno su anno, in media del 16,7%. Rispetto a gennaio si tratta di un rallentamento di 0,8 punti percentuale. “Il rallentamento è stato registrato nella metà del paniere” ha indicato Pavla Šedivá dell’ufficio di statistica. In frenata, ad esempio, i prezzi del gas e di altri beni energetici, mentre la crescita dell’inflazione è stata alimentata dall’aumento degli affitti e degli alimenti.
Per i prossimi mesi gli esperti attendono un ulteriore calo del tasso dovuto anche all’alta base di confronto dello scorso anno. “Già in marzo l’inflazione potrebbe calare di due punti percentuale” ha indicato Patrik Rožumberský, economista di UniCredit Bank Czech Republic and Slovakia.
Fonte: https://bit.ly/3ZQYoLR
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)
Il commercio estero ceco è tornato in attivo dopo quasi un anno. Lo evidenziano i dati dell’Ufficio di Statistica Ceco.
Nel primo mese dell’anno il commercio estero ha registrato un attivo di 9,5 miliardi di corone dopo 11 mesi segnati dal passivo. A favorire tale condizione è stata la forte ripresa dell’automotive, il cui export è cresciuto di circa un quarto, e il calo delle importazioni dei beni energetici per effetto di minori prezzi sul mercato. Complessivamente, in gennaio, le esportazioni sono cresciute rispetto a un anno fa del 12,1% e le importazioni dell’11,8%.
Nel 2022 il commercio estero si è concluso in passivo di quasi 200 miliardi di corone. Quest’anno le vendite all’estero dovrebbero tornare a essere un motore della crescita economica. “Ci attendiamo una prima parte dell’anno più debole, mentre nella seconda parte l’export dovrebbe ottenere una nuova spinta dalla prospettata crescita dell’economia nell’eurozona” ha indicato l’analista di Raiffeisenbank David Vagenknecht.
Fonte: https://bit.ly/3JGr8kB
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)
Nel 2022 lo stipendio medio ha superato in Repubblica Ceca le 40.000 corone ceche. Lo ha indicato l’Ufficio di Statistica Ceco.
Lo scorso anno lo stipendio medio lordo è cresciuto nell’economia ceca del 6,5% a 40.353 corone ceche. Gli aumenti più ampi di oltre il 10% sono stati registrati nel settore finanziario e assicurativo, che è anche tra le attività meglio remunerate in Repubblica Ceca, e nel settore amministrativo. La crescita è stata ridotta negli impieghi a predominanza del settore pubblico. Ad esempio, nell’istruzione i salari sono aumentati di quasi il 2%, mentre nella sanità sono calati di oltre il 4% per effetto di bonus straordinari per il Covid-19 versati nel 2021.
Nel 2022 i dipendenti cechi hanno registrato un calo del potere d’acquisto, in quanto i prezzi al consumo sono aumentati di oltre il 15%. “Per quest’anno attendiamo un aumento medio degli stipendi dell’8%” ha indicato Radomír Jáč, Chief Economist di Generali CEE Investment. Anche quest’anno le remunerazioni dei dipendenti dovrebbero rimanere al di sotto del tasso d’inflazione.
Fonte: https://bit.ly/3yCzunc
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)
La Silicon Valley Bank (SVB), l'istituto finanziario più noto per i suoi rapporti con le startup tecnologiche e le società di venture capital, ha sperimentato uno dei più vecchi problemi del settore bancario, la corsa agli sportelli, che ha causato nel giro di poche ore il più grande fallimento negli Stati Uniti dai tempi del Washington Mutual del 2008.
La Silicon Valley Bank è stata colpita in pieno dalla flessione delle azioni del comparto tecnologico dell’ultimo anno e dal piano aggressivo della Federal Reserve di rialzo dei tassi nel tentativo di combattere l’inflazione dilagante nel paese.
