Mercoledì 2 Luglio 2025
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La segreteria di Stato dell’economia prevede un inverno favorevole sotto il profilo degli ingressi turistici in Svizzera, calcolando in via previsionale un +13% di pernottamenti rispetto alla scorsa stagione invernale. Questo nonostante l’inflazione alta e le sfide internazionali che chiamano le famiglie alla prudenza.
Gli ospiti provenienti dall’Europa si calcola acquisteranno oltre 2 milioni di pernottamenti: una tendenza sostenuta anche dalle incertezze del trasporto aereo che spinge molti a scegliere mete limitrofe al proprio paese di residenza.
Fonte: https://bit.ly/3H9jAFR
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)
Secondo un nuovo studio del think tank turco “Sustainable Economics and Finance Research Association” (SEFIA) pubblicato lo scorso 16 dicembre, l'aumento della capacità di generazione di energia fotovoltaica ed eolica potrebbe ridurre l'inflazione in Turchia del 7%. L'aumento della produzione di elettricità da fonti rinnovabili in Turchia ridurrebbe inoltre i costi del carburante (il Paese è fortemente dipendente dalle importazioni dall’estero per coprire il proprio fabbisogno) che sono stati pari a 3,1 miliardi di dollari nel 2021 e 3,3 miliardi nei soli primi sei mesi del 2022. Inoltre, da un recente rapporto congiunto elaborato dall’UNDP e dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), si stima che la Turchia potrebbe trarre enormi benefici economici spostando i nuovi investimenti dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili aumentando il suo PIL fino a 8 miliardi di dollari all’anno e riducendo contestualmente le emissioni di gas di serra di circa il 10% rispetto ai livelli del 2019.
Secondo le ultime stime dell’IEA (dell'Agenzia Internazionale per l'Energia) si prevede che la Turchia possa crescere ancora di un ulteriore 60% nella sua capacità di generare energia rinnovabile nei prossimi cinque anni, collocando il Paese tra i primi 10 maggiori mercati del mondo, con 90 gigawatt (GW) di nuova potenza installata entro il 2027. Secondo il Direttore Esecutivo della IEA, il turco Fatih Birol, la crescita della capacità di energia rinnovabile deriverà per il 49% dall'energia solare e per un 24% dall'energia eolica. Un risultato che consentirebbe alla Turchia di diventare il 4° più grande mercato delle rinnovabili in Europa e il 10° nel mondo. Tra le rinnovabili oggi in Turchia la capacità idroelettrica, prima fonte, è di circa 31.600 (MW).
L’eolico (17,7%) è la seconda fonte rinnovabile di elettricità con 11.36 MW mentre la potenza assicurata e installata dal fotovoltaico in Turchia ha raggiunto i 9.120 MW a novembre 2022. L’idroelettrico, con oltre 600 centrali che assicurano al Paese quasi 30 mila MW, è molto sviluppato in Turchia; tuttavia, non sono previsti investimenti nei prossimi anni in considerazione del fatto che il potenziale idroelettrico del Paese, anche a causa del riscaldamento globale e della siccità che affligge grandi aree della Turchia nel periodo primaverile ed estivo, è stato in gran parte utilizzato. Investimenti sono invece previsti per l’espansione della capacità produttiva di energia eolica e solare che nel 2021 hanno assicurato quasi 45 terawattora (TWh). Le centrali eoliche (le più potenti sono installate nella regione di Izmir), hanno generato nel 2021 quasi 179 mila megawattora su un totale di quasi 800 mila megawattora di produzione giornaliera di elettricità. Nel Paese l’energia solare, distribuita in modo più omogeno in tutto il Paese rispetto all’eolico, può beneficiare di particolari condizioni vantaggiose, particolarmente nella sud-est dell’Anatolia e lungo la costa Egea del Mediterraneo e si stima che possano essere aggiunti 10 GW di energia solare entro il 2023 e 30 GW entro il 2030, di cui quasi 4 GW derivanti da istallazione fotovoltaiche per le utenze domestiche. Per quanto attiene l’energia eolica, oggi in Turchia la capacità è di 11.36 GW, +50% rispetto a due anni fa, ma si stima una crescita che potrebbe portare l’eolico a 13 GW entro il 2024.
