Domenica 19 Gennaio 2025
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Secondo l'opinione dell'analista di Ágora Investimentos, Renato Cesar Chanes, i prezzi della cellulosa sui mercati internazionali quest'anno registrano picchi significativi, come nel caso del prodotto a fibra corta, ad esempio, che accumula un aumento di oltre il 40%. Tuttavia, le quotazioni delle azioni delle società del settore non hanno rispecchiato questo scenario. Il che potrebbe creare opportunità di investimento. Anche in considerazione del fatto che esiste una crescente preoccupazione per l'ambiente, che ha stimolato il passaggio dagli imballaggi in plastica al cartone/carta, aumentando la domanda dei prodotti delle aziende del settore.
L’azienda brasiliana Klabin è il più grande produttore ed esportatore di carta da imballaggio in Brasile, con 22 stabilimenti nel paese e uno in Argentina. Inoltre, è l'unica azienda nel mercato brasiliano che offre soluzioni in fibra corta, fibra lunga e polpa lanuginosa (utilizzata nei prodotti assorbenti). È inoltre leader nel mercato degli imballaggi in cartone ondulato e delle buste industriali. Questa detiene una struttura patrimoniale equilibrata, con un livello di indebitamento confortevole, soprattutto in considerazione dell'espressiva generazione di cassa, trainata dall'aumento dei prezzi della cellulosa. Ed una autosufficienza energetica nella produzione di cellulosa e carta, che lascia l'azienda meno esposta ai rischi di approvvigionamento.
Fonte: https://bit.ly/3eke7QI
(Contenuto editoriale a cura della Camera Italiana Commercio e Industria SC - Brasile)
Dopo l'invasione russa dell’Ucraina, l'Unione Europea si trova ad affrontare un nuovo scenario geopolitico che rimarca la necessità di ricorrere a energie rinnovabili e soluzioni sostenibili. A fine giugno, il governo danese ha concluso un accordo con il parlamento per accelerare la transizione verde. L’accordo raggiunto prevede l’istituzione di un nuovo fondo di investimento, denominato “fondo verde”, un ambizioso piano sulle energie rinnovabili e l’adozione di una nuova tassa sulla produzione di anidride carbonica.
Il nuovo fondo verde. Il fondo sarà pari a 7.2 miliardi di euro. Dal 2024 al 2040 sosterrà la transizione ecologica della Danimarca e la graduale eliminazione dei combustibili fossili.
Il piano sulle energie rinnovabili. Governo e parlamento hanno concordato un incremento storico dell’utilizzo delle energie rinnovabili. Il piano mira ad offrire 4 gigawatt di energia offshore supplementare entro il 2030. Oltre ai 2 gigawatt già concordati, la Danimarca potrà ora quintuplicare la produzione di energia eolica sul mare nei prossimi otto anni. L'accordo mira anche a quadruplicare la produzione totale di elettricità da energia solare ed eolica sulla terraferma fino al 2030. L'obiettivo è che tutto il gas in Danimarca sia verde entro il 2030 e che il riscaldamento a gas nelle case danesi venga completamente eliminato a partire dal 2035.
Tassa sulla CO2. La riforma fiscale è il più grande passo verso gli obiettivi climatici del Paese. Il World Economic Forum ha definito questa riforma come la tassa sulle emissioni di CO2 più ambiziosa al mondo. Con la riforma, le emissioni di CO2 della Danimarca saranno ridotte di 4,3 milioni di tonnellate fino al 2030, pari ad una riduzione del 70% rispetto al 1990. Dall’altra parte le aziende non verranno lasciate sole, infatti questa riforma crea condizioni prevedibili consentendo al settore privato di adattarsi. Allo stesso tempo, si è adottato un accordo su un aiuto mirato per la conversione ecologica delle aziende più colpite dalla tassa sulla CO2. La riforma riduce così al minimo il rischio che emissioni e posti di lavoro vengano delocalizzati.