Negli ultimi due anni, la SVB ha acquistato obbligazioni per miliardi di dollari, utilizzando i depositi dei clienti come farebbe normalmente una banca. Questi investimenti sono tipicamente sicuri, ma il loro valore è diminuito perché i tassi d'interesse che pagavano risultavano inferiori a quelli che un'obbligazione analoga avrebbe pagato se fosse stata emessa in un contesto come quello di oggi con tassi d'interesse più elevati.
Solitamente questo differenziale dei tassi non è un problema per le banche dal momento che conservano questi investimenti a lungo, a meno che debbano venderli in casi di emergenza. Tuttavia, proprio la clientela della SVB si è rivelata in difficoltà: queste aziende, infatti, in gran parte startup e high tech, hanno avuto necessità di maggiore liquidità a causa dell’esaurimento di finanziamenti da parte dei venture capitalist. Un altro segnale di crisi del settore high tech è da ritrovarsi nei numerosi licenziamenti da parte di aziende più strutturate, tra cui Microsoft, Google, Amazon, Alphabet e Coinbase, che nel solo 2022 hanno licenziato complessivamente 70.000 dipendenti.
Le aziende della Silicon Valley si sono quindi trovate costrette a prelevare dai propri depositi bancari e la SVB ha iniziato a vendere i propri asset per poter soddisfare questa crescente domanda di liquidità. I clienti della SVB, essendo principalmente persone facoltose ed aziende, i cui depositi superano il limite federale assicurato di $ 250.000, temevano un default dell’istituto di credito.
Ciò ha richiesto la vendita in perdita di obbligazioni tipicamente sicure, perdite che si sono sommate fino a rendere la Silicon Valley Bank di fatto insolvente. La banca ha cercato quindi senza successo di raccogliere ulteriore capitale da investitori esterni. Le autorità regolatorie hanno dovuto di conseguenza sequestrare gli asset della Silicon Valley Bank per proteggere le attività e i depositi rimasti presso la banca.
Considerato che la maggior parte dei depositi, come evidenziato in precedenza, non è assicurato dal governo federale e che non si ritiene di trovare un compratore che voglia caricarsi dei problemi di liquidità del settore high tech, la situazione sembra destinata a congelarsi nei prossimi mesi.
Al momento però gli analisti non temono un contagio globale come avvenuto nel 2008: la Silicon Valley Bank era un importante istituto di credito ma che serviva quasi esclusivamente una cerchia ristretta di aziende dell’ecosistema high tech e venture capital della California.
Le altre banche però hanno un business model molto più diversificato dal punto di vista della clientela e degli investimenti effettuati. Come dimostra il recente “stress test” della Federal Reserve, gli istituti di credito e finanziari più grandi degli Stati Uniti sono in grado di resistere ad uno scenario di profonda recessione e di calo della disoccupazione. Tuttavia, se non si riuscirà a sbloccare in tempi brevi la liquidità dei correntisti della SVB, c’è da aspettarsi un effetto boomerang sull’economia della Bay Area e nel mondo delle startup tecnologiche.
Fonte: https://bit.ly/3YXF1zy
(Contenuto editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce Southeast)
Il 2022 segna un altro anno record per le esportazioni italiane in Florida che hanno raggiunto l’importante cifra di 3.470,9 milioni di dollari, con una crescita rispetto all’anno precedente di ben +26,6%.
Secondo i dati recentemente pubblicati da Enterprise Florida su fonti dello U.S. Department of Commerce, tra i prodotti italiani che registrano la crescita più significativa segnaliamo Yacht e Imbarcazioni da diporto, +37,5% rispetto al 2021 e un valore complessivo di 522,9 milioni di dollari. Quello della nautica è il comparto da cui provengono la maggior parte di esportazioni italiane verso la Florida.
Sebbene con una leggera diminuzione del -3,7%, al secondo posto si classifica il settore delle Automobili e Motoveicoli. Seguono poi in terza posizione i Prodotti derivati dal petrolio, e in quarta posizione, il Vino che registra una crescita interessante delle importazioni del +5,5% rispetto al 2021.