Il 2022 si chiuderà, nelle recenti parole del Direttore della Turkish Wind Energy Association (TÜREB), Ibrahim Erden, con un risultato eccellente per quanto attiene la generazione di elettricità da fonte eolica anche in termini di export soprattutto verso i Paesi dell’Unione Europea. Secondo un recente rapporto dal titolo "Fossil Fuel Prices and Inflation in Turchia " la crisi energetica globale innescata dalla guerra della Russia in Ucraina, con il combinato deprezzamento della moneta turca, ha causato un aumento dei prezzi dell’energia in Turchia del 102% negli ultimi 12 mesi dell’anno. il costo del gas nel periodo in osservazione è salito del 145%, quello dei carburanti per autoveicoli del 182%. Il rapporto prevede anche per il 2023 un aumento di tali costi ma che, tuttavia, grazie ai cospicui investimenti previsti nel fotovoltaico e nell’eolico, si stima che in Turchia il prossimo anno il costo per megawatt ora generato dal fotovoltaico sarà circa di 64 dollari e quello dell'energia eolica a 44 dollari, meno della metà del costo per megawattora per produrre energia da gas naturale, il cui prezzo si aggirerà sui 128 dollari nel 2023.
Dati più recenti del Piano Energetico Nazionale, indicano una capacità complessiva di energia solare che potrebbe raggiungere, secondo stime preliminari diffuse ad inizio 2023 da una proiezione del Ministero dell’Energia e delle Risorse Naturali, i 52,9 giga watt entro il 2035 con un risparmio sul consumo di petrolio nel Paese. Quella eolica, nell’analoga data, dovrebbe invece aumentare a 29,6 gigawatt di cui 5 offshore.
Sempre entro il 2035 si stima che la potenza elettrica della Turchia potrebbe raggiungere i 189,7 gigawatt (+96,5 GW); la quota di energia elettrica prodotta dalle energie pulite passerebbe al 64,7% (+43,5%). Infine, secondo il Global Wind Report 2022" del “Global Wind Energy Council” (GWEC) la Turchia si colloca tra i quattro Paesi al mondo con il più alto “potenziale” di energia eolica offshore accanto a Azerbaijan, Australia e Sri Lanka.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)
Il 2022 si chiude con un segno positivo davanti al valore del prodotto interno lordo della Confederazione Elvetica. Dopo il trascurabile decremento dello 0,1% registrato nel 2^ trimestre dell’anno appena concluso, il PIL elvetico ha fatto chiudere il 2022 con un +0,2% incentivato dall’economia interna. Nonostante i tassi d’inflazione relativamente elevati, nel 3° trimestre la crescita dei consumi privati è stata nuovamente superiore alla media (+0,7 %).
A crescere sono stati anche il valore aggiunto del commercio al dettaglio e il commercio (+2,3 %), tornato a registrare un aumento sostanziale dopo quattro trimestri in negativo.
L’industria alberghiera e della ristorazione ha continuato la sua ripresa (+2,8 %) dopo il crollo dovuto alla pandemia, sostenuta anche da un incremento del turismo straniero. L’allentamento dei problemi di fornitura a livello internazionale ha favorito notevoli investimenti in veicoli; contemporaneamente sono saliti anche gli investimenti in informatica.
Sulla scia della ripresa della domanda interna, sono aumentate considerevolmente anche le importazioni (+4,9%).
Fonte: https://bit.ly/3H8qMC0
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)
Quest’anno, le statistiche presentate da Finans Danmark hanno portato alla luce un dato molto positivo per l’intero paese. In tutto il 2022 non si è mai verificata neppure una singola rapina in banca.