"La Danimarca ha uno degli obiettivi climatici più ambiziosi al mondo e con l'accordo sulla riforma fiscale abbiamo fatto un grande passo avanti verso il nostro obiettivo di riduzione del 70% delle emissioni di CO2 entro il 2030. La tassa sulla CO2 è uno strumento importante nella transizione dall'energia nera a quella verde, e un segnale forte del fatto che è vantaggioso diventare ecologici, mentre diventa sempre più costoso rimanere fedeli ai combustibili fossili", ha dichiarato il Ministro del Clima, dell'Energia e dei Servizi di pubblica utilità Dan Jørgensen. La Danimarca diventerà un polo energetico verde per l'Europa, con un'enorme espansione nel settore delle energie rinnovabili.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)
Secondo un recente studio Eva Real Estate Appraisal Consultancy, nel 2021 oltre il 22% delle compravendite immobiliari da parte di cittadini stranieri è stato condotto per ottenere la cittadinanza turca. Su un totale di oltre 70 mila di abitazioni acquistate dai non residenti; l’80% di queste transazioni sono state concluse a Istanbul, il centro finanziario e commerciale del paese con un +90% rispetto all’anno precedente mentre a distanza seguono le città Antalya, sulla costa mediterranea, la capitale Ankara, la provincia nord-occidentale di Yalova, Izmir sulla costa egea, e la provincia meridionale di Mersin. I cittadini iraniani sono in cima alla lista per quanto riguarda gli acquisti immobiliari finalizzati alla successiva acquisizione della cittadinanza turca, seguiti da iracheni, afgani, yemeniti, cinesi, egiziani, giordani e pakistani. Nei primi mesi del 2022 sono stati invece i cittadini della Federazione Russa a piazzarsi al primo posto e sempre nel 2022 la Turchia ha apportato alcune modifiche alle condizioni per ottenere la cittadinanza attraverso acquisti immobiliari la cui soglia minima è passata dai 250.000 dollari al mezzo milione di dollari con il vincolo di non rivendere l'immobile per almeno tre anni.
La crescita della compravendita di immobili in Turchia è proseguita a ritmi sostenuti anche nel primo semestre del 2022 anche da parte degli stessi turchi che considerano l’acquisto di beni reali un bene rifugio per difendersi da una dilagante inflazione. Ciò nonostante, l’aumento vertiginoso dei prezzi (ad aprile 2022 l’indice di crescita dei prezzi del settore ha superato il 106% malgrado una diminuzione dei materiali da costruzione) in particolare degli immobili di nuova costruzione e nelle zone residenziali delle principali città del Paese (vedi grafico seguente) causato dal forte deprezzamento della lira turca. Lo scorso mese di giugno le vendite di immobili ad uso abitativo sono aumentate dell'11,7% sull’analogo mese dell’anno precedente e se consideriamo il primo semestre dell’anno l’aumento è stato pari al 31,4% (726 mila unità) mentre nello stesso periodo in osservazione gli immobili andati a non residenti hanno fatto registrare un +72,7% rispetto allo stesso periodo del 2021 (oltre 40 mila unità).
Il Turkish Statistical Institute (TÜİK) ha anche diffuso i dati dello scorso mese di giugno delle compravendite di immobili acquistati con l’accensione di un mutuo: i dati mostrano che gli acquisti con prestiti bancari sono aumentate del 40,6% rispetto all'anno precedente e sono state pari a 41 mila unita (27% delle vendite totali). Infine, per quanto attiene agli acquisti di immobili da parte dei non residenti (escluse le compravendite legate all’acquisto della cittadinanza), sempre nel mese in osservazione gli stranieri hanno acquistato più di 9 mila immobili (+81,8%) mente gli acquisti nel primo semestre del 2022 sono aumentati del 72,7% rispetto al semestre precedente con quasi 40 mila unità abitative. Gli acquisti di immobili da parte dei cittadini della Federazione Russa nella prima metà di quest’anno hanno superato quelli dell’intero 2021; i russi hanno infatti concluso quasi 6 mila contrattazioni di compravendita da gennaio a giugno 2022 con un aumento del 234,5% rispetto ad un anno fa. Il dato per l'intero 2021 era stato di poco più di 5 mila unità abitative acquistate.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)
Recentemente la Turchia ha annunciato la scoperta della seconda riserva di elementi rari più grande del mondo nel distretto di Beylikova di Eskişehir nell'Anatolia centrale. Si stima che la riserva contenga 694 milioni di tonnellate di materiale e sarebbe seconda solo alla Cina, che ha il più grande giacimento di elementi rari con 800 milioni di tonnellate di riserve.
