Economia

Martedì 5 Aprile 2022

Svizzera: la BNS non cambia rotta

Nonostante l'aumento previsto dell'inflazione, la Banca Nazionale Svizzera resta ancorata ai tassi negativi introdotti nel 2015.

La Banca Nazionale Svizzera lascia invariata la sua politica monetaria espansiva, pur vedendo all'orizzonte un aumento dell'inflazione. Nell'ambito del tradizionale esame trimestrale della situazione economica e monetaria, la BNS ha deciso di mantenere fermo al -0,75% il suo tasso guida, il più basso del mondo. Sono confermati anche gli interessi negativi, pure del -0,75%, a carico delle banche che depositano il loro denaro presso l'istituto. Introdotti nel 2015, erano allora considerati una sorta di bizzarria temporanea, ma non sono più stati abbandonati e hanno prodotto un impatto considerevole, non da ultimo sull'immobiliare e sulle future pensioni.

Sulla scia degli scombussolamenti provocati dalla guerra in Ucraina la stima di crescita viene rivista al ribasso ma solo leggermente, dal 3% calcolato tre mesi fa al 2,5%. L'incertezza e i rischi sono considerati però elevati. "L'invasione russa ha accresciuto significativamente l'incertezza in tutto il mondo: in questa situazione la Banca nazionale, con la sua politica monetaria garantisce la stabilità dei prezzi e sostiene l'economia svizzera", dice l’istituto guidato da Thomas Jordan.

La banca nazionale ha anche ribadito la disponibilità a procedere a interventi sul mercato dei cambi per stabilizzare il franco, che rimane molto vicino alla parità con l'euro con conseguenti effetti negativi sulle esportazioni: giovedì mattina la moneta europea costava poco più di 1,02 franchi.

Le indicazioni non rappresentano una sorpresa: gli esperti erano unanimi nel ritenere che la BNS non avrebbe cambiato rotta. È infatti opinione largamente condivisa che prima di poter operare una stretta monetaria l'istituto debba aspettare che si muova la Banca centrale europea (BCE), i cui intendimenti non sono del tutto chiari. Intanto invece la statunitense Federal Reserve (Fed) ha già proceduto la settimana scorsa a un rialzo dei tassi (il primo dal 2018), a cui ne seguiranno altri nell'anno in corso.

La BNS può però permettersi di attendere perché il rincaro è relativamente contenuto rispetto ad altri Paesi: in febbraio era al 2,2%, contro il 5,9% dell'Eurozona e il 7,9% negli Stati Uniti. La BNS si aspetta ora che l'inflazione si fissi al 2,1% in questo 2022 e allo 0,9% nel 2023. I precedenti pronostici erano rispettivamente dell'1 e dello 0,6%. La prima valutazione per il 2024 è dello 0,9%.

Fonte: http://www.ccis.ch/it/news.aspx?id=1499

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)

Ultima modifica: Martedì 5 Aprile 2022
Venerdì 1 Aprile 2022

Impatto della guerra in Ucraina e prospettive dell’economia brasiliana

Premesso che la conseguenza, a lungo termine, del conflitto nell'Europa dell’est sarà un mondo meno globalizzato. In altre parole, i paesi, invece di importare tutto, inizieranno a fare più cose in casa, oltre a una certa divisione politica tra Occidente e Oriente.

Il Brasile mette assieme una serie di fattori per soffrire meno del resto del mondo con la crisi economica generata dal conflitto nell'Europa orientale, e diventare ancora una destinazione attraente per gli investitori internazionali, afferma l'ex direttore della Banca centrale e amministratore delegato di Mauá Capitale, Luiz Fernando Figueiredo. La posizione privilegiata riflette il ruolo fondamentale che il Paese svolge nell’export di commodities.

In quanto grande esportatore di materie prime, il Brasile è un buon paese su cui investire ed è abbastanza lontano geograficamente da non risentire degli effetti diretti della guerra, presentando così stabilità e sicurezza.

La Banca Centrale (BC) del Brasile ha operato in questi mesi il rialzo progressivo del TUS. Ciò dovrebbe dare un vantaggio all'economia brasiliana nello scenario internazionale. Perchè il Brasile sarà probabilmente uno dei primi a riportare l'inflazione alla normalità.  Anche se, in questo momento, il tasso di interesse è molto alto, poiché il Brasile è stato il primo a rispondere con manovre di politica monetaria all’alta inflazione.