Per comprendere il peso di questa notizia, è importante fare un confronto con alcuni dati del passato. Nel 2000 si erano verificate 221 rapine, che sono gradualmente diminuite fino a non raggiungere neppure quota 10 a fine 2017. Nel 2021, il Paese ha contato una sola rapina e l’anno scorso, 2022, infine è stato raggiunto il traguardo di quota zero.
È una notizia positiva per molti aspetti. Innanzitutto, è un sollievo importante per i dipendenti delle banche, i quali, ovviamente, vengono sottoposti ad un fortissimo stress durante le rapine, ed ai quali, molte volte “rimangono cicatrici psicologiche per lungo tempo”, ha precisato Steen Lund Olsen, vicepresidente del sindacato dei lavoratori del settore finanziario, Finansforbundet.
Secondo il sindacato, le rapine in banca non sono più un trend per ladri e rapinatori grazie al fatto che ormai la Danimarca è una società cashless.
La banca centrale danese, infatti, ha riferito che l’uso dei contanti è diminuito drasticamente nell’ultimo decennio, dimezzandosi nel giro di un anno e, quindi, passando dal 23% di pagamenti in contanti nel 2017 al 12% nel 2021.
Nel paese, i pagamenti digitali ormai vengono utilizzati da tutti in maniera constante e sistematica. Per esempio, negli ultimi sei anni, l’uso del contante è diminuito di circa ¾ ogni anno ed oggi l’86% dei pagamenti in negozio è digitale. La pandemia di Covid-19, è stato poi, l’elemento decisivo per mettere fine all’uso del contante.
La sparizione dei pagamenti con i contanti è stata il motore di una serie di cambiamenti nel mondo del denaro in Danimarca. Gli istituti di credito hanno ridotto i servizi di cassa, hanno abolito la presenza di casseforti in loco, mentre hanno anche rafforzato la sorveglianza sia con telecamere che con comunicazioni più dirette e serrate con le forze dell’ordine.
Questa società cashless ha portato molti vantaggi alla Danimarca, che non solo ora può tracciare la maggior parte del denaro e diminuire il rischio di azioni malavitose con il denaro, ma non soffre più di rapite in banca.
Fonte: https://bit.ly/3kmxNGz
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)
Il produttore turco di veicoli commerciali, Otokar, con sede dal 1963 nel distretto a sud-ovest di Istanbul, lo scorso 20 dicembre ha dichiarato di aver ricevuto un primo ordine per una dozzina di autobus destinati al trasporto passeggeri in diverse regioni italiane da parte dell’azienda brianzola “Mauri Bus System” (distributore nazionale Otokar per l’Italia).
La commessa nel suo complesso comprenderebbe 148 autobus “Doruk” e “Kent” per un valore stimato in circa 34 milioni di euro con consegne che, secondo Otokar, dovrebbero iniziare nella seconda metà del 2023 ed essere completate entro il 2024. Gli autobus della Otokar saranno destinati alla flotta di “Autolinee Toscane”, (58 autobus) l’operatore che effettua servizi di trasporto nella regione costiera del Mar Tirreno, e alla Regione Puglia (circa 90 autobus). Filiale del principale conglomerato turco “Koç Holding” - che collabora anche con la “Turk Traktor”, leader con le sue macchie agricole a marchio “New Holland” dell’ex Fiat Industrial CNH - Otokar è il marchio di autobus più venduto in Turchia e oggi è presente con i suoi veicoli in più di 50 paesi in tutto il mondo con una larga presenza in Europa.
Le lunghezze degli autobus urbani Otokar vanno da 6 a 21 metri e hanno una capacità di trasporto passeggeri da 46 a 164 unità. Otokar commercializza anche autobus elettrici di 12 metri per il trasporto pubblico (“e-Kent”) con un'autonomia di oltre 300 chilometri già presenti nel territorio nazionale.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)
Nonostante le congiunture mondiali e le difficoltà sul piano politico economico provocate anche dalla guerra in Ucraina, la Confederazione Elvetica ha dimostrato, anche nel 2022, di aver dato prova di notevole resilienza. È quanto emerge dal rapporto annuale sull’andamento economico interno che il Consiglio Federale ha adottato l’11 gennaio.