La società mineraria statale Eti Maden ha annunciato che 1.200 tonnellate di minerali saranno lavorate ogni anno nell'impianto pilota nella prima fase. Questa cifra potrebbe raggiungere le 570.000 tonnellate con un investimento significativo da realizzare in un impianto industriale più grande nel prossimo futuro. Dei 17 elementi rari conosciuti, ben dieci possono essere lavorati in Turchia. Negli ultimi anni si è osservata la crescente importanza dei materiali critici che svolgono un ruolo chiave nel processo di produzione di varie tecnologie. In questo contesto, i materiali rari sono fondamentali per la fattibilità a lungo termine di tecnologie all'avanguardia in quanto sono essenziali in settori che vanno dall'aviazione all'esplorazione spaziale, dalla difesa alla biomedicina.
I giacimenti più grandi del mondo si trovano in Cina mentre la quarta riserva mineraria di materiali rari più grande del mondo si trova in Russia. Questi due paesi rappresentano da soli il 57% delle riserve mondiali conosciute. Negli ultimi anni, i paesi occidentali hanno cercato di diversificare le loro importazioni e di sviluppare le loro riserve per ridurre la loro dipendenza dalla Cina e dalla Russia.
Il mese scorso Regno Unito, Stati Uniti e altri alleati occidentali hanno annunciato la creazione della Minerals Security Partnership, un'iniziativa per rendere più "sicura" la catena di approvvigionamento. Nel contesto degli sforzi di diversificazione, l'enorme riserva di terre rare recentemente scoperta in Turchia potrebbe svolgere un ruolo essenziale. Le riserve recentemente scoperte avranno implicazioni politiche, economiche e di sicurezza notevoli per il Paese e la sua cooperazione con l’occidente. In termini politici, le riserve scoperte di recente accrescono l'importanza strategica della Turchia e ne rafforzano la posizione nei confronti sia dell'UE che degli Stati Uniti. In secondo luogo, la cooperazione con la Turchia potrebbe aiutare i paesi dell'UE a diversificare le loro importazioni e ridurre la loro dipendenza da Russia e Cina.
Oltre alle opportunità politiche, ci sono anche opportunità economiche evidenti. In primo luogo, lo sviluppo dell'industria dei minerali rari può promuovere una politica di diversificazione economica del Paese e portare alla specializzazione nell'estrazione e nella lavorazione dei materiali rari. In secondo luogo, il miglioramento del settore è suscettibile di creare un effetto di attrazione di nuovi investimenti e la creazione di maggiore occupazione nel paese.
Questa scoperta può svolgere un ruolo vitale anche nel settore della difesa, strategico per il Paese, poiché i metalli rari svolgono un ruolo cruciale, dalla produzione di droni alla produzione degli F-35. Lo sviluppo delle riserve aiuterà Ankara a ridurre la sua dipendenza da altri paesi. Inoltre, UE e Stati Uniti potrebbero proteggere la catena di approvvigionamento e garantire una relativa stabilità nei rispettivi settori della difesa aumentando il proprio livello di cooperazione con la Turchia. Kathryn Goodenough, geologa principale del British Geological Survey predica tuttavia cautela. L'idea che si tratti di una nuova enorme riserva di cui non sapevamo nulla prima, ha affermato, è sbagliata, aggiungendo che senza una stima ufficiale di queste risorse che soddisfi gli standard dell'industria mineraria globale, è impossibile sapere l'intera portata degli elementi recuperabili di alta qualità presenti in Turchia. Inoltre, altri esperti del settore puntano anche l’accento sulle difficoltà nella competizione in questo mercato con la Cina. Non occorre infatti solo avere la disponibilità della materia prima ma anche le capacità di riuscire a realizzare i complessi processi di trasformazione a costi contenuti e competitivi per la domanda globale come fa, appunto, la Cina. Occorrerà adesso capire se la Turchia sarà all’altezza di questa sfida.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)
Le aziende esportatrici turche stanno affrontando costi crescenti ed entrate in calo dopo che il dollaro si è rafforzato rispetto all'euro, raggiungendo la parità per la prima volta da oltre due decenni; la perdita nel primo semestre del 2022 è stata valutata di circa il 15% soprattutto colpendo l'industria automobilistica, principale motore delle esportazioni turche: “oltre il 65% delle esportazioni dell'industria automobilistica sono in euro ma molte materie prime vengono acquistate in dollari e il rafforzamento della moneta statunitense influenzerà negativamente la nostra competitività nel mercato europeo”, ha affermato Baran Çelik, DG dell'Uludağ Automotive Industry Exporters Association (OIB).