A seguire troviamo l’Arredo, in crescita di ben +24,1% sull’anno precedente e in sesta posizione le Ceramiche, con una crescita del +8,7% e un valore delle esportazioni di 110,4 milioni di dollari. Un’altra crescita importante è stata registrata nel settore Cosmetici: +54,3% rispetto all’anno precedente.
Tra i prodotti alimentari, oltre al vino, registrano crescite importanti le importazioni di Olio d’oliva (+28,9%) e la Pasta (+48,5%).
Fonte: https://bit.ly/3JhMOSY
(Contenuto editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce Southeast)
Le grandi compagnie hanno alimentato l'inflazione con aumenti dei prezzi superiori all'incremento delle tariffe delle materie prime e dei salari, spingendo così i costi della spesa a livelli record. Evidenziando una tendenza chiamata "greedflation", supermercati, produttori alimentari e compagnie di spedizioni sono tra le centinaia di aziende che hanno visto aumentare i propri profitti, dando un ulteriore rialzo ai prezzi.
Un'analisi delle prime 350 società quotate alla Borsa di Londra da parte di un team di ricercatori di Unite, il più grande sindacato del settore privato del Regno Unito, ha mostrato che i margini di profitto medi sono aumentati dal 5,7% nella prima metà del 2019 al 10,7% nello stesso periodo del 2022.
Nel Regno Unito, Tesco, Sainsbury's e Asda hanno realizzato utili per 3,2 miliardi di sterline nel 2021, quasi il doppio dei livelli pre-pandemia. Anche i produttori alimentari globali come Nestlé hanno aumentato i margini di profitto negli ultimi 18 mesi.
Unite ha inoltre affermato di aver esaminato anche i conti di società internazionali che vendono servizi e materiali che direttamente influiscono sull'inflazione in Regno Unito. “Le quattro più grandi società agroalimentari che dominano alcune colture fondamentali come quella cerealicola – ADM, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus – hanno visto i profitti aumentare del 255%, realizzando un totale di 10,4 miliardi di dollari nel 2021. I 10 principali produttori di semiconduttori al mondo hanno realizzato utili per 44 miliardi di sterline – il 96% in più rispetto al 2019”.
Le due catene britanniche Tesco e Sainsbury’s, che insieme detengono una quota del 43% del mercato alimentare, sono sulla buona strada per realizzare grandi profitti anche quest'anno. Tesco ha affermato che prevede di realizzare utili fino a 2,5 miliardi di sterline e Sainsbury ha indicato che raggiungerà quasi 700 milioni di sterline.
Il rapporto è un aggiornamento sui dati pubblicati la scorsa estate da Unite che hanno rivelato la crescita dei profitti aziendali, l’aumento dell’inflazione e il rallentamento della crescita economica.
Le catene di supermercati incluse nel rapporto hanno tuttavia negato di essere responsabili dell'aumento dei prezzi.
Paul Donovan, capo economista di UBS Wealth Management, è uno dei pochi economisti della City a richiamare l'attenzione sull'aumento dei profitti aziendali come causa dell'aumento dei prezzi. “Credo che gran parte dell'attuale inflazione sia guidata dall'espansione degli utili. In genere ci si aspetterebbe che circa il 15% dell'inflazione provenga dall'espansione dei margini di profitto, ma il numero oggi è probabilmente intorno al 50%. Uno dei segnali più eloquenti è il calo del costo del lavoro: l'automazione ha aumentato la produttività, la crescita dei salari è stata molto debole in termini reali e, come per i prezzi delle materie prime, l’inflazione è fortemente legata ai margini di profitto delle aziende".
Fonte: https://bit.ly/3JGW3x7
(Contenuto editoriale a cura di The Italian Chamber of Commerce and Industry for the United Kingdom)