Un documento che dimostra come la linea strategica legata alla politica economica esterna messa in campo dalla Svizzera, ha creato condizioni quadro per quanto possibile ottimali, capaci di favorire la diversificazione delle catene di produzione e approvvigionamento. Nei negoziati di libero scambio con vari Paesi partner, ad esempio, l'Esecutivo propugna l'apertura dei mercati e la sostenibilità. In questo modo risulta più facile diversificare maggiormente la produzione e le catene di approvvigionamento e aumentare la resilienza della propria economia.
Tuttavia, in caso di eventi eccezionali e imprevedibili come una guerra, una pandemia o una catastrofe naturale, la fornitura di beni di prima necessità può subire interruzioni temporanee. Se si verificasse una grave penuria, la Confederazione interverrebbe in modo mirato per il tramite dell'Approvvigionamento economico del Paese.
Fonte: https://bit.ly/3CUhbwm
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)
Il Presidente Erdogan ha annunciato la scoperta una nuova riserva di gas nel Mar Nero in Turchia che dalle prime stime potrebbe avere un valore di circa 1 trilione di dollari. Il giacimento è stato localizzato nei pressi di Çaycuma-1 (58 miliardi di bcm) e consentirebbe alla Turchia di aumentare fino a 710 miliardi di metri cubi (bcm) di gas offshore considerando anche la rivalutazione delle riserve di gas naturale del giacimento di Sakarya passate a 652 dai precedenti 540 bcm.
Con la nuova scoperta del giacimento di Çaycuma-1, la riserva di gas nel Mar Nero è aumentata di 170 miliardi di metri cubi e potrebbe accelerare il processo di affrancamento del Paese dagli approvvigionamenti esteri da cui è quasi completamente dipendente per le importazioni di combustibili fossili al fine di coprire il proprio fabbisogno energetico. I principali fornitori di gas naturale sono la Federazione russa, l'Azerbaigian e l'Iran. La Turchia, inoltre, si rifornisce da Qatar, USA, Nigeria e Algeria per il GNL. Sakarya e Çaycuma-1 (i due pozzi offshore saranno collegati fra loro nel medio periodo e successivamente collegati alla rete nazionale), si vanno dunque ad aggiungere ai giacimenti scoperti nel Mar Nero gli scorsi anni: il primo, nel 2020, nel pozzo “Tuna-1” (circa 405 bcm) e il secondo nel 2021 (pozzo Amasra-1) le cui riserve inizialmente venivano stimate in circa 135 bcm di gas. Secondo le previsioni del Ministero dell’Energia, entrambi i giacimenti potrebbero iniziare a fornire energia al Paese dal prossimo mese di marzo.
Il consumo annuo di gas della Turchia è aumentato da 48 miliardi bcm nel 2020 a un record di 60 miliardi nel 2021 e per la fine del 2022 si stima un consumo di circa 53,5 miliardi di bcm rispetto alle precedenti proiezioni di oltre 63 miliardi di metri cubi grazie, all'energia generata nel 2022 dalle fonti rinnovabili.
Ad ottobre 2022 le importazioni di gas naturale (3,23 miliardi di bcm) sono infatti scese del 30,5% rispetto all’analogo mese del 2021 quando si attestarono a quasi 5 miliardi di bcm secondo quanto recentemente reso noto dalla EPDK (Turkey Energy Market Regulatory). Sempre secondo la EPDK, nel mese di ottobre 2022 la Turchia ha infatti importato circa 2,38 miliardi di metri cubi di gas naturale tramite gasdotti, mentre 857 milioni di metri cubi (mc) sono stati acquistati come gas naturale liquefatto (GNL). Anche le importazioni di greggio nel mese di ottobre 2022, seppur lievemente, sono diminuite nel mese di ottobre 2022 attestandosi a 4,20 milioni di tonnellate. La Turchia importa la maggior parte del suo fabbisogno di petrolio dalla Russia (2,17 milioni di tonnellate nel mese in osservazione), dall’Iraq e Kazakistan rispettivamente con 860 mila e 226 mila tonnellate. Un risparmio che in futuro potrebbe essere ancora più consistente grazie ai lavori di esplorazione dei giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo (la Turchia vanta una flotta di quattro navi da perforazione alcune delle quali acquistate a metà del 2022).