Anche l’industria dell’abbigliamento (che esporta per il 70% nell'Unione Europea) sta perdendo competitività a vantaggio delle aziende rivali dell'Estremo Oriente che, al contrario, guadagno in competitività in quel settore.
Il quadro per le aziende si complica non solo per la continua svalutazione della lira turca ma anche per il recente l'obbligo introdotto dal Governo alle aziende nazionali di convertire una parte dei ricavi derivanti dall’export in valuta nazionale.
I dati annunciati dal Ministro del Commercio Mehmet Mus il 22 luglio scorso e riferiti al mese di giugno registrano un aumento del 18,7% dell’export turco che si attesta a 23,4 miliardi di dollari mentre le importazioni aumentano del 39,7% raggiungendo i 31,6 miliardi di dollari; nei primi sei mesi dell’anno la crescita dell’import turco (+40,6%) raddoppia sulle vendite (+20,0%) soprattutto per il sostenuto aumento dei prezzi delle materie prime.
Il disavanzo commerciale, che era sceso a 25 miliardi di dollari nel 2019, è salito a oltre 76,5 miliardi lo scorso mese di giugno, il livello più alto degli ultimi quattro anni. Anche se le stime per la seconda parte dell’anno prevedono incrementi più moderati sia nelle esportazioni che nelle importazioni, la strategia indicata dal Ministro Mus sarà quella di una maggiore diversificazione aumentando le vendite nei Paesi più lontani (i due terzi delle esportazioni vengono effettuate in paesi relativamente vicini) aumentando l’export in 18 paesi che si trovano a più di 2.500 chilometri dalla Turchia (Stati Uniti, Canada, Messico, Brasile e Cile, Cina, Giappone, Corea del Sud, Pakistan, India, Indonesia, Malesia, Thailandia, Filippine e Vietnam, Sud Africa, Nigeria e Australia) e che detengono una quota pari al 64% nell'economia mondiale, realizzando il 47% delle importazioni mondiali di beni.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana di Izmir)
I dati più aggiornati sui flussi di investimenti diretti esteri in Turchia, pubblicati lo scorso 25 luglio dall’Associazione non governativa degli Investitori Internazionali in Turchia (YASED), indicano che nei primi cinque mesi del 2022 gli IDE in entrata sono stati pari a 3,73 miliardi di dollari (+8,7% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno). In particolare, il mese di maggio scorso ha fatto registrare buoni risultati (+1,18 miliardi dollari) dopo 4 mesi in cui si è assistito a un lieve calo. Nel dettaglio l’afflusso di IDE è stato guidato, nel periodo in osservazione, per un valore di 657 milioni di dollari, dai ricavi dalle vendite delle proprietà immobiliari a cittadini stranieri seguiti dall’acquisizione di partecipazione azionarie (533 milioni di dollari).
Se consideriamo i primi cinque mesi del 2022, la quota IDE affluita sotto forma di vendite immobiliari ha raggiunto +62,7% mentre i primi tre settori economici che hanno conquistato la quota maggiore degli afflussi di capitale estero sono stati rispettivamente il commercio all'ingrosso e al dettaglio (con una quota pari al 48%), le attività di alloggio e ristorazione e l’ITC. L’Ue deteneva la quota di maggioranza (45%) a maggio 2022 mentre il 35% degli investimenti di capitale azionario proveniva dalla Svizzera seguita da Paesi Bassi e Giappone; sempre nel mese di maggio scorso si è osservato un ruolo più profilato dei Paesi asiatici che hanno ampliato lo loro presenza (15% del totale) tra i principali investitori in Turchia.
Nel 2021 gli IDE in entrata si attestarono a 14,1 miliardi di dollari (+48% rispetto al 2019) con una quota globale pari allo 0,86% e hanno finanziato oltre il 40% del deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Il 2022 per gli investimenti stranieri in Turchia appare incerto e le turbolenze finanziare innescate dalla guerra in Ucraina spingerebbero le stime verso un significativo ribasso degli IDE globali con una indubbia ripercussione anche sui flussi in Turchia. Anche per far fronte alle attuali dinamiche negative della bilancia dei pagamenti, l’obiettivo di Ankara nel prossimo anno resta quello di aumentare la propria quota globale degli IDE in entrata dallo 0,85% al 1,6%.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)
L’ultimo rapporto ufficiale sull’inflazione in Turchia segnala un +79,6% nel mese di luglio. Pur essendo un dato elevatissimo, si tratterebbe di un incremento lievemente inferiore rispetto a quelli dei mesi scorsi, il che potrebbe far pensare and un lieve allentamento della pressione sui prezzi. Il Presidente Erdogan ha recentemente dichiarato che “occorre avere pazienza” prevedendo un decremento del tasso di inflazione fino a raggiungere livelli “adeguati” nel corso dei masi di febbraio-marzo 2023.
Intanto un recente sondaggio della Reuters stima che il tasso di inflazione in Turchia raggiungerà il suo picco più alto dell’ultimo ventennio nei prossimi mesi per poi attestarsi a circa il 70% entro la fine del 2022; gli stessi sondaggi stimano anche che la BCRT manterrà il suo tasso di riferimento stabile al 14% per almeno un altro anno. L'inflazione in Turchia è aumentata vertiginosamente nel corso dell’ultimo anno, aggravata dalla crisi valutaria (svalutazione di circa il 44% del valore della lira rispetto al dollaro negli ultimi 12 mesi) successivamente, nei primi mesi del 2022, l'aumento dei prezzi delle materie prime causato dall’invasione dell’Ucraina si è avvicinato all'80% comportando elevati oneri sulle famiglie turche. Un miglioramento, sempre secondo gli economisti di Reuters, potrebbe avvenire solo verso la fine del primo trimestre del 2023 con il tasso che potrebbe attestarsi intorno al 43% a ridosso delle elezioni presidenziali. Il sondaggio appare dunque in linea con il programma di Ankara che continuerà a dare priorità a tassi di interesse bassi al fine di facilitare il credito e le esportazioni e per sostenere la crescita del Paese.
All’importante erosione delle riserve valutarie, un’inflazione elevata, passata dal 73,50% di maggio a 79,6% lo scorso mese di luglio ed un calo degli IDE che hanno ampliato il deficit delle partite correnti, fa da contraltare una crescita sostenuta. Dopo il +11% del 2021, il PIL è cresciuto del 7,3% nel primo trimestre dell’anno e gli economisti di Reuters prevedono una crescita del prodotto interno lordo intorno al 3,3% alla fine di quest’anno e un disavanzo delle partite correnti del 5,5% del PIL (rispetto al 4,4% del sondaggio Reuters di aprile scorso); un disavanzo che dovrebbe restringersi nel 2023 al 3,5% (la stima precedente era 2,8%). Il Capo economista di Tera Yatirim, Enver Erkan, ha affermato che la BCRT continuerà a perseguire una politica monetaria prudente rispettando il programma economico di Erdoğan nonostante il forte deprezzamento della lira. La svalutazione dall’inizio dell’anno è stata superiore al 25% e l'ambizione di Ankara dell’uso della valuta nazionale nel commercio estero soprattutto con i suoi principali partner commerciali (Russia, Cina, lran e Paesi del Golfo), resta per il momento non facilmente praticabile anche se la Turchia ha continuato a sollevare la questione nei recenti incontri con Federazione Russa e Iran. Del resto, secondo i dati ufficiali, gli importatori turchi hanno pagato le transazioni commerciali in lire solo per il 3,8% del totale di prodotti e servizi importati dalla Turchia nei primi 5 mesi del 2022, mentre i pagamenti in dollari e in euro hanno rappresentato rispettivamente il 71% e il 24%. Allo stesso modo, solo il 2,8% delle esportazioni turche, sempre nell’analogo periodo in osservazione, è stato fatturato in lire, mentre il 49,5% era in dollari e quasi il 46% in euro. Inoltre, una parte significativa dei pagamenti in lire sarebbe comunque relativo a transazioni tra società con sede in Turchia e loro filiali nei paesi dell'UE.
L’ambizione di promuovere l’utilizzo della lira turca nelle transazioni commerciali è stato anche l'obiettivo dichiarato in una serie di accordi di swap valutario che la BCRT turca ha concluso con controparti cinesi, coreane e dei Paesi del Golfo; tuttavia, le statistiche ufficiali sul commercio estero della Turchia indicano che gli accordi di swap hanno avuto scarso impatto sull'espansione degli scambi commerciali in valute locali. La valuta entrata nelle casse dello Stato di Ankara attraverso swap ammontava a circa 21 miliardi di dollari alla fine del 2021, la maggior parte proveniva da un accordo con il Qatar. Con Cina e Corea del Sud le valute (yuan e won) sono state poco utilizzate e le transazioni sono state pagate quasi sempre in dollari. L'ultimo accordo di swap è stato firmato a gennaio 2022 dalla Turchia con gli Emirati Arabi Uniti per l'equivalente di circa 5 miliardi di dollari. L'uso del dirham degli Emirati rimane tuttavia ancora residuale nel commercio bilaterale e l'obiettivo di facilitare il commercio in valute locali è rimasto praticamente sulla carta anche per quanto attiene alle transazioni commerciali con EAU.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana di Izmir)
La startup argentina SIMA, fondata nel 2015 a Rosario e attiva nell’agrotech, è recentemente salita alla ribalta per aver ottenuto fondi per il valore di 2 milioni di US$ da parte di varie società di venture capital locali.
Il prodotto che ne ha determinato il successo è un’innovativa applicazione che permette di monitorare ed analizzare dati significativi per l’ottimizzazione delle rese agricole: in Argentina attualmente già 5 milioni di ettari sono gestiti da parte delle aziende agricole attraverso questo sistema e SIMA punta ad espandersi.
L’arrivo di investitori in un momento così favorevole permetterà alla giovane azienda di fare il salto di qualità, ed oltre a rafforzare la propria posizione localmente, potrà andare ad esplorare due grandi mercati vicini che sono stati definiti “strategici” dall’impresa stessa: Brasile e Messico. È certamente un orgoglio per la città di Rosario ospitare tanta innovazione, e non a caso proprio a Rosario SIMA aspira ad assumere 33 nuovi collaboratori, raddoppiando l’organico attuale.
(Contenuto editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)
La Commissione Europea ha pubblicato un report estivo all’interno del quale rivede le sue stime per il 2023: l’inflazione nell’area europea dovrebbe essere più alta di quella prevista nelle stime di inizio anno, passando da 6,1% a 7,6%. Anche le stime di crescita all’interno dell’eurozona sono state riviste e passano dal 2,3% all’1,4%. La causa principale si ritrova nell’aumento del costo dell’energia.
L’Italia continua a crescere, ma non crescerà come stimato dell’1,9% nel 2023, bensì solo dello 0,9%. Secondo le stime dell’Istat, nel mese di giugno, l’inflazione in Italia è salita fino all’8%, raggiungendo quasi i livelli del 1996, quando aveva toccato l’8,2%.
Per quanto riguarda import e export, le merci italiane sono state esportate maggiormente negli USA. A causa dell’indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro americano, si è osservato tuttavia un aumento dei costi per le merci in entrata. Le vendite verso Russia e Cina subiscono invece un forte calo, ma si allineano ai risultati del commercio mondiale, che registra un calo complessivo dello 0,3% tra febbraio e aprile.
In Germania l’inflazione è scesa al 7,6% nel mese di giugno (-0,3% rispetto a maggio). Questo è stato possibile anche grazie a misure quali il Tankrabatt e il biglietto mensile a 9 euro per i mezzi pubblici a breve percorrenza in tutto il Paese. Entrambe queste misure avranno una durata di tre mesi (da giugno ad agosto) e con queste il governo ha cercato di ridurre il peso dell’aumento dei prezzi sulla popolazione.
In particolare, il cosiddetto Tankrabatt prevede una riduzione delle imposte sul prezzo dei carburanti, influendo indirettamente anche sui costi dei beni di consumo. Lo sconto sulla benzina è di circa 35 centesi al litro: 30 centesimi sono una riduzione dell’imposta sull’energia, mente i restanti 5 sull’Iva. Invece, lo sconto sul prezzo del Diesel ammonta a circa 17 centesimi al litro, di cui 14 centesimi di riduzione dell’imposta sull’energia e gli altri 3 centesimi sull’Iva.
Il biglietto a 9 euro per i mezzi pubblici sta contribuendo a rendere i mezzi pubblici accessibili a un maggior numero di persone, che solitamente usavano la macchina. Questo ha chiaramente avuto un impatto sul traffico stradale. Secondo quanto riportato dal Tagesschau, sono stati venduti circa 21 milioni di biglietti a giugno.
Infine, Destatis riporta che nel mese di maggio l’export tedesco è diminuito dello 0,5%, mentre al contrario le importazioni sono aumentate del 2,7% rispetto al mese precedente. Un dato interessante da menzionare è l’aumento delle esportazioni dalla Germania verso la Federazione Russa che hanno raggiunto quasi 1 miliardo di euro. Tuttavia, le importazioni dalla Russia si sono attestate a 3,3 miliardi di euro (circa il 9,8% in meno rispetto ad aprile).
Fonti: https://bit.ly/3zDszKi; https://bit.ly/3zYuWc1; https://bit.ly/3bEHrAa; https://bit.ly/3Q4lMAC; https://bit.ly/3zzRNcD; https://bit.ly/3oYmVxK; https://bit.ly/3QfdZzK; https://bit.ly/3SsDEXq
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Germania)
Il Consiglio Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale della Thailandia (NESDC) segnala che il rapporto lavoratori anziani, che ammontava al valore di 3,6 nel 2020, sarà dimezzato nei prossimi vent’anni. Infatti, la popolazione thailandese è sempre più anziana: ad oggi gli over-65 sono 7,5 milioni su una popolazione di 70 milioni, ma si prevede che entro il 2040 gli anziani formeranno il 30% della popolazione.
Questi dati non si discostano da quelli presenti nelle maggiori economie asiatiche, quali Giappone, Corea del Sud e Singapore. Questi Paesi dispongono però di maggiori risorse per affrontare il problema e sistemi di welfare più avanzati di quello Thailandese. Urge perciò la necessità da parte del governo thailandese di introdurre politiche di sostegno agli anziani, che senza il sostegno del tessuto familiare si trovano abbandonati a sé stessi, a rischio insicurezza, solitudine e depressione.
Il problema è particolarmente acuto nelle grandi città quali Bangkok, mentre nelle zone rurali gli anziani vivono meno ai margini della società e sono più inseriti in un tessuto sociale che è in grado di prendersi cura di loro. Permane comunque il bisogno di un sistema di welfare moderno che si prenda cura dei problemi economici e di salute degli anziani.
Fonte: https://bit.ly/3oWEG0d
(Contenuto editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)