Venerdì 4 Luglio 2025
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La relazione tra Italia e Argentina è un pilastro della politica estera italiana, rafforzata da un legame culturale e sociale profondo, testimoniato dalla presenza di oltre un milione di italiani e circa 20 milioni di discendenti. Questo legame genera anche importanti opportunità economiche: oltre 300 aziende italiane operano in Argentina, impiegando circa 16.500 lavoratori e generando un fatturato di 2.640 milioni di euro. Gli investimenti italiani superano i 1.500 milioni di euro e l'interscambio commerciale ha raggiunto i 2.340 milioni di euro nel 2023.
Inoltre, sono in corso collaborazioni strategiche in settori chiave come energia, infrastrutture e tecnologia. Un esempio significativo è la cooperazione tra l'Agenzia Spaziale Italiana e la Commissione Aerospaziale Nazionale Argentina, che lavora a un sistema di satelliti per la gestione delle emergenze, fornendo soluzioni innovative per affrontare le sfide del paese.
Anche l'ambito culturale ed educativo gioca un ruolo importante: l'Italia offre borse di studio agli studenti argentini e promuove la lingua italiana, favorendo future collaborazioni nella ricerca e nello sviluppo.
A livello globale, Italia e Argentina si trovano ad affrontare sfide comuni, come la crisi in Venezuela. In questo contesto, l'Italia sostiene l'Argentina nel promuovere la democrazia e i diritti umani, rafforzando così la sua immagine di alleato affidabile in America Latina.
In conclusione, la relazione tra Italia e Argentina esemplifica una cooperazione proficua, con reciproci vantaggi. Le aziende italiane hanno l'opportunità di espandere i propri mercati, mentre l'Argentina riceve supporto e expertise nei vari settori. Questa alleanza non solo promuove la crescita economica, ma getta anche le basi per un futuro di sviluppo condiviso e sostenibile tra due nazioni unite dalla storia e dalla cultura.
(Contenuto editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)
La Polonia si è classificata quintultima nell’indice di innovazione dei paesi dell’Unione Europea. Questo risultato è riportato nel rapporto della Commissione Europea, citato dal Polski Fundusz Rozwoju (Fondo Polacco per lo Sviluppo) nella propria ricerca. Secondo il rapporto PFR, alla fine del 2022, in Polonia erano stati stanziati oltre 9,5 miliardi di euro per la ricerca e lo sviluppo. Questo risultato è ben al di sotto del livello generale dell’UE, ma negli ultimi anni la differenza tra la media polacca e quella dell’UE è andata diminuendo. Secondo la Commissione Europea, i principali problemi della Polonia sono la scarsa capacità innovativa della comunità scientifica nazionale e la mancanza di risorse intellettuali. Le cause di questi problemi sono la scarsa spesa nel settore dell'innovazione, la mancanza di una politica industriale specifica e l'approccio errato della società all'idea di innovazione. In termini di sostegno all’innovazione in Polonia, secondo Marcin Zieliński, presidente e economista del Forum per lo Sviluppo Civico, la sfida principale è la nazionalizzazione del sistema di creazione di startup e del loro finanziamento. Le istituzioni statali spesso non conoscono le esigenze del mercato, il che significa che progetti preziosi potrebbero non ricevere sostegno. Questa situazione scoraggia anche il capitale privato dall’investire in Polonia. Anche i giovani vengono scoraggiati dal lavorare in Polonia e spesso sono costretti ad andare all’estero per sviluppare le proprie idee. Zieliński ha infine aggiunto che anche i polacchi non riescono a "vendere" le loro innovazioni ad altri paesi, il che influisce anche sul risultato nella classifica. Ha fatto l'esempio del servizio BLIK, che opera solo nelle banche polacche. Slovacchia, Lettonia, Bulgaria e Romania sono inferiori alla Polonia nell'indice di innovazione. La Danimarca ha ottenuto il risultato maggiore.
(Fonte: Polonia Oggi, Gazzetta Italia)
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italiana in Polonia)
I produttori di insalate in busta affrontano numerose sfide, tra cui la svalutazione del loro settore. I problemi riguardanti i residui di pesticidi e le preoccupazioni legate all'imballaggio vengono spesso sollevati, mentre il mercato sta soffrendo, soprattutto a causa dell’aumento delle marche distributrici, che ora rappresentano il 60% del mercato, rispetto al 40% prima dell'inflazione.
Nonostante ciò, il settore, che attualmente produce il 60% delle sue insalate in Francia, mostra segni di ostilità.
Le vendite di prodotti pronti all'uso calano solo leggermente, principalmente grazie all'innovazione e a nuovi mix. Tuttavia, la pressione sui margini è forte, con profitti che raggiungono appena un centesimo per busta, complicando la situazione per i produttori.
Il sindacato dei produttori sottolinea che la quota troppo alta delle marche distributrici riduce la redditività delle aziende, mentre il consumo di insalate sfuse diminuisce ulteriormente.
Alcuni attori come Bonduelle si ritirano dal mercato, evidenziando la gravità della situazione.
I professionisti chiedono una migliore organizzazione del settore per far sentire la loro voce e preservare la loro attività.
(Fonte: Les Echoes)
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Marsiglia)
A partire dall'analisi delle dinamiche culturali ed economiche locali, la Camera di Commercio Italiana a Tokyo ha stilato una serie di consigli per gli imprenditori e i professionisti che intendono investire nel mercato nipponico.
L'economia giapponese è la terza al mondo dopo Stati Uniti e Cina in termini di PIL e oltre alle potenzialità come mercato di destinazione che, seppur ridimensionate rispetto agli anni d’oro della bubble economy, continuano a fomentare le fantasie di produttori di beni di consumo, finalmente anche la sua attrattibilità in termini di investimento sta finalmente ricevendo l’attenzione che merita in ambito internazionale.
Un ampio e sofisticato bacino di consumatori che mantiene elevatissimi i criteri dell’offerta qualitativa e la velocità di cambiamento delle tendenze di acquisto, un sistema legislativo ben solido che offre una ineguagliabile garanzia -basti pensare ai diritti di proprietà intellettuale, un’offerta di personale altamente specializzato ed estremamente affidabile ed una capacità di ricerca e sviluppo decisamente elevata. A questo va aggiunta non tanto la progressiva acquisizione a tutti i livelli di nuove competenze tecnologiche sia hard che soft ma soprattutto l’armoniosa convivenza tra il fattore umano e quello tecnologico. La Society 5.0. giapponese, infatti, risulta essere molto più consapevole e pragmatica, a differenza di molti Paesi occidentali dove l’euforia di novità tecnologiche si scontra con la preoccupazione di un inesorabile e progressivo esubero di forza lavoro.
Secondo il Global Business Complexity Index 2023 il Giappone è stato stimato 43simo su circa 80 mercati per l’indice di complessità del business environment. Tale stima si basa essenzialmente sulla valutazione di aspetti burocratici legislativi, contabili, tassativi e di regole impiegatizie ma non prende in considerazione l’aspetto socio-culturale che probabilmente porterebbe il Giappone ai vertici della classifica.
Quella giapponese è senza ombra di dubbio una delle società più complesse al mondo, regolamentata da un capillare sistema di regole scritte e non scritte intrinseche alla natura stessa dell’essere -o meglio del sentirsi- nihonjin, giapponese. Avvalersi del supporto di un partner locale per intraprendere un’avventura commerciale in Giappone non è raccomandabile. È fondamentale. Decidere di farne a meno significa mettere a rischio non soltanto l’esito della singola azione con un elevato dispendio di energie, di tempo e di investimenti ma a volte può significare bruciarsi il terreno anche per azioni future.
Abbiamo deciso di dedicare questo spazio per condividere con voi l’esperienza maturata in oltre 50 anni di attività camerale in Giappone, cercando di far luce di volta in volta su aspetti e dinamiche commerciali e culturali che non possono e non devono mai essere considerati singolarmente quando si affronta un mercato straniero.
C'era una volta un consumatore giapponese ciecamente innamorato del nostro Paese che acquistava senza badare a spese marchi made in Italy, sfoggiati pubblicamente e capaci di catapultare il possessore in un segmento della società molto ambito: l'altolocato e culturalmente ricco. Stiamo parlando di 40 anni fa, quando l'Italia era riuscita a ritagliarsi un segmento di tutto rispetto nel mercato dei beni di consumo giapponesi seguendo l'esempio francese che ci aveva preceduto di qualche decennio e che aveva dettato i criteri di uno stile europeo, spezzando così la supremazia degli Stati Uniti. E così per oltre 3 decenni molti produttori italiani hanno vissuto il sogno commerciale che pochi altri mercati globali riescono a concedere: alimentare la bramosia di italianità di clienti sofisticati, fedeli e culturalmente strutturati per apprezzare a fondo il valore della nostra artigianalità. Poi ad un tratto gli ordini diminuiscono e la storia d'amore sembra finire nello stupore più totale del produttore italiano.
Al contrario lo stupore dovrebbe essere dovuto alla longevità del nostro brand nazionale in Giappone. Quarant'anni d'amore incondizionato sono rari anche nelle migliori coppie che richiedono a prescindere una cura e un'attenzione costante. L'Italia continua ad essere molto apprezzata dai giapponesi ma le motivazioni risiedono sempre di più nelle caratteristiche intrinseche del prodotto piuttosto che nella forza del brand Italia. Funzionalità, sostenibilità, un equilibrato rapporto costo-qualità e soprattutto "quel qualcosa in più" che ogni distributore giapponese richiede alla controparte italiana. Per raccontare quel qualcosa in più si parte dalla contestualizzazione del prodotto, recuperando e valorizzando quei dettagli storici, culturali e manifatturieri che più di altri fanno presa sull'acquirente giapponese. Troppo spesso ci si dimentica che Italia e Giappone sono due mondi molto lontani culturalmente ma vicini per valori di riferimento, e molto spesso in questi casi la compensazione emotiva è il miglior strumento a disposizione per impostare una strategia di comunicazione. E per poterlo nutrire emotivamente, quel mercato lo si deve conoscere profondamente.
Il primo appunto di questo diario di viaggio verso il Giappone, è la conoscenza imprescindibile di questo Paese tanto complesso quanto fantastico. E la conoscenza va ben oltre gli spunti che una scheda Paese riescono a concedere. Conoscere significa cercare domande all’interno di risposte, dedicare tempo e attenzione ai dettagli, non dare niente per scontato, non semplificare e soprattutto andare oltre l’eurocentrismo che ci contraddistingue. Partiamo da qui: non improvvisiamo ma facciamo della conoscenza attuale e consapevole del mercato di destinazione il primo vero investimento, andando oltre i luoghi comuni e ricordandoci sempre che la velocità di cambiamento di un mercato evoluto come quello giapponese è estremamente elevata.
Che l’abito non faccia il monaco è un proverbio quanto mai valido ed attuale in Giappone, Paese dalle mille contraddizioni e dalle mille sfumature socioculturali. In più occasioni in questi decenni di vita giapponese ho assistito a valutazioni errate da parte di imprenditori italiani che incontrando potenziali partner giapponesi hanno ponderato il loro giudizio su criteri superficiali e di natura eurocentrica che in ultima istanza hanno contributo a compromettere la partita commerciale.
La cultura giapponese predilige un approccio interpersonale soft basato sul concetto di wa, letteralmente armonia, che non deve mai essere compromessa in ambito sociale con atteggiamenti aggressivi, troppo esuberanti o anche solo egocentrici. Ancora oggi agli studenti delle elementari si insegna che il chiodo che fuoriesce dall’asse deve essere battuto per non creare scompensi con gli altri chiodi. E quindi in completa controtendenza con il mondo occidentale che legittima sempre di più autoreferenzialità ed una vanità ostentata, l’autostima o anche una consapevolezza troppo marcata di sé stessi sono giudicati elementi negativi della personalità. Non che i giapponesi siano privi di tali caratteristiche ma esternarle non è socialmente accettabile. Anzi, chi più è/possiede meno mostra. E allora non sorprende che al primo appuntamento una figura di rilievo come il presidente di un’azienda giapponese possa assumere toni sottomessi e defilati dando l’impressione di non avere grandi carte da giocare.
E’ importante non sottovalutare il primo appuntamento e soprattutto quella manciata di secondi necessari ad inviare quelle informazioni al tuo cervello che ti permetteranno di farti un’idea, giusta o sbagliata, sulla persona che hai davanti, incasellandola in un’immagine che poi sarà molto difficile cambiare. E se è naturale ed innato per ognuno di noi avere pregiudizi, esternarli anche con atteggiamenti apparentemente innocui denota oltre a maleducazione mancanza di professionalità. E’ su questo che dobbiamo lavorare.
Il biglietto da visita in Giappone è molto più di un nome ed un indirizzo. E’ il permesso che viene concesso ad entrare nello spazio personale di qualcuno. E’ un invito e insieme l’essenza di un titolo, di una professionalità e di una persona. Non prestare la dovuta attenzione al biglietto da visita di qualcuno significa non esserne interessato, denigrandone la posizione. E’ per questo che tutti gli appuntamenti iniziano con uno scambio di biglietti, passati a due mani con leggero inchino, soffermandosi con lo sguardo per qualche secondo sul biglietto. Dopo di che, il biglietto viene appoggiato sul tavolo per tutta la durata della conversazione.
La conversazione, prima di entrare nel dettaglio operativo e commerciale dovrebbe permanere ad uno stadio generico creando le premesse di una discussione rilassata.
Fare domande di cultura generale evitando di esprimere commenti trancianti o riferimenti a situazioni di geopolitica attuale dimostrano interesse e al contempo danno modo eventualmente di rimodellare l’immagine che ci si è fatti al momento dell’incontro.
Presentare la propria azienda o il proprio prodotto significa dare informazioni che aiutino l’interlocutore a contestualizzare e a fare valutazioni pratiche, evitando sproloqui o autocelebrazioni e ricordando sempre che si ha a che fare con una cultura completamente diversa da quelle incontrate fino ad ora con parametri e codici diversi.
I feedback che si ricevono durante questo primo incontro sono estremamente importanti per il futuro di un brand straniero in Giappone se tenuti in considerazione ed implementati nel tempo. Ma la mancanza di commenti non denota necessariamente mancanza di interesse. A volte, proprio quando non c’è interesse, l’operatore giapponese tende a ridondare nel complimentare un certo prodotto per non risultare offensivo. Domande mirate e poco apprezzamento potrebbero invece essere sintomatici di una valutazione in corso.
Anche in questo caso, l’atteggiamento migliore è mantenere compostezza senza rinunciare alla vitalità e alla simpatia che ci contraddistingue ma evitando di esprimere giudizi e giungere a conclusioni che nella maggior parte dei casi sarebbero affrettate.
“Se ce la fai in Giappone, ce la puoi fare ovunque” questo è un assioma ormai consolidato per descrivere la difficoltà legata alla conquista del mercato giapponese. Le barriere sono di varia natura: la lontananza fisica, la complessità del sistema distributivo, il livello di saturazione, la svalutazione dello yen degli ultimi anni, la velocità di cambiamento delle tendenze… ma c’è un’altra barriera che mette a dura, durissima prova anche l’imprenditore più navigato: la quantità (e qualità) di pazienza richiesta.
Se, ad esempio, i grandi eventi fieristici in occidente fungono da piazza di incontro tra domanda e offerta dove spesso gli accordi prendono forma, in Giappone sono piuttosto delle vetrine alle quali è importante partecipare non soltanto per mettere in mostra la propria offerta merceologica ma soprattutto per rassicurare l’operatore circa la serietà e lungimiranza con la quale guardiamo al mercato giapponese.
Se è vero che i primi anni di qualsiasi rapporto commerciale sono i più critici perché necessari per affinare le modalità di dialogo ed i margini di collaborazione, in Giappone il livello di criticità raggiunge livelli straordinari. Le storie che in questi anni ho sentito raccontare da produttori italiani circa le richieste delle loro controparti giapponesi hanno dell’inverosimile, almeno nella loro visione della realtà: dalla richiesta di forniture di bottoni in corno con le stesse identiche venature, alla richiesta di reso su interi container di prodotti da GDO a causa di microscopiche defezioni sull’etichetta, come un graffio o un mancato allineamento. Eppure, ciò che a noi sembra eccessivo in Giappone rientra nella norma del fare business. Sta a noi spiegare che la personalizzazione di un prodotto artigianale dovuta a fattori naturali è parte della forza e attrattività di quel prodotto. Allo stesso modo sta a noi capire che anche un prodotto a basso costo destinato alla grande distribuzione o all’ho.re.ca come una lattina di pelati richiede un alto livello di decoro estetico.
E per concludere c’è la concezione del lavoro che seppur negli ultimi anni abbia subito grandi trasformazioni risulta ancora oggi essere il valore più importante nella società giapponese, ed il modo di porsi nei confronti della quotidianità lavorativa è molto diverso da quello italiano: lunghe ore di lavoro, scarsa attitudine al multitasking e al problem solving, tendenza a non volersi assumere alcuna responsabilità anche a breve termine. Tutto questo agli occhi di un italiano si traduce molto semplicemente con scarsità di efficienza ed i comportamenti che ne derivano oscillano tra lo strano e l’impossibile da accettare. Infinite mail per definire dettagli che sembrano irrisori, richieste all’apparenza poco attinenti all’argomento trattato ed in generale una lentezza decisionale pachidermica. E’ in questi casi che la pazienza viene messa a prova peggiore, quando non riusciamo a trovare una spiegazione razionale a dei comportamenti inconsueti.
Atteggiamenti di questo tipo possono all'apparenza sembrano privi di fondamento per un Occidentale, ma sono tutto tranne che casuali. Si tratta infatti di step essenziali, delle mini "prove", volte a consolidare un sano rapporto con l'operatore giapponese. Se si riesce a portare la giusta dose di pazienza e se si riesce ad accettare un punto di vista diverso dal nostro, per quanto a volte difficile da comprendere, allora si riuscirà veramente a conquistare la fiducia della controparte nippoca. E, una volta che questo accadrà, si inizierà a notare che tutto procede in maniera molto più liscia e consolidata rispetto all'inizio.
Rimboccarsi le maniche, dunque, armarsi di santa pazienza, e cercare di mantenersi il più aperti possibile ad approcci e punti di vista diversi dal nostro. Le soddisfazioni pronte ad aspettarci stanno poco più in là, e sono veramente tante.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana in Giappone)
Dopo un'estate caratterizzata da un leggero calo delle presenze turistiche, l'Ufficio del Turismo di Parigi, Paris Je T'aime, prevede una conclusione di anno positiva grazie agli effetti delle Olimpiadi. Durante i Giochi, Parigi ha accolto 11,2 milioni di visitatori, di cui 3 milioni turisti che hanno pernottato. Tuttavia, nonostante l'afflusso, ci sono stati cali significativi nelle visite a musei e ristoranti, con molti ristoratori che ritengono che l'impatto dei Giochi sia stato neutro o negativo sulla loro attività, secondo un sondaggio della Banque de France.
Il settore ricettivo ha visto una ripresa, con tassi di occupazione intorno all'84% e tariffe medie aumentate del 118% durante le Olimpiadi. Le prospettive per la fine dell'anno sono incoraggianti, con un aumento degli arrivi aerei del 8,7% nel quarto trimestre e del 13,5% a dicembre. I turisti americani ed europei stanno tornando in forze, mentre i visitatori cinesi continuano a recuperare.
Con la riapertura di Notre-Dame de Paris prevista per l'8 dicembre, l'ufficio prevede di accogliere tra i 37 e i 38 milioni di turisti, superando i numeri dell'anno precedente. Gli effetti positivi delle Olimpiadi potrebbero continuare anche nel 2025, con esperienze simili riscontrate a Londra dopo i Giochi del 2012.
TotalEnergies Renouvelables sta sviluppando un vasto progetto di centrale solare a Tavel, nella regione del Gard, con un investimento previsto tra i 50 e i 60 milioni di euro. Il parco fotovoltaico si estenderà su oltre 50 ettari e avrà una capacità di 57 MWp, producendo circa 82 GWh di energia all'anno, sufficiente per il fabbisogno elettrico di 53.000 abitanti.
Il progetto, che coinvolge anche il comune di Tavel e diverse agenzie regionali, è stato avviato a dicembre 2022, con attualmente in corso la valutazione dei permessi di costruzione e delle autorizzazioni ambientali. Si prevede che l'inchiesta pubblica e altre procedure necessarie siano avviate nei prossimi mesi, con una messa in servizio programmata per il 2027.
Un aspetto significativo del progetto è che il parco solare sorgerà su terreni naturali precedentemente utilizzati per il pascolo e circonderà una grande cabina di trasformazione elettrica RTE, la quale è considerata fondamentale per la sicurezza energetica nazionale, data la sua vulnerabilità ai rischi di incendio. La sottostazione RTE di Tavel è una delle più grandi d'Europa e gioca un ruolo cruciale nell'approvvigionamento elettrico del sud-est della Francia, servendo oltre 4 milioni di abitanti.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Marsiglia)
Agro, energia e biocarburanti: la nuova strategia dell’Italia per espandere gli affari con il Brasile
Lorenzo Galanti, direttore dell’ITA - Agenzia italiana per la promozione degli investimenti, ha illustrato a EXAME i piani del governo italiano
di Rafael Balago, Giornalista di macroeconomia | Pubblicato il 10 ottobre 2024
Il governo italiano vuole aumentare il volume di affari con il Brasile e per farlo ha lanciato una strategia in cinque punti. Il Paese europeo vuole espandere la propria presenza in cinque settori e sta cercando di facilitare gli scambi commerciali in entrambe le direzioni, in attesa che l’accordo tra il Mercosur e l’Unione Europea venga finalizzato.
“Il nostro approccio mira a migliorare il commercio e gli investimenti in entrambe le direzioni. Non solo le aziende italiane che investono in Brasile, ma anche le aziende brasiliane che investono in Italia”, ha dichiarato a EXAME Lorenzo Galanti, direttore generale dell’ITA, l’Agenzia italiana per la promozione delle esportazioni.
Galanti si è recato a San Paolo per un Business Forum Brasile-Italia, tenutosi il 9 ottobre presso la Fiesp, la Federazione delle Industrie dello Stato di San Paolo. All’evento hanno partecipato Rui Costa, Ministro della Casa Civile, e Antonio Tajani, Ministro degli Esteri italiano.
“Ci sono molti progetti in corso in Brasile, il che è molto interessante. I dati sul PIL e sulla crescita economica sono incoraggianti. Stiamo assistendo a un momento importante per l’economia e vogliamo essere qui in Brasile perché vediamo che c’è crescita e volontà, nonché, in una certa misura, apertura del mercato, o almeno maggiore fluidità”, afferma.
Il Brasile è attualmente il principale partner commerciale dell’Italia in America Latina. Nel 2023, il flusso tra i due Paesi ha raggiunto 10,6 miliardi di dollari, di cui 5,69 miliardi di dollari di esportazioni italiane in Brasile. Il volume esportato è cresciuto del 9,4% nel 2023 rispetto al 2022.
“La maggior parte delle nostre esportazioni in Brasile è costituita da macchinari industriali. Vogliamo essere più ambiziosi in questo senso”, continua Galanti. “Anche i beni per il consumatore finale sono una parte molto importante di ciò che possiamo esportare in Brasile, perché qui c’è una grande comunità di discendenti italiani. Abbiamo ottime possibilità di aumentare la nostra presenza qui in Brasile”.
Il direttore afferma che la strategia si concentra su cinque aree: agroindustria, energia e biocarburanti, macchinari industriali, tecnologia mineraria e siderurgica e trattamento delle acque. Nell’intervista che segue ci parla dei piani dell’Italia.
Può illustrare la strategia dell’Italia per l’espansione del commercio con il Brasile?
L’obiettivo della visita del Ministro Antonio Tajani è stato quello di segnalare l’avvio di una nuova strategia italiana in Brasile. Vogliamo sviluppare legami economici più stretti. Stiamo guardando a tutti i settori, ma abbiamo deciso di concentrarci su cinque aree specifiche, in cui sono presenti 134 aziende che partecipano ai colloqui. Una è l’agroindustria, l’altra le infrastrutture energetiche e i biocarburanti. Il terzo è quello dei macchinari industriali. Gli altri sono la tecnologia mineraria e l’industria siderurgica, e l’ultimo è il trattamento delle acque. Possiamo esplorare joint venture e nuovi progetti. Ci sono diversi strumenti che possiamo utilizzare per incoraggiare la collaborazione tra le aziende di entrambi i Paesi.
Perché è stata adottata questa strategia in questo momento?
Si ha la percezione che il mondo sia purtroppo caratterizzato da varie tensioni geopolitiche, conflitti e varie altre sfide. Dobbiamo esplorare nuovi mercati. Comprendiamo la necessità per le aziende italiane di uscire dalla loro zona di comfort e di guardare a nuovi mercati. Vediamo qui [in Brasile] precondizioni interessanti per le aziende italiane per fare più e meglio affari. C’è stabilità, democrazia, non ci sono grandi conflitti e l’Italia è molto disponibile a guardare a questo. E c’è anche la prospettiva di un accordo UE-Mercosur, che faciliterebbe il commercio in entrambe le direzioni.
Quali sono le aspettative per la conclusione dell'accordo UE-Mercosur?
Ci auguriamo che l’accordo venga finalizzato. Sarà una grande opportunità, un grande strumento per le industrie di entrambi i Paesi. Ho parlato con molte aziende, soprattutto del settore industriale, che desiderano davvero che si realizzi. Ma se ciò non accade, dobbiamo cercare altri modi per rendere più fluido il nostro commercio e superare, diciamo, alcune barriere e problemi di accesso ai mercati che possono essere un problema maggiore per le piccole e medie imprese che per le grandi aziende, perché aumentano i costi di fare affari. Come agenzia, non siamo direttamente coinvolti nelle trattative commerciali, ma facciamo tutto il possibile per aiutare le aziende italiane a fare affari in Brasile.
Il Brasile ha un ampio portafoglio di progetti infrastrutturali in cerca di investimenti stranieri. Cosa può fare il Paese per attirare un maggiore interesse straniero in materia?
Ci sono diverse grandi aziende italiane interessate a questi progetti. Potrebbero esserci collaborazioni per espandere il coinvolgimento italiano nel settore. Le aziende devono ora capire realmente quali sono queste opportunità. I governi federale e di San Paolo hanno tenuto buone presentazioni e le aziende faranno buon uso di queste informazioni.
L’Italia ha una tradizione di produrre automobili, anche in Brasile. Negli ultimi anni, le aziende cinesi hanno guadagnato terreno nel Paese. Come vede questa concorrenza?
Stellantis è un buon esempio. Hanno attività qui. La questione delle auto cinesi è stata discussa in questa sede, ma ci sono fattori di competitività e qualità che sono rilevanti. Vogliamo sottolineare che, non solo nelle auto, tutto ciò che è italiano ha una componente di qualità, e questo è il punto di forza della nostra offerta. Ma, naturalmente, c’è il fattore che le auto cinesi sono presenti qui e sono molto competitive in termini di prezzo.
(Fonte: Exame)
(Contenuto editoriale a cura della Câmara de Comércio Italiana de São Paulo - ITALCAM)
L’iniziativa comprende già sette progetti pilota, per un totale di 10,8 miliardi di dollari di capitale da mobilitare
Vitória Queiroz di CNN | 23/10/2024
Mercoledì (23) il governo federale ha lanciato una piattaforma per espandere e rendere più efficienti gli investimenti internazionali nell’area della green economy brasiliana. Chiamata Piattaforma Brasiliana per gli Investimenti per il Clima e la Trasformazione Ecologica (BIP), l’iniziativa mira ad aiutare il Brasile a raggiungere i suoi obiettivi di sviluppo e clima.
Secondo il Ministero delle Finanze, la mobilitazione di capitali internazionali per la transizione è essenziale affinché il Brasile possa raggiungere i suoi obiettivi di sviluppo e clima. Pertanto, la piattaforma si adatta alla larghezza e ottimizza a lungo l'investimento nella transizione.
BIP si concentra inizialmente su tre settori:
I progetti finanziati possono provenire dal settore pubblico e privato. BIP ha già individuato sette progetti pilota come mezzo per testare criteri di selezione, modello operativo e forum decisionali.
Le iniziative selezionate insieme ammontano a 10,8 miliardi di dollari di capitale da mobilitare.
I progetti:
BIP istituirà inoltre un forum globale e intersettoriale che promuoverà la collaborazione pubblico-privato per mobilitare investimenti in progetti in linea con le priorità del governo.
Per questo motivo la piattaforma interagirà attivamente con le iniziative già esistenti, quali:
Nel 2023, il Brasile ha aggiornato il suo Contributo Determinato a Livello Nazionale (NDC) e le sue ambizioni climatiche, con l’obiettivo di ridurre le proprie emissioni del 53% entro il 2030.
Secondo il governo federale, il Paese sta attualmente finalizzando i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2035, che includono, tra gli altri, un focus sulla lotta alla deforestazione, sulle pratiche agricole sostenibili e sulla decarbonizzazione industriale.
Secondo il Vicepresidente della Repubblica, Geraldo Alckmin, la piattaforma faciliterà la diffusione delle opportunità di business nel Paese, nei settori della cosiddetta green economy, attirando ancora più investimenti produttivi in Brasile e, di conseguenza, genererà più posti di lavoro e reddito.
BIP lavorerà con fondi e programmi pubblici esistenti, come Restaura Amazônia (Ripristinare l’Amazzonia), oltre a iniziative di partner, come il Laboratorio Brasiliano per gli Investimenti nella Natura e il programma di Accelerazione della Transizione Industriale (ITA).
Il governo sta inoltre valutando partenariati con banche multilaterali di sviluppo e fondi ambientali e climatici per finanziare le tecnologie emergenti e sviluppare strutture finanziarie innovative.
L’iniziativa è stata lanciata a Washington, negli Stati Uniti, durante un viaggio del ministro delle Finanze, Fernando Haddad, in territorio nordamericano.
Haddad partecipa al quarto incontro del G20 dei Ministri delle Finanze e dei Presidenti delle Banche Centrali e alle riunioni annuali del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale.
La piattaforma è il risultato di un’azione tra il Ministero delle Finanze, il Ministero dell’Ambiente e dei Cambiamenti Climatici, il Ministero delle Miniere e dell’Energia e il Ministero dello Sviluppo, dell’Industria, del Commercio e dei Servizi, Bloomberg Philanthropies, Glasgow Financial Alliance per il Net Zero (GFANZ), la Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (BNDES) e il Fondo Verde per il Clima (GCF).
Il Ministro dell’Ambiente, Marina Silva, ha affermato che la piattaforma sarà essenziale per l’attuazione del Piano Clima, una politica che mira a ridurre le emissioni di gas serra e garantire al Paese condizioni migliori per affrontare eventi meteorologici estremi.
“La Piattaforma Brasiliana per gli Investimenti per il Clima e la Trasformazione Ecologica è uno dei risultati della Task Force per la mobilitazione globale contro il cambiamento climatico, un’innovazione portata dalla presidenza brasiliana del G20”, ha affermato il ministro.
(Fonte: CNN Brasil)
L’economia brasiliana ha mostrato risultati migliori del previsto nella prima metà dell’anno in un contesto di mercato del lavoro forte, inflazione controllata e reddito in aumento
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha alzato la proiezione di crescita del Brasile al 3% quest’anno. Lo scenario per il 2025 è stato però rivisto al ribasso a causa della politica monetaria restrittiva. Le nuove informazioni sono state rilasciate il 22 ottobre.
Il rapporto Global Economic Perspective indica un aumento di 0,9 punti percentuali nella stima dell’espansione del Prodotto Interno Lordo (PIL) del Paese nel 2024, rispetto a un tasso del 2,1% calcolato a luglio.
Tra i fattori, il Fondo ha citato “il rafforzamento dei consumi privati e degli investimenti nella prima metà dell’anno a causa di un mercato del lavoro ristretto, di trasferimenti pubblici e di problemi minori del previsto derivanti dalle inondazioni”.
“Tuttavia, con la politica monetaria ancora restrittiva e il previsto raffreddamento del mercato del lavoro, si prevede che la crescita si modererà nel 2025”, ha aggiunto il FMI.
Per il prossimo anno, il Fondo prevede ora un’espansione del PIL del 2,2%, contro il 2,4% stimato nell’ultimo aggiornamento del suo rapporto.
L’economia brasiliana ha mostrato risultati migliori del previsto nella prima metà dell’anno in un contesto di mercato del lavoro forte, inflazione controllata e reddito in aumento, oltre a un impatto inferiore alle attese delle inondazioni nel Rio Grande do Sul, sorprendendo gli analisti.
Ma l’aspettativa ora è che perderà forza a causa della riduzione degli stimoli fiscali e dell’elevato tasso di interesse di base Selic. Attualmente al 10,75%, ci si aspetta un ulteriore aumento del Selic nelle ultime due riunioni della Banca Centrale (BC) dell’anno, che terminerà all’11,75%, secondo l’indagine Focus.
L’IBGE - Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica pubblicherà i dati sul PIL per il terzo trimestre il 3 dicembre. Tra aprile e giugno l’economia brasiliana è cresciuta dell’1,4% rispetto al primo trimestre, secondo i dati dell’istituto di ricerca.
La nuova proiezione del FMI per la crescita economica quest’anno è ancora un po’ più debole di quella del governo, che a settembre aveva alzato i conti al 3,2%, la stessa stima della Banca Centrale. Inoltre, il ministro delle Finanze, Fernando Haddad, ha già affermato che potrebbero esserci nuove revisioni della proiezione.
Per il 2025, il Ministero delle Finanze prevede una crescita del 2,5%, mentre la BC calcola un’espansione del 2,0%.
Il rapporto del FMI ha fornito anche dati sull’inflazione. Per il Brasile, il Fondo calcola un’inflazione media del 4,3% e del 3,6% rispettivamente nel 2024 e nel 2025.
(Fonte: Forbes)
(Contributo editoriale a cura della Câmara de Comércio Italiana de São Paulo - ITALCAM)
Il panorama della mobilità elettrica in Francia sta vivendo una trasformazione significativa, con i privati che stanno guidando questa rivoluzione, spinti da motivazioni ecologiche ed economiche. Secondo François Gatineau, presidente di Mobileese, i privati hanno rappresentato il 65% delle vendite di nuove auto elettriche nei primi otto mesi del 2024, mentre le aziende solo il 22%.
Due fattori principali stanno accelerando questa transizione: la notevole riduzione dei costi delle batterie e la crescente disponibilità di infrastrutture di ricarica, con oltre 1.700.000 stazioni installate in Francia. Il bonus ecologico e quello di riconversione hanno incentivato ulteriormente l'adozione dei veicoli elettrici.
Le critiche storiche riguardanti l'autonomia, i tempi di ricarica e l'impatto ambientale delle batterie stanno svanendo grazie ai progressi tecnologici. Le attuali autonomie dei veicoli elettrici sono competitive con quelle dei veicoli a combustione, e la degradazione delle batterie è minima.
La paura dei guasti sta svanendo grazie allo sviluppo dell'infrastruttura di ricarica, con oltre 150.000 punti di ricarica pubblici in Francia. Un evento significativo si è verificato nel luglio 2023, quando le immatricolazioni di auto elettriche hanno superato quelle delle auto diesel.
La crescita della fiducia nei veicoli elettrici è evidente: il 71% dei futuri acquirenti si dichiara disposto a viaggiare con un'auto elettrica, mentre la rete di ricarica pubblica continua ad espandersi. Questo cambiamento di mentalità suggerisce che i francesi considerano i veicoli elettrici come una valida alternativa per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica entro il 2050 e per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. In sintesi, la Francia si sta preparando ad abbracciare appieno la mobilità elettrica, motivata da considerazioni ecologiche, economiche e pratiche.
Agoralim è un nuovo centro commerciale all'ingrosso in fase di costruzione nei pressi dell'aeroporto di Roissy-CDG, progettato per diventare una "seconda Rungis" a nord di Parigi. Il progetto, gestito da Semmaris, mira a migliorare la distribuzione di prodotti alimentari freschi nella regione dell'Ile-de-France, creando 4.000 posti di lavoro entro il 2027. Agoralim si propone di ridurre del 16% i chilometri percorsi per il trasporto alimentare e di alleviare la congestione del mercato di Rungis.
Oltre alla logistica, il centro avrà uno spazio di negoziazione per agricoltori e professionisti dell'agroalimentare, e promuoverà la produzione locale, con 400 ettari di terreno dedicati all'orticoltura. Saranno anche sviluppate strutture educative e di formazione per le professioni agricole.
La creazione di questo hub economico è attesa da anni, specialmente dopo l'abbandono del progetto Europacity nel 2019.
Pare che sempre più persone prestano attenzione a ciò che mangiano, circa il 15% degli ordini ora include richieste specifiche. Tuttavia, il dialogo tra cuochi e clienti non è sempre semplice.
Juliette François, responsabile prodotto nel settore moda, ha scoperto a 14 anni di avere una severa intolleranza al glutine. Quest’ultima fa parte di quei francesi sempre più numerosi che osano chiedere ai cuochi di prestare attenzione alle loro esigenze alimentari, che si tratti di allergie severe, intolleranze o sensibilità più o meno marcate, avversioni o evitamenti, diete o preferenze gustative. Senza dimenticare i vegetariani, i vegani, le donne in gravidanza, le scelte religiose. Per i professionisti, ciò che ieri era un'eccezione è diventato la norma.
Il sociologo Claude Fischler, da anni studia questo fenomeno dalle radici complesse e spiega che col passare del tempo, siamo passati dalla sfiducia alla diffidenza, con un atteggiamento più aggressivo legato al rifiuto ansioso della trasformazione industriale e della junk food, che provoca rabbia, rifiuto e boicottaggio. Egli stima al 15% il livello delle richieste specifiche, tutte insieme. E non dimentica che la Francia è anche tra i maggiori consumatori di pizze, hamburger e "caffè gourmet" pieni di glutine, zucchero e grassi! Secondo Claude Fischler, si tratterebbe di un ancoraggio arcaico legato all'identità onnivora della specie umana.
Tuttavia, per il cliente, affermare subito "sono allergico" invece di "non mi piace" è anche un modo per dire "prendete sul serio, non è un capriccio" e per evitare di mettere in discussione le proprie scelte. Chiaramente questa responsabilità mette un sacco di pressione ai cuochi, per evitare questi incidenti, la raccolta delle informazioni e la loro trasmissione lungo tutta la catena, dalla presa dell'ordine fino al ritorno del piatto davanti al cliente passando per le cucine, sono fondamentali. Saper « negoziare » è anche un prerequisito : essere in grado di distinguere la vera intolleranza, dannosa, da quella di conforto è determinante. Si sa che nel 95 % dei casi si tratta di pseudo-intolleranze, ma non si può fare a meno di affrontarle.
Più in generale, l'informazione deve non solo essere raccolta, ma anche condivisa. Il messaggio degli chef è infatti pressoché unanime: se avete un problema, ditelo, sarà meglio per tutti.
In fondo, sebbene questo li metta un po' in difficoltà, gli chef non nascondono che la sfida stimola anche la loro creatività.
Inoltre, Juliette François sostiene di sentirsi più al sicuro in altri Paesi rispetto alla Francia, come ad esempio in Gran Bretagna: il sociologo Claude Fischler spiega che si tratta anche di una questione di cultura e storia; infatti, mangiare insieme crea simbolicamente una comunità di destino e appartenenza. In una prospettiva francese cattolica, è visto come una « comunione ». A tavola, tra gli invitati e l'ospite, il comportamento deriva dalla relazione con gli altri. « Mangiare « con » significa mangiare « come », è condividere ». Si esita a far valere la propria differenza. « La tradizione protestante, invece, valorizza di più la libertà e la responsabilità individuali. Il pasto è un accordo di volontà, un contratto, una negoziazione. Si è responsabili delle proprie decisioni. »
La Francia è quindi in ritardo? Non è del tutto sbagliato, ma sembra che il cambiamento sia in atto.
Di fronte alle richieste di opzioni più « vegetali », è utile ricordare alcuni numeri. Dalle stime di Bernard Boutboul, in Francia se ne parla molto, ma solo lo 0,2 % della popolazione è vegana e il 4 % è vegetariana. Ai ristoranti conviene dunque avere da una a tre referenze « vegetariane » gustose per mirare al 55 % che si dichiarano flexitariani in Francia… e che però rappresentano solo il 4-6 % delle vendite. Secondo Bernard, è un vero paradosso, fonte di vincoli, dover insistere a proporre referenze che il cliente alla fine consumerà poco. Ma non c’è scelta.
L’atelier Adaozañ nasce a Quimperlé dalle idee brillanti di due giovani bretoni, il designer Youenn Le Pocréau ed il falegname Guillaule Bournigal. Questi ultimi creano piccoli oggetti quotidiani partendo dai rifiuti di mele, il che li rende biodegradabili e riciclabili.
La loro idea è nata facendo caso alla quantità di scarti di mele disponibili (100.000 tonnellate in Bretagna ed in Normandia), desiderosi di creare nuovi materiali che fossero un'alternativa alla plastica e ai derivati del petrolio, Youenn e Guillaume hanno avuto l'idea di agglomerare la pomace in un materiale simile al sughero. Da qui nascono i primi esperimenti: la termocompressione fa reagire la materia prima, attivando un processo chimico che crea un legante naturale.
Dal loro laboratorio a Quimperlé, il duo sta sviluppando presse riscaldate per produrre due materiali: una sorta di terrazzo vegetale che mostra la buccia e i semi, e una variante più fine, liscia e uniforme. Entrambi presentano un colore naturale di un marrone profondo e possono essere tagliati, incisi e assemblati come il legno. Oltre a una collezione di piccoli oggetti - portamonete e supporti per bottiglie -, Adaozañ ha sviluppato una serie di rivestimenti murali destinati all'architettura d'interni. I fondatori prevedono di ampliare questa gamma, in particolare con nuove forme e colori. Non escludono, in futuro, di esplorare altri rifiuti agricoli brettoni.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Marsiglia)
Nei primi dieci giorni di ottobre 2024 il GUS (l’Ufficio Nazionale di Statistica) ha condotto uno studio sulla congiuntura dovuta alla crescente crisi economica in Polonia. Solo nel settore finanziario e dei media è stato osservato un miglioramento della situazione. Mentre nella peggiore situazione ci sono gli imprenditori dei settori industriali, alberghieri e della ristorazione. Nel settore alberghiero e della ristorazione l'indicatore dello sviluppo economico è sceso del 1,5% e su base annua al -9,3% anche nel settore logistico e delle costruzioni si registra un peggioramento dello sviluppo economico. Si dice che la stagionalità abbia contribuito alle diminuzioni in tali settori dell’economia. Tuttavia, molto più preoccupanti sono le segnalazioni del settore industriale che ha un ruolo importante nell’export polacco, nella produzione e nell'occupazione, il cui indicatore dello sviluppo economico è sceso del 1,9% su base mensile. Il maggiore problema secondo gli imprenditori sono i prezzi elevati dei carburanti e dell’energia. Il 96,3% degli imprenditori nel settore alberghiero e della ristorazione ha confermato i problemi con l’aumento dei prezzi dei carburanti e dell’energia. Attualmente, sempre più aziende non azzardano decisioni in materia di nuovi investimenti. Altresì, alla luce della guerra tra Ucraina e Russia, le aziende ammettono che soffrono a causa dell’aumento dei problemi della catena di approvvigionamento. Le previsioni per lo sviluppo economico nel futuro non sono ottimistiche.
(Fonte: Polonia Oggi, Gazzetta Italia)
L'Istituto Economico Polacco, analizzando i dati sulla massa monetaria della Banca Nazionale di Polonia, evidenzia un basso livello di investimenti tra le aziende polacche. Sebbene il valore della massa monetaria M3 alla fine di settembre 2024 sia salito a 2,379 trilioni di zloty, dietro queste cifre si nascondono tendenze economiche negative. Jakub Rybacki, responsabile del team di macroeconomia del PIE, richiama l'attenzione sull'indebolimento dei prestiti, in particolare nelle microimprese, dove il calo ha raggiunto quasi il 20% rispetto allo scorso anno. Preoccupate dall'incertezza della situazione economica, le aziende stanno abbandonando i prestiti e si affidano ai propri fondi, rallentando così il ritmo degli investimenti. I dati del Quick Monitoring della NBP mostrano che solo il 20% delle imprese intende ricorrere ai prestiti bancari, il risultato più basso nella storia dell'indagine. A differenza delle imprese, le famiglie stanno aumentando attivamente i loro risparmi, preferendo i depositi a breve termine e i conti correnti, dove la crescita dei depositi è del 10%. Nonostante ciò, la crescita del credito al consumo rimane moderata, intorno al 3,5%. Ciò indica che, sebbene i consumi siano più dinamici degli investimenti delle imprese, ciò non si traduce pienamente in una maggiore attività di credito al consumo.
(Fonte: Polonia Oggi, Gazzetta Italia)
Il MFW (Fondo Monetario Internazionale) ha pubblicato i dati sull’inflazione prevista dal CPI (Indice dei prezzi dei beni e servizi di consumo) in Polonia alla fine del 2024. Secondo le previsioni raggiungerà il 5,1%. L’ultima versione del rapporto MFW World Economic Outlook indica inoltre che alla fine del 2025 l'inflazione sarà al livello del 3,5%. L'inflazione media annua del CPI dovrebbe raggiungere il 3,9% nel 2024, ma nel 2025 sarà più alta e ammonterà al 4,5%. Secondo le previsioni del MFW nel 2029 l'inflazione media del CPI in Polonia ammonterà al 2,5%. Il MFW prevede che il PIL polacco negli anni 2024-2025 aumenterà rispettivamente del 3,0% e del 3,5% invece nel 2029 la dinamica di crescita scenderà del 2,9%. Il MFW prevede anche una diminuzione del saldo c/a polacco dallo 0,8% del PIL polacco nel 2024 allo 0,0% del PIL polacco nel 2025 e fino al -1,0% del PIL polacco nel 2029. ”L'inflazione di base globale dovrebbe scendere da una media annua del 6,7% nel 2023 al 5,8% nel 2024 e al 4,3% nel 2025. Le economie sviluppate torneranno ai loro obiettivi d’inflazione più rapidamente delle economie emergenti” afferma il Fondo Monetario Internazionale. Il MFW nell'edizione di ottobre delle World Economic Outlook ha riferito che la previsione per la crescita del PIL globale nel 2024 rimane invariata cioè si trova al livello del 3,2%. Nel caso delle previsioni per il prossimo anno, è stata apportata una correzione. Il MFW indica che si dovrebbe aspettare il 3,2%, quindi l'indicazione precedente è stata ridotta. ”La crescita economica globale dovrebbe rimanere stabile ma deludente. Con una crescita del PIL pari al 3,2% nel 2024 e 2025, la previsione rimane praticamente invariata rispetto agli aggiornamenti di luglio e aprile delle proiezioni del World Economic Outlook. Tuttavia, si sono verificati cambiamenti significativi, in quanto l'aumento delle previsioni di crescita del PIL per gli Stati Uniti ha compensato la riduzione delle previsioni per altre economie sviluppate, in particolare le economie dei più grandi paesi europei. L'Agenzia polacca per la stampa riferisce che nel rapporto del MFW, la valutazione dei dati sul PIL globale è stata influenzata principalmente da fattori negativi. Tra questi aspetti negativi ci sono incertezza politica, improvvise volatilità nei mercati finanziari e un'ulteriore interruzione del processo di disinflazione.
(Fonte: Polonia Oggi, Gazzetta Italia)
Il direttore della Corporación Venetian Café, Gabriel González, ha sottolineato che la produzione nazionale di questo prodotto agricolo soddisfa la domanda interna e ha osservato che attualmente ci sono più di 440 marchi nel Paese.
Ha inoltre evidenziato che il Venezuela ha 67.000 produttori di caffè, di cui 700 sono produttori di caffè speciali, e ha fatto notare che il caffè viene coltivato in tutte le 20 regioni del Paese.
González ha confermato che dal 2017 sono stati esportati più di 1,2 milioni di quintali di caffè, tra cui caffè verde, torrefatto e macinato, prodotti finiti e caffè speciali.
Va inoltre sottolineato che il caffè speciale venezuelano e il caffè verde sono commercializzati in Nord America, Europa, Cina, Giappone e Paesi arabi.
Il mercato delle criptovalute in Venezuela è più che raddoppiato in un anno, “superando di gran lunga” la crescita di “qualsiasi altro Paese” dell'America Latina, ha dichiarato mercoledì Chainalysis, una società statunitense specializzata nel settore.
Secondo i dati forniti all'EFE, il mercato del Paese caraibico ha raggiunto 11,7 miliardi di dollari nel secondo trimestre di quest'anno, con un aumento del 134% rispetto ai 5 miliardi dello stesso periodo del 2023.
Chainalysis ritiene che il Paese, nonostante le “vicende politiche”, rimanga “ uno dei mercati di criptovalute a più rapida crescita” della regione perché, tra le altre ragioni, i venezuelani sono attratti da queste criptovalute per “contrastare la caduta del valore del bolivar”, la valuta locale, sebbene quest'anno sia stata più stabile rispetto al dollaro rispetto ai periodi precedenti.
Venezuela se ubica en el puesto 14 del Índice de Adopción Global de Chainalysis, uno de los cuatro países latinoamericanos que están en el top 20, además de Brasil (9), México (13) y Argentina (15).
(Contributo editoriale a cura della Cámara de Comercio Venezolano-Italiana)