Altro fattore da evidenziare è l'afflusso di capitali esteri, dall'inizio dell'anno, che ha fatto chiudere il cambio col dollaro al prezzo più basso degli ultimi due anni. Questo apprezzamento mostra che il paese è tornato nel radar degli investitori.

Nella sfera finanziaria, c'è anche un chiaro segno di questo interesse degli investitori in Brasile. In effetti, gli asset brasiliani hanno ottenuto buoni risultati e gran parte di essi provengono da investimenti esteri.

Il Brasile viene percepito come un paese che avrà gli effetti ridotti al minimo. Pertanto, il flusso verso i mercati emergenti è stato incanalato verso questo Paese.

In altre parole, coloro che finiranno per sostituire Russia e Ucraina come fornitori ridurranno in qualche modo al minimo il deficit economico.

Fonte: https://bit.ly/3uJkl13

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera Italiana Commercio e Industria SC - Brasile)

 

Ultima modifica: Venerdì 1 Aprile 2022
Lunedì 28 Marzo 2022

Svizzera: due scenari per la crescita economica (guerra permettendo)

La crescita dell’economia svizzera dipenderà in larga misura dall’evoluzione della guerra in Ucraina.

Nello scenario più ottimistico tracciato dal KOF, centro di ricerche congiunturali del Politecnico di Zurigo nelle sue previsioni primaverili, le ostilità si concluderanno presto e il PIL progredirà del 2,9% in questo 2022 e del 2,3% nel 2023. Questo al netto degli effetti dei grandi eventi sportivi, che hanno un forte impatto visto che le sedi delle ricchissime federazioni internazionali sono in Svizzera.

La stima pessimistica è invece dell’1% per quest’anno e dello 0,8% nel prossimo. Comprende un peggioramento del conflitto, nuove sanzioni, limitazioni alla produzione europea, rafforzamento del franco e abbandono del commercio del petrolio russo (in larga misura negoziato nella Confederazione) e aumento dei costi di energia e materie prime. Addirittura, nel secondo trimestre si assisterebbe a una picchiata del 6% ma non a una recessione in senso tecnico, perché il terzo trimestre invertirebbe la tendenza.

Ne risentirebbe anche il livello dei prezzi: invece di un +1,6% nel 2022 si arriverebbe a un incremento del 2,8%, nel 2023 il rincaro sarebbe dell’1,2% invece dello 0,8%.

Fonte: http://www.ccis.ch/it/news.aspx?id=1497

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)

Ultima modifica: Lunedì 28 Marzo 2022
Lunedì 28 Marzo 2022

Praga 1 lancia a sostegno delle imprese la sua moneta elettronica locale

Il municipio di Praga 1 ha deciso di sostenere i negozi e i servizi sul proprio territorio tramite la moneta elettronica locale Corrency.

Il municipio sta lanciando un progetto pilota, che verificherà i benefici della moneta elettronica locale. Nel quadro del progetto pilota verranno individuati 2000 residenti nel municipio che otterranno mille crediti di Corrency pari a mille corone. Con la moneta elettronica potranno saldare la metà della propria spesa presso gli esercenti presenti a Praga 1.

Secondo l’assessore per il sostegno alle imprese Karel Gabrein Procházka le finalità del progetto sono il sostegno alle imprese locali di Praga 1, al potere d’acquisto dei residenti e l’individuazione su quali merci e servizi preferiscono gli abitanti del centro di Praga. Il progetto pilota dovrebbe partire in maggio e coinvolgere circa 400 esercizi commerciali.

Fonte: https://bit.ly/3LfW4Gg

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)

Ultima modifica: Lunedì 28 Marzo 2022
Lunedì 21 Marzo 2022

Previsioni congiunturali: il conflitto in Ucraina frena la ripresa svizzera

Il gruppo di esperti rivede al ribasso (2,8 %) le previsioni di crescita per la Svizzera nel 2022 al netto degli eventi sportivi. L’aumento del rincaro e il conflitto in Ucraina frenano la ripresa. In compenso, la situazione epidemiologica è migliorata più rapidamente del previsto. Per il 2023 le stime di crescita rimangono invariate al 2,0 %. La guerra in Ucraina comporta rischi importanti per la congiuntura mondiale.