Da rilevare, infine, il volume di stoccaggio di gas naturale che nel mese di ottobre 2022 è aumentato del 39,2% (circa 3,81 miliardi di metri cubi), rispetto ai 2,74 miliardi di metri cubi dell’analogo mese del 2021 grazie in particolare alle forniture che provengono dal TurkStream. In particolare, l'impianto di stoccaggio del gas naturale di Silivri ha aumentato la sua capacità di 4,6 miliardi di metri cubi (bcm) rispetto ad una precedente stima di 3,2 miliardi. La capacità di prelievo giornaliera dal sito è stata inoltre stimata in 75 milioni di metri cubi rispetto ai 28 milioni (mc) iniziali consentendo all’impianto di Silivri di diventare il più grande impianto di stoccaggio sotterraneo di gas in Europa in grado di soddisfare da solo in prospettiva ¼ del fabbisogno della Turchia. Ampliamenti sono previsto anche per l’aumento della capacità della seconda unità di stoccaggio della Turchia: Tüz Gölü (Lago Tuz), situato nella provincia centrale di Aksaray, che ha oggi una capacità di immagazzinare gas naturale fino a 1,2 bcm all’anno ma sono in corso piani per espandere la capacità a 5,4 bcm entro il 2023. Recentemente il Presidente Erdoğan ha affermato che il Paese intende ridurre il grado di dipendenza dall’estero di gas naturale entro il 2053 dal 71% al 13%.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)
Il Presidente dell'Associazione degli esportatori turchi (TİM), Mustafa Gültepe, ha recentemente dichiarato che le più aggiornate stime prevedono un export di circa 300 miliardi di dollari entro il 2024 che collocherebbero la Turchia tra i primi 10 paesi al mondo con il maggior volume di vendite. Un risultato, secondo TIM, perseguibile con un aumento delle esportazioni di almeno il 10% annuo e con una mirata diversificazione verso nuovi mercati di sbocco (ad esempio verso l’America Latina) per l‘export turco.
La performance del Paese, tuttavia, oggi mostra alcuni segnali di rallentamento per via di una domanda estera in flessione con particolare riguardo a quella proveniente dai maggiori partner commerciali europei della Turchia - e per la perdita, di circa 13 miliardi di dollari, derivante dal cambio sfavorevole euro/dollaro.
Secondo i dati prodotti dall’Associazione degli Esportatori turchi, le esportazioni da gennaio a novembre 2022 sono aumentate del 14% rispetto all’analogo periodo del 2021 e si sono attestate nel mese di novembre a 231 miliardi di dollari. Le importazioni sono invece aumentate nello stesso periodo in osservazione del 36,6% raggiungendo i 331,1 miliardi di dollari. Nel dettaglio, le esportazioni nel solo mese di novembre 2022 sono aumentate dell'1,9% su base annua raggiungendo i 21,9 miliardi di dollari; un risultato storico secondo il Ministro del Commercio Mehmet Muş “che confermano come le esportazioni della Turchia abbiano contribuito per metà della crescita del Pil nei primi tre trimestri del 2022”. Il grado di copertura percentuale rapporto export/import è del resto diminuito dal 79,8% nel novembre 2021 al 71,3% del novembre 2022 ed escludendo le importazioni di energia (+17,4% sull’analogo mese del 2021 pari a 7,7 miliardi di dollari a novembre 2022), il rapporto è sceso all'89,8% rispetto al 101,3% del 2021. Secondo i dati preliminari del Ministero del Commercio, negli ultimi 12 mesi le esportazioni della Turchia hanno già raggiunto il massimo storico di 253,5 miliardi di dollari di merci e servizi venduti. Si tratta di dati che hanno formato o oggetto di specifico annuncio da parte del Presidente Erdoğan per il quale l’obiettivo resta quello di collocarsi tra i primi dieci Paesi esportatori al mondo.
Rimanendo ai dati ufficiali, e quindi sull’arco degli 11 mesi, a livello geografico le esportazioni della Turchia nel mese in osservazione verso la Germania, primo mercato di sbocco delle merci e servizi, sono cresciute del 5,3% attestandosi a 1,85 miliardi di dollari, mentre l'aumento delle vendite verso gli Stati Uniti è stato del 4,6% con un volume di export pari a 1,4 miliardi di dollari. L'Iraq si consolida come terzo cliente con 1,3 miliardi di dollari (+7% rispetto al mese di novembre 2021). I Paesi dell’Unione Europea hanno invece assorbito 8,5 miliardi di dollari di export turco (+0,9% su base annua) mentre 4,18 miliardi di dollari di merci e servizi sono stati venduti ai Paesi del Vicino Oriente e del Medio Oriente. Tra le voci merceologiche, la quota del settore manifatturiero nelle esportazioni totali della Turchia è stata del 94,2% (20,6 miliardi di dollari), seguita dal settore agroalimentare con una quota del 3,7% e 803 milioni di dollari da quella dell’industria chimica (2,6 miliardi), mentre il tessile-abbigliamento e l’acciaio hanno fatto registrare rispettivamente un export 1,6 e 1,4 miliardi di dollari. Sono infine riprese le importazioni del comparto “automotive” e parti di ricambio che, dopo le strozzature legate alle catene di approvvigionamento (in particolare semiconduttori) e gli acquisti di autoveicoli sono cresciute del 40% a novembre 2022 attestandosi a quasi 2 miliardi di dollari. Per quanto attiene le importazioni, il principale partner fornitore è stata la Federazione russa da dove la Turchia ha importato merci per un valore di 4,65 miliardi di dollari a novembre 2022, con un aumento del 57% rispetto all’analogo merse dello scorso anno. Le importazioni dalla Cina, secondo Paese fornitore della Turchia, sono cresciute del 2,4% attestandosi a 3,1 miliardi di dollari, mentre quelle dalla Svizzera hanno fatto registrare in un solo mese aumento percentuale sostenuto con oltre 2,3 miliardi di dollari. L’Italia nel mese in osservazione si piazza al 5° posto tra i principali Paesi fornitori con 1,2 miliardi di dollari. I primi 5 Paesi fornitori nel merse di novembre hanno contribuito con il 42,4% del totale importato della Turchia.
Nei primi 11 mesi del 2022 le importazioni sono cresciute del 37% e si sono attestate a 331 miliardi di dollari con un deficit commerciale che è aumentato del 153,6% su base annua a 99,85 miliardi di dollari. Importazioni diventate molto più costose per i maggiori costi legati all’energia e alle materie prime. Le importazioni di energia sono infatti aumentate del 17,4% e l’importo pagato dalla Turchia è stato di 7,7 miliardi di dollari ed hanno rappresentato ¼ degli acquisti totali.
Nell’aggiornamento dello scorso 30 dicembre diffuso dall’Istat turco, “Turkstat”, considerando i primi 11 mesi del 2022, la Federazione russa consolida il suo primato come principale mercato dell’import turco con 54,3 miliardi di dollari, seguita dalla Cina con 37,7 miliardi, dalla Germania (21,5 miliardi), dagli Stati Uniti (14,4 miliardi) e dalla Svizzera (12,8 miliardi di dollari).
Passando invece ai principali mercati di sbocco dell’export turco, nel periodo gennaio-novembre 2022 la Germania è il primo Paese cliente con 19,3 miliardi; al secondo posto si piazzano gli USA (15,5 miliardi), seguiti dall’Iraq (12,6 miliardi), dal Regno Unito (11,9 miliardi) e dall’Italia con 11,3 miliardi di acquisti di merci e servizi dalla Turchia.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)
Il numero di visitatori stranieri anche a novembre 2022 continua a registrare una forte ripresa dopo il crollo del 2020 dovuto alla pandemia da COVID-19. Le presenze straniere, grazie anche all’aumento di visitatori provenienti dai Paesi dell’Unione Europea (Germania e Regno Unito in particolare) sono aumentate nel solo mese in esame del 44,6% attestandosi a 2,55 milioni rispetto a 1,76 milioni di visitatori stranieri nel novembre 2021 e alle 833.991 presenze nel novembre 2020.
Gli arrivi del mese di novembre 2022 hanno fatto registrare un deciso incremento delle presenze dei cittadini della Federazione russa che, colpiti dalle restrizioni da parte dei paesi occidentali dopo l'invasione russa dell'Ucraina, si collocano al primo posto nelle presenze straniere in Turchia con 312.486 arrivi, seguiti dai cittadini della Bulgaria (232.709) e della Germania (207.340).
Nel periodo gennaio-novembre 2022, il numero di visitatori stranieri ha raggiunto i 42,16 milioni di persone, in aumento dell'84,77% rispetto allo stesso periodo del 2021, eguagliando i livelli pre-pandemia del 2019. Nei primi undici mesi del 2022 i tedeschi scavalcano i cittadini russi (che costituiscono tuttavia ancora un ampio e prezioso bacino d’utenza per la Turchia) e si collocano al primo posto con 5,48 milioni di presenze, seguiti da quasi 5 milioni di arrivi dalla Russia e 3,3 milioni dal Regno Unito.
Il Ministro della Cultura e del Turismo, Mehmet Nuri Ersoy, ha dichiarato lo scorso 24 dicembre che le stime per tutto il 2022 sono state aggiornate a 51,5 milioni di turisti e 46 miliardi di dollari di entrate migliorando quindi le proiezioni precedenti anche per il prossimo anni quando la Turchia stima di accogliere oltre 60 milioni di visitatori stranieri con introiti pari 56 miliardi di dollari.
Un dato interessante è rappresentato dagli introiti che sono derivati nei primi 11 mesi del 2022 dal c.d. turismo sanitario: la Turchia ha incassato nel periodo in osservazione 1,6 miliardi di dollari (triplicati dal 2015) secondo i dati forniti di recente dalla USHAŞ, ente istituito nel 2019 e dipendente dal Ministero della Sanità turco per la promozione di tutte le attività di carattere internazionale dei servizi sanitari nel Paese. Da gennaio a settembre 2022, sono stati 870 mila gli stranieri che si sono recati in Turchia per ricevere assistenza sanitaria specializzata con in testa la chirurgia estetica, la ginecologia (fecondazione assistita), la biochimica medica e per le patologie legate alla oftalmologia e all’otorinolaringoiatria.
Ma la Turchia segna anche ottimi risultati sul fronte del c.d. “turismo di lusso” e di quello “sportivo”. Bodrum, la perla della costa mediterraneo turca, ad esempio, ha ospitato il maggior numero di presenze di yacht ultra-lusso per tutta la stagione estiva passata, mentre Antalya ha continuato a registrare il tutto esaurito anche durante i mesi autunnali di ottobre e novembre scorsi grazie alla crescita delle presenze di turisti provenienti dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e dalla Federazione Russa.
Le entrate del turismo sono vitali per l'economia della Turchia, alle attività turistiche sono direttamente riconducibili il 15% del PIL ed oltre il 10% degli occupati del Paese. Il nuovo programma economico del Governo mira a trasformare i cronici deficit del conto corrente della bilancia dei pagamenti in avanzi puntando anche alle entrate derivanti dall’industria del turismo; settore che colloca la Turchia tra i primi cinque Paese al mondo in termini di numero di turisti e tra i primi dieci per ricavi.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)
Dal 2001 con cadenza biennale, il Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite pubblica il “Global E-Government Development Index” (EGDI), l’indice di sviluppo di digitalizzazione statale dei 193 stati membri.
Quest’anno (2022), lo studio ha nominato come miglior paese digitalizzato la Danimarca, che ottiene così questo riconoscimento per la terza volta consecutiva. Si tratta di un risultato rilevante, poiché la trasformazione digitale di un paese e della sua pubblica amministrazione porta innumerevoli benefici ai cittadini.
La pandemia di Covid-19, per esempio, ha dimostrato chiaramente i vantaggi di uno stato digitalizzato. Le tecnologie digitali, infatti, garantiscono il funzionamento della macchina statale anche in momenti di difficoltà trovando soluzioni ai problemi collegati alle emergenze sanitarie e assicurando l'effettiva fornitura dei servizi pubblici essenziali sia speciali che ordinari, anche in periodi di crescente isolamento, incertezza e vulnerabilità.
Ma un sistema digitalizzato offre possibilità che non si fermano al – comunque fondamentale – settore sanitario. Il cosiddetto e-gov è in grado di offrire ai cittadini svariati tipologie di servizi pubblici di base anche nel campo dell’istruzione, della sicurezza, dei trasporti, ecc. Le tecnologie digitali, insomma, contribuiscono in maniera evidente allo sviluppo sia nazionale che locale, facilitando l’accesso ai servizi, favorendo lo scambio di informazioni, e aumentando le possibilità dei cittadini.
L’ e-gov, quindi è la base di un sistema istituzionale effettivo, inclusivo, stabile e resiliente a molteplici livelli. Per le Nazioni Unite, un’amministrazione digitale è considerata anche un elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) fissati per il 2030, soprattutto l’obiettivo 16 “pace, giustizia ed istituzioni solide”, ed il punto 17 “partnership per gli obiettivi”.
Secondo i dati riportati dallo studio, gli stati europei sono il 53% del gruppo con il più alto livello di digitalizzazione statale. Nei primi dieci posti, 6 sono paesi europei e la Danimarca apre la fila con un punteggio di 0,97 contro una media globale di 0,61.
Le categorie prese in considerazione nel calcolo dei dati, sono, per esempio, le lezioni online, le dichiarazioni dei redditi digitali, la possibilità di richiedere assistenza finanziaria online, le prenotazioni sanitarie via internet, ecc. La Danimarca viene così premiata per il suo approccio olistico alla digitalizzazione amministrativa, che pone al centro il cittadino e mira a rispondere ai bisogni dei singoli individui, cercando di non lasciare nessuno “offline”.
Il report ha, inoltre, analizzato tutte le città più popolose degli stati membri delle Nazioni Unite, e ha piazzato Copenhagen, la capitale danese, al quarto posto, dietro, Berlino, Madrid e Tallin, come città più “smart”.
Comprendere il grado di digitalizzazione delle singole città, infatti, è decisivo per lo sviluppo della società in ottica SDG. Infatti, i cittadini interagiscono principalmente con le amministrazioni locali, più che con le strutture governative centrali. Perciò, un collegamento diretto e costante tra i due è fondamentale per facilitare l’interazione ed il coinvolgimento della popolazione negli affari pubblici, offrendo loro servizi, e possibilità di comunicare opinioni, bisogni, nonché dare loro la chance di influenzare la direzione delle politiche e pratiche pubbliche locali.
La digitalizzazione del settore pubblico, insomma, è un passo indispensabile che ogni nazione dovrebbe intraprendere, per migliorare i propri legami con i cittadini e per operare in un’ottica di raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati dalle Nazioni Unite entro il 2030. In questo campo, la Danimarca sta offrendo un esempio virtuoso, fonte di ispirazione per tutti gli altri paesi che vogliono muoversi in questa direzione.
Fonte: https://bit.ly/3XaFf5Y
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)