Il 4° trimestre 2021 è stato contrassegnato dall’ultima ondata di coronavirus e dalle relative restrizioni. In linea con le aspettative, la ripresa dell’economia svizzera è proseguita, anche se con un ritmo meno sostenuto.

La guerra in Ucraina pesa sulle prospettive economiche e comporta rischi congiunturali importanti. Tuttavia, l’economia svizzera parte in condizioni relativamente buone. La domanda interna è in ripresa e l’andamento del mercato del lavoro è molto favorevole: aumentano gli occupati, il tasso di disoccupazione è tornato al livello pre-crisi e alcuni settori economici lamentano persino la carenza di personale qualificato. Inoltre, poiché è stato possibile revocare gran parte delle misure sanitarie, per i prossimi mesi si prevede una netta ripresa nel settore dei servizi. I settori con il maggiore potenziale di crescita sono quello alberghiero e della ristorazione e quello della cultura e del tempo libero.

Poiché gli scambi economici della Svizzera con la Russia e l’Ucraina sono relativamente scarsi, le ripercussioni dirette del conflitto sul nostro Paese dovrebbero essere limitate. Al contrario, gli effetti indiretti potrebbero essere molto forti. Sui mercati internazionali i prezzi dei principali beni d’esportazione russi e ucraini, in particolare le fonti energetiche, nonché alcuni prodotti alimentari di base e metalli industriali, hanno infatti registrato un’impennata. Al momento quindi a livello internazionale la pressione inflazionistica rimane elevata. Anche se il recente apprezzamento del franco sta aiutando a limitare la pressione sui prezzi in Svizzera, anche nel nostro Paese l’inflazione dovrebbe risultare più alta di quanto previsto in precedenza. Il gruppo di esperti rivede infatti al rialzo le proprie stime sull’inflazione in Svizzera nel 2022, il cui tasso dovrebbe arrivare all’1,9 % (previsioni dicembre 2021: 1,1 %), frenando i consumi privati. La crescente incertezza, poi, rallenta anche gli investimenti, mentre la situazione dell’approvvigionamento a livello globale si sta nuovamente aggravando.

Alla luce di queste premesse, il gruppo di esperti rivede al ribasso (2,8 %) le previsioni di crescita per il 2022 (al netto degli eventi sportivi, valore stimato a dicembre 2021: 3,0 %). L’economia svizzera dovrebbe dunque continuare sulla strada della ripresa dalla crisi del coronavirus con una crescita del PIL superiore alla media, anche se con meno dinamicità rispetto alle previsioni precedenti. Affinché ciò si verifichi è necessario che i nostri maggiori partner commerciali non vadano incontro a una forte recessione e soprattutto che non vi siano gravi problemi di rifornimento energetico o di materie prime in Europa.

Nella seconda parte del periodo di previsione l’effetto di recupero della pandemia di coronavirus dovrebbe affievolirsi. Se anche gli effetti frenanti del conflitto in Ucraina perderanno vigore la congiuntura dovrebbe normalizzarsi. Per tutto il 2023 il gruppo di esperti prevede una crescita del PIL del 2,0 %. In media annua, invece, l’inflazione dovrebbe scendere allo 0,7 %, in linea con le previsioni precedenti.

Anche per il mercato del lavoro il gruppo di esperti si attende un’ulteriore ripresa e prevede un tasso di disoccupazione medio del 2,1 % nel 2022 e del 2,0 % nel 2023.

 

Rischi congiunturali

Il conflitto in Ucraina alimenta un clima di grande incertezza. Anche qualora non si arrivi a un’escalation militare internazionale le ripercussioni economiche rischiano di essere più pesanti rispetto alle stime attuali.

In caso di recessione dei maggiori partner commerciali della Svizzera, la nostra economia subirebbe un duro contraccolpo, in particolare se si verificasse un calo significativo della produzione in Europa dovuto all’interruzione delle forniture di materie prime dalla Russia. Con uno scenario** del genere la pressione sui prezzi a livello internazionale resterebbe elevata e vi sarebbe un’evoluzione negativa dell’economia.

Ulteriori rischi derivano dal crescente indebitamento di alcuni Stati e imprese. Anche nel settore immobiliare permangono dei rischi sia a livello nazionale che internazionale, in particolare in Cina.

In compenso, l’incertezza legata alla pandemia si è notevolmente ridimensionata, anche se non sono da escludere altre ricadute, ad esempio in seguito alla comparsa di nuove varianti.

 

Fonte: http://www.ccis.ch/it/news.aspx?id=1496

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)

Ultima modifica: Lunedì 21 Marzo 2022
Venerdì 18 Marzo 2022

La Banca Centrale Ceca interviene sull’andamento della corona a causa del suo indebolimento

L’istituto centrale afferma che la Banca Centrale Ceca (ČNB) sta intervenendo sul corso della corona ceca per far fronte al suo indebolimento.

La corona ceca aveva registrato un leggero indebolimento dall’avvio dell’invasione russa in Ucraina. Vista la forte tensione nella regione, molti investitori internazionali hanno deciso di chiudere le proprie posizioni nelle valute dei paesi dell’Europa centrale e orientale. La Banca Centrale Ceca aveva già in precedenza avvisato di essere pronta a intervenire in caso di oscillazione anomala della corona. “Nell’ambito internazionale la ČNB ha forti riserve di valuta estera, il cui utilizzo in situazioni eccezionali, come quella in cui ci troviamo, è del tutto giustificabile” ha comunicato la banca centrale.

Con riserve di 157 miliardi di euro, pari a due terzi del Pil ceco, l’istituto ha, secondo gli analisti, i mezzi per consolidare il cambio. La ČNB non ha comunicato una soglia di cambio entro cui intervenire. Gli analisti hanno tuttavia osservato che la banca ha cominciato a intervenire quando il cambio era sceso a 25,90 corone per euro. Secondo loro la ČNB quindi non permetterà che si sfori il cambio a 26 corone per euro. Con l’intervento il cambio ha registrato un calo a 25,55 corone per euro.

Fonte: https://bit.ly/3u6t1y9

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)

Ultima modifica: Venerdì 18 Marzo 2022
Martedì 15 Marzo 2022

L’indice globale della libertà economica 2022 colloca la Turchia al 42mo posto su 45 Paesi in Europa

L'economia turca è cresciuta piuttosto lentamente dal 2017 al 2020, ma si è decisamente ripresa nel 2021, sfruttando al massimo l’effetto “rimbalzo” della ripresa post-pandemica. Tuttavia, il graduale declino degli anni precedenti ha contribuito ad un ribasso nel punteggio del Paese stilato dall’Heritage Foundation (-8,3 punti dal 2017).

La Turchia ha ottenuto un punteggio di 56,9 punti (la media regionale si attesta a 69,5 punti) ed occupa la 107ma posizione nell’indice globale della libertà economica per il 2022 (l’Italia è risultata 80ma). La Turchia è passata quindi dalla categoria “modertamente libera” (categoria che ospita 59 Paesi tra cui Italia, Romania, Spagna, Portogallo e Francia) a “essenzialmente non libere”, la fascia più folta (con Russia, Cina, Grecia, India, Brasile, Iran, ecc. ecc.).

Osservando le altre tre categorie, secondo l’autorevole indice, solo sei sono i Paesi che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore a 80 (Hong Kong, Singapore, Nuova Zelanda, Svizzera, Australia e Irlanda) e si posizionano nella fascia dei Paesi definiti “liberi” mentre nel gruppo immediatamente successivo (“quasi liberi”) si piazzano 29 Paesi tra cui Uk, USA, Germania e Giappone) mentre l’ultima fascia (“repressione economica”) e occupata da soli tre Paesi (Cuba, Venezuela e Corea del Nord).

La Turchia paga soprattutto le asserite inefficienze fiscali e il non rispetto dello stato di diritto. Lievemente diminuita, invece, la libertà economica e di investimento ma con un netto peggioramento della politica monetaria e ingerenze politiche nella vita economica del Paese. Nel rapporto si legge inoltre che la libertà economica è condizionata da una integrità di Governo molto discutibile e, malgrado il Paese continui in gran parte ad offrire un mercato libero e diversificato, il salto di qualità viene mutilato da una economia ancora trainata dal settore agricolo (più del 25% della forza lavoro). Tuttavia, si riconosce al Paese la crescita significativa realizzata nel 2021.

L’indice dimostra che i peggiori risultati sono stati ottenuti proprio nella categoria “Rule of law” con un sistema giudiziario cha avrebbe subito l’ingerenza del Governo.

Per quanto attiene alla categoria “Government size” è stato osservato che il carico fiscale e la spesa pubblica nazionale sono state rispettivamente il 23,1% e il 34,7% del PIL mentre negli ultimi tre anni il deficit di bilancio è stato pari al 4,9% e il debito pubblico ha raggiunto il 36,5% del prodotto interno lordo del Paese.

Il c.d. “Regulatory efficiency”, è penalizzato dalla carenza di personale specializzato nei settori hi tech mentre risulta abbondante la manodopera in generale anche se la formazione in relazioni alle nuove tecnologie è decisamente in aumento.

Per la macro-aera categoria “Open markets”; gli indici hanno fatto registrare una timida flessione grazie ad un ambiente degli investimenti in generale aperto e competitivo malgrado l’alta burocrazia.

La Turchia ha perso dunque 31 posizioni rispetto al 2020 quando il think thank statunitense collocava il Paese tre posizioni prima dell’Italia.

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)

Ultima modifica: Martedì 15 Marzo 2022
Giovedì 10 Marzo 2022

Gli stipendi sono cresciuti in Repubblica Ceca del 6%

Gli stipendi sono cresciuti in Repubblica Ceca lo scorso anno di oltre il 6%. Una parte significativa dell‘aumento è stato tuttavia eroso dall’inflazione. Lo indicano i dati dell’Ufficio di Statistica Ceco.

Lo scorso anno lo stipendio medio è aumentato del 6,1% a quasi 38.000 corone mensili lorde. Con l’inflazione al 3,8% l’aumento reale è stato del 2,2%. Le remunerazioni più alte continuano a essere a Praga con una media di 46.000 corone al mese e un rialzo del 5%. Seguono la Boemia centrale con poco più di 38.300 corone al mese e la Moravia meridionale con circa 37.000 corone lorde al mese. I salari più bassi sono invece nelle regioni di Karlovy Vary e Zlin con una media inferiore a 34.000 corone mensili.

Nell’ultimo trimestre del 2021 gli stipendi non sono riusciti a tenere il passo con l’inflazione. Gli introiti dei dipendenti sono aumentati del 4% di fronte a una crescita dei prezzi del 6%. Secondo gli analisti un andamento simile caratterizzerà anche l’intero 2022.

Fonte: https://bit.ly/3vWKA6q

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)

Ultima modifica: Giovedì 10 Marzo 2022
Giovedì 10 Marzo 2022

Previsioni sull’andamento dell’economia tedesca nel 2022- Sondaggio della DIHK - Focus febbraio 2022

L’undici febbraio Martin Wansleben, l’AD della DIHK- Camera di industria e commercio tedesca, ha presentato i risultati di un sondaggio capillare che ha visto la partecipazione di 28.000 aziende tedesche provenienti da vari settori e varie regioni della Germania.

Le aziende tedesche intervistate hanno mostrato un cauto ottimismo per quelle che saranno le prospettive di crescita dell’economia tedesca nel 2022, ma soltanto ¼ di esse prevede di assistere ad un chiaro miglioramento del quadro economico. La DIHK ha dunque ha modificato le previsioni di crescita da 3,6% a 3,0%, prevedendo di raggiungere i livelli pre-crisi solamente a metà anno.

Tra i fattori che più preoccupano le aziende i più ricorrenti oltre alla Pandemia sono: i continui colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento, l’aumento dei prezzi energetici e delle materie prime, la penuria di personale specializzato e l’aumento dei costi causato dalla transizione ecologica.

In particolar modo, secondo dati diffusi dalla DIHK, le aziende tedesche devono fare i conti con i prezzi energetici attualmente più alti al mondo e con una pressione fiscale ben al di sopra della media dei paesi dell’OCSE.

In base ai risultati del sondaggio, più di 2/3 degli intervistati individuano l’aumento dei prezzi energetici e delle materie prime come il primo fattore di rischio per la propria sopravvivenza, mentre il 61% si mostra preoccupato per la mancanza di personale specializzato. Il 43% guarda invece con timore all’aumento del costo del lavoro.

Sono soprattutto le aziende operanti nel settore alberghiero e della ristorazione oltre che quelle nel settore delle arti, dello spettacolo e del tempo libero a mostrarsi particolarmente preoccupate. Sono infatti questi i settori che hanno risentito di più delle misure restrittive adottate per arginare la quarta ondata del Virus, dopo che in autunno si era assistito ad una tendenza al rialzo. Più ottimiste sono invece le aspettative delle aziende farmaceutiche, meccaniche e tessili.

Arrivano buone notizie anche sul fronte dell’occupazione, dove più di 1 azienda su 5 (21%) conta di assumere più personale, 2/3 di mantenerlo invariato e il 13% di fare dei tagli.

Fonti: https://bit.ly/3KxuOTp

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Germania)

Ultima modifica: Giovedì 10 Marzo 2022
Giovedì 10 Marzo 2022

Una fotografia del quadro economico tedesco di febbraio 2022

Dopo un inizio d’anno caratterizzato da segnali contrastanti, il secondo mese del 2022 in Germania si conclude con un quadro economico più lineare. Le misure adottate dal governo federale per arginare l’aumento delle infezioni stanno producendo gli effetti previsti, facendo così sperare un’eventuale revoca delle restrizioni che accelererebbe la ripresa economica del paese.

Sul versante del mercato del lavoro interno, le previsioni dell’Agenzia Federale del Lavoro (Bundesagentur für Arbeit) sono ottimiste, in quanto auspicano che nel corso dell’anno avverrà un calo del tasso di disoccupazione e sottooccupazione. Il Ministero Federale per l’Economia e la Protezione del Clima (BMWK) si aspetta anche un significativo calo dei lavoratori in cassa integrazione.

La Germania continua, inoltre, ad essere il punto di riferimento economico del vecchio continente e soprattutto un porto sicuro per gli IDE (investimenti diretti all’estero), che nonostante la recessione globale del 2020 causata dal Corona Virus sono calati solo del 9% rispetto all’anno precedente. Questo dato viene confermato da un’analisi del 2020 di Germany Trade & Invest, che segnala 1.684 progetti IDE in Germania.

Per quanto riguarda il quadro sulle esportazioni, DESTATIS (ufficio tedesco per la statistica) segnala soprattutto un aumento delle esportazioni verso paesi terzi, che a gennaio 2022 sono aumentate del 9,4% rispetto a dicembre 2021. Sulla base di dati preliminari, le esportazioni verso paesi terzi (aggiustate per gli effetti di calendario e stagionali) hanno raggiunto a gennaio un valore di 56,3 miliardi di euro, registrando così un aumento del 19,3% rispetto a febbraio 2020.

Nonostante i numerosi e persistenti colli di bottiglia, i veicoli a motore e i loro componenti continuano ad essere i beni più esportati. Secondo dati preliminari, la Germania ha esportato veicoli a motore e i loro componenti per un valore di 209,4 miliardi di euro nel 2021: l'11,6% in più rispetto al 2020. I beni più importati sono stati invece i dispositivi per l'elaborazione dei dati, prodotti elettrici e ottici per un valore di 127,7 miliardi (+9,9% rispetto al 2020), veicoli a motore e i loro componenti per 113,8 miliardi di euro (+1,1 %), seguiti dai prodotti chimici per 93,3 miliardi di euro (+15,9 %).

Sulla base dei dati forniti da DESTATIS, il paese verso il quale la Germania ha esportato più merci sono stati gli Stati Uniti, con merci esportate per un valore di 9,9 miliardi di euro. Verso la Repubblica Popolare Cinese sono state invece esportate merci per un valore di 8,1 miliardi di euro, il 7,2% in più rispetto allo stesso mese dell'anno scorso.

Fonti: https://bit.ly/3vWbriY; https://bit.ly/3HYop1V; https://bit.ly/3CKO5hL; https://bit.ly/3J45Qux    

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Germania)

Ultima modifica: Venerdì 1 Aprile